I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  Redazione il 1/9/2007 11:19:04
Vorrei confrontare con altri queste mie idee da un punto di vista logico: a mio parere, i paradossi (v. Bertrand Russell) non sono affatto un "picco" di saggezza filosofica, ma soltanto un falso problema: non c’è assolutamente nulla di “stupefacente” in essi, visto che sono loro a non poter esistere per definizione.

Non è possibile infatti affermare che “un barbiere di paese rade solo coloro che non si radono da soli”, esattamente come non si può affermare che “quel muro verde è rosso”.

Il primo, o si rade, e quindi non dovrebbe radersi, oppure non si rade, e quindi dovrebbe farlo. Il secondo, o è rosso, e quindi non è verde, oppure è verde, e quindi non è rosso.

Non c’è nessuna differenza sostanziale fra le due proposizioni, e la prima è invalida, in quanto contiene una contraddizione semantica, esattamente quanto lo è la seconda, per lo stesso motivo.

Oppure, se vogliamo, diciamo che valgono tutte le proposizioni possibili, ma allora il ”paradosso“ diventa soltanto uno stupido giochino di parole.

Quel morto è vivo, il mare è asciutto, e mio figlio è il padre di mio fratello.

(O mi sono perso qualcosa per strada?)

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  Pausania il 1/9/2007 11:56:02
Citazione:
Non è possibile infatti affermare che “un barbiere di paese rade solo coloro che non si radono da soli”, esattamente come non si può affermare che “quel muro verde è rosso”.

Non è proprio così: la seconda frase è contraddittoria e attribuisce due qualità diverse che si elidono a vicenda allo stesso soggetto, cosa che è impossibile.

Il paradosso invece mette in luce la possibilità che la semplice logica ha di entrare in loop e di non uscirne più.

A mio avviso la soluzione più semplice è quella di pensare alla logica come un qualcosa di distinto dalla realtà e a non confonderla con essa. Il paradosso del barbiere, insomma, esiste come paradosso e basta, ma nel reale questa cosa non porta a nessun paradosso.

La logica va sembre accostata alla realtà, perché da sola non spiega nulla. E' solo uno strumento che serve a guardare la realtà, non una realtà in sè. Altrimenti, se la logica fosse la realtà, potremmo dimostrare tutto ed il suo contrario.


Citazione:
Non c’è nessuna differenza sostanziale fra le due proposizioni, e la prima è invalida, in quanto contiene una contraddizione semantica, esattamente quanto lo è la seconda, per lo stesso motivo.

In questo senso il paradosso del barbiere semplicemente non sta in piedi se accostato alla realtà. La frase di per sè è corretta e non presenta errori, ma non ha alcun legame diretto con la realtà come la sperimenteremmo. Ovviamente, prendendo per vera l'affermazione che il barbiere rade solo chi non si rade da solo, poi si entra in cortocircuito. Ma questa è una affermazione del tutto arbitraria stabilita a priori, quella vera sarebbe "il barbiere rade chi non si rade da solo e sè stesso". Perché? Semplicemente perché è così, lo vediamo nella vita di tutti i giorni. E non capita mai di vedere un barbiere bloccato con la faccia insaponata e il rasoio a mezz'aria che non sa se radersi o no, perché c'è il paradosso che lo blocca in un ciclo infinito, come winzozz.


Citazione:
Oppure, se vogliamo, diciamo che valgono tutte le proposizioni possibili, ma allora il ”paradosso“ diventa soltanto uno stupido giochino di parole.

Dipende cosa intendi per possibili... Si potrebbe anche dire che "quel morto è vivo" è una proposizione impossibile, e che quindi tutte le proposizioni possibili sono perciostesso valide. Una sorta di tautologia.

Comunque rimane che un paradosso ed una frase falsa sono due cose ben diverse.

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  carloooooo il 1/9/2007 12:10:12
Non ho capito in che senso il paradosso dovrebbe essere un "picco di saggezza filosofica". Letteralmente il termine significa "contrario all'opinione", e infatti sono famosi i paradossi ideati da Zenone per difendere la tesi parmenidea - assai poco intuitiva - dell'inesistenza del divenire e del tempo.

Il paradosso inoltre era una delle tecniche utilizzate dai sofisti delle discussioni: la riduzione ad assurdo.

Secondo me poi le proposizioni "un barbiere di paese rade solo coloro che non si radono da soli” e “quel muro verde è rosso” non sono proprio equivalenti, pur essendo entrambe sia vere che false, quindi assurde.

Nella seconda vengono semplicemente attribuite due qualità contrarie allo stesso oggetto (ma sarebbe forse più corretto dire "quel muro è verde e non verde"). Nella prima invece viene attribuita solo una qualità all'oggetto in questione, ossia: "radere coloro che non si radono da soli". Ma questa rende in sé assurda la proposizione, senza bisogno di attribuire un'altra qualità, contraddittoria rispetto alla prima, all'oggetto.

L'interesse della proposizione "Io sto mentendo" è dovuto al suo essere apparentemente, almeno nella sua costruzione logica, una proposizione come tutte le altre, ossia di andare "contro il senso comune", che la vorrebbe una frase asserzione perfettamente accettabile.

Carlo

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  LaoTzu il 1/9/2007 12:30:19
Il paradosso non è un qualcosa di reale, mangiabile che ha una qualche consistenza e utilità (quantistica a parte ... sempre che sia reale e non semplicemente un modello soddisfacente).

E' una sorta di gioco che nasce ogniqualvolta si creano degli assiomi autoreferenti.

Pensare di cavarci qualche "verità" equivale a: masturbazione mentale.


Approfondimenti.

Kurt Gödel

Teoremi di incompletezza

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  puck il 1/9/2007 12:33:20
La logica è uno strumento d'analisi della realtà, non è la realtà.

Nel paradosso di Zenone questo è evidente.

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  carloooooo il 1/9/2007 12:36:38
Citazione:
La logica è uno strumento d'analisi della realtà, non è la realtà.

Nel paradosso di Zenone questo è evidente.


Per quanto ne sappiamo magari la logica aderisce perfettamente alla realtà, e sono i nostri sensi che ci ingannano. Severino (e Amoram!) sostengono esattamente questo.

Carlo

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  Redazione il 1/9/2007 12:46:34
Quello che intendevo dire, è che mi sorprende che un Russell diventi addirittura "famoso" per certi paradossi, quando in realtà - e qui mi sembra che siate tutti più o meno d'accordo - si tratta di muoversi in una dimensione "fictional", convenzionale, nella quale "vale tutto", e che quindi non vale niente.

In ogni caso continuo a non vedere una differenza sostanziale fra la proposizione del barbiere e quelle del muro verde che è rosso: nel momento in cui dici che "rade solo coloro che non si radono", hai già espresso due sue caratteristiche opposte, e autoescludentesi: hai cioè detto che si rade (in quanto barbiere) ma che non si rade (in quanto cittadino "raduto").

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  carloooooo il 1/9/2007 13:22:28
Citazione:
Quello che intendevo dire, è che mi sorprende che un Russell diventi addirittura "famoso" per certi paradossi, quando in realtà - e qui mi sembra che siate tutti più o meno d'accordo - si tratta di muoversi in una dimensione "fictional", convenzionale, nella quale "vale tutto", e che quindi non vale niente.


Va ben Massimo, è ovvio che coi paradossi non ci compri il pane. E' filosofia: non serve a niente. Però il paradosso è stato di grande importanza per la logica, come scritto bene nella pagina di Wikipedia dedicata all'argomento.

Citazione:
In ogni caso continuo a non vedere una differenza sostanziale fra la proposizione del barbiere e quelle del muro verde che è rosso: nel momento in cui dici che "rade solo coloro che non si radono", hai già espresso due sue caratteristiche opposte, e autoescludentesi: hai cioè detto che si rade (in quanto barbiere) ma che non si rade (in quanto cittadino "raduto").


E' ovvio che, scomponendola, la proposizione diventa contraddittoria, altrimenti non sarebbe un assurdo. Ma, se ci pensi bene, la proposizione "il muro è verde e non verde" non ti porta ad affermare l'inesistenza del muro, mentre il paradosso del barbiere sì (come ha fatto Quine), e si è dovuto formulare una nuova concezione di insieme per uscire da questa impasse.

Carlo

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  Redazione il 1/9/2007 13:36:08
Bah....

Grazie a tutti, in ogni caso. Se non altro, so di non essermi perso nulla di importante.

Massimo

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  frnglt il 1/9/2007 14:00:09
Che non sia importante non direi.
Se pensiamo ai paradossi come frasi letterarie può sembrare che sia un giochetto per bambini, ma non è così. Se quelle proposizioni le esponiamo nella forma simbolica della logica matematica sono i casi di studio più importanti per lo studio di questa materia.
Poi se si vuole considerare la logica matematica come "niente di importante" allora è un altro discorso.
In fin dei conti essi ci rendono evidente l'incompletezza del "ragionamento" risultato filosofico di una certa rilevanza.

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  puck il 1/9/2007 14:04:21
per avere una risposta formalmente corretta, e non intuitiva, occore utilizzare un linguaggio formale; in altre parole occorre utilizzare un linguaggio matematico (altrimenti facciamo la fine di quei divulgatori della fisica quantisca che dopo averci detto che vale nel microcosmo, con un salto "quantistico", l'applicano al macrocosmo)

direi che la tua frase diventa un'antinomia se espressa nel seguente modo "il muro è verde se e solo rosso" (ti sei perso quel "se e solo se" che corrisponde a "condizione necessaria e sufficiente")

anche in fisica spesso si ottengono paradossi ( ... la velocità diventa infinita ...) in questi casi è la teoria che ha portato a quei risultati paradossali che va rivista ... non la realtà; da qui la mia precedente risposta intuitiva.

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  frnglt il 1/9/2007 14:08:22
Molto interessante sull'argomento [url=http://it.wikipedia.org/wiki/G%C3%B6del,_Escher,_Bach:_Un'Eterna_Ghirlanda_Brillante]questo libro[/url] non del tutto intuitivo

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  gandalf il 1/9/2007 14:14:14
Permettetemi di non essere affatto d'accordo con Massimo e con chi ritiene di non essersi perso niente quando si imbatte in un paradosso.

I paradossi sono una specie di campanello d'allarme: ogni volta che in matematica o in fisica ci si trova innanzi a un paradosso, dietro a esso si cela spesso un errore nella teoria che lo genera...

Nello specifico il paradosso di Berthrand Russell (o del Barbiere, ma la paternità reale è di Zermelo) ha mandato in frantumi il tentativo del logico Frege di assiomatizzare tutta la matematica e ha aperto la strada a Godel e al suo teorema dell'incompletezza che ha rivoluzionato la logica matematica e tutte le scienze in cui essa può essere applicata...

"Paradossalmente" il paradosso del Barbiere è alla base del funzionamento di quello strumento che io e voi usiamo per comunicare e navigare su internet... ma che non potrà mai sostituire COMPLETAMENTE l'uomo in quanto mavccchina e intelligenza incompleta.... Capisco che i passaggi dal barbiere all'intelligenza artificiale sembrino tanti, ma in realtà non è così....

Russel ha aperto la strada a Godel e Turing che hanno dato un senso, una dimensione e un limite invalicabile all'Intelligenza artificiale.....


In generale ogni paradosso incontrato in qualsiasi disciplina è stata fonte di scoperte stupefacienti (ad esempio il famoso paradosso EPR proposto da Einstein per confutare la meccanica quantistica e che si è dimostrato un non paradosso aprendo le porte per la dimansione non locale delle relazioni tra le particelle sub atomiche, teletrasporto dei fotoni incluso.)

IO andrei molto cauto a scartare i paradossi logici, linguistici, aritmentici, fisici come giochetti per onanisti mentali... Molti di essi (non tutti naturalmente) sono stati alla base di clamorosi progressi in campo scientifico, logico e filosofico nonchè delle splendide gemme di pura genialità.....

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  Timor il 1/9/2007 14:46:32
Gandalf ti quoto in pieno.

Cmq un ottimo riassunto ovviamente su http://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Russell

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  gandalf il 1/9/2007 15:14:28
Pausania:

Citazione:

A mio avviso la soluzione più semplice è quella di pensare alla logica come un qualcosa di distinto dalla realtà e a non confonderla con essa. Il paradosso del barbiere, insomma, esiste come paradosso e basta, ma nel reale questa cosa non porta a nessun paradosso.


IO andrei anche cauto nel distinguere logica, paradossi e realtà...

Fino a quando la nostra realtà sarà fatta di regole (siano esse presunte o reali, imposte o condivise) e queste regole genereranno paradossi (logici, psciologici, matematici, esistenzial, filosoficii) essi potranno essere la chiave di volta reale per confutare, disinnescare o cambiare tali regole........

In estrema sintesi i paradossi ci indicano regole sbagliate o incomplete....

Gli esempi potrebbero essere infiniti....

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  fiammifero il 1/9/2007 18:49:28
Caspita quanto sfoggio di erudizione,e pensare che per me il paradosso non è altro che un modo per far riflettere facendo sorridere

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  lamefarmer il 1/9/2007 22:22:13
Forse ho una chiave di lettura non "accademica" che potrà risultare interessante.

Divido in due la questione di MM.
La prima parte riguarda la validià del paradosso come mezzo di lettura della realtà.
Russel crea il paradosso come semplice tratagemma matematico per controbattere la logica dei riduzionisti (Gottlob Frege), perché é un matematico prima d'essere filosofo. Ma a prescindere da ciò egli finì poi per difendere quelle stesse logiche con altri matematici (vedi B.Russell su Wikipedia)
Quindi credo sia corretta in questo senso la posizione di MM: Russell ha volutamente costruito paradossi irreali, di cui non ha senso perdere tempo a discutere nella realtà.

Diversa é la faccenda (per esempio) dell'attribuzione di significato dei termini (lemmi e locuzioni) usati per comunicare. Se dico anima, parlo di un concetto (astratto), di un principio vitale (anima=respiro) o di un concreto fuori dall'esperienza sensoriale? Peggio se cerco di attribuire significato ad amore o ad altri lemmi effimeri, come Dio o Mente.
Assieme a queste confusioni la comunicazione si impregna anche di stati emotivi e di realtà taciute, per sintesi, convenienza o anche solo calcolo.
Senza contare poi la lettura nella realta in cui si cala la comunicazione: "All'anima de li mortacci, Amore mi passi quel coltello, per Dio?!"
é una comunicazione che contiene tutte le parole precedentemente esaminate, senza avere nessuno dei loro contenuti.
Ma non é un paradosso usare significati per comunicare senza quei significati?

La seconda é la mia posizione personale, che sta su altri pianeti.
Il mio punto di vista parte dal considerare che la realtà é SOLO paradossale.
Non può essere altrimenti, dato che fonda i suoi presupposti su un paradosso, cioé che ognuno di noi sia capace di osservare se stesso.

Seguitemi con pazienza perché il ragionamento altera gli schemi tradizionali del pensiero, quindi é difficile da comprendere.
Tutta la conoscenza attuale si basa sulla condizione di monostato di un qualunque corpo nel tempo zero (nell'instante).
Se parto da questo principio posso dire che il passaggio dallo stato A a quello B di C, é o meno possibile (vero o falso), cioé posso ridurre sottoforma di proposizioni la realtà conosciuta.
Per ciò che concerne l'esperienza comune , questo si traduce con il fatto che non posso dire che mio figlio è il padre di mio fratello, perché la proposizione e possibile dimostrarla empiricamente falsa nella esperienza comune.

Tuttavia ogni paradosso (per la definzione che mi guida) é reale, ed ogni realtà é un paradosso.

Infatti se distendiamo l'apparente paradosso precedente sul piano temporale, per esempio, si può continuare a dire che sarà sempre così? Forse si poteva affermare nel 1800, prima della rivoluzione genetica. Mettiamo che un giorno i figli si facciano in provetta, e possano crescere in modo accellerato in laboratorio, fino a raggiungere l'età matura sessualmente, in forma clonata. Fantascenza? Si, ma di un futuro realistico. Se poi questo clone facesse un altro figlio con mia moglie (magari sempre in vitro) il nuovo venuto corrisponderebbe al paradosso.

Non voglio dire però con questo che sono d'accordo con la clonazione, ma che la realtà esperienziale é chiusa solo da dogmi, da preconcetti, non da se stessa. Questo però la logica (classica) non lo può accettare.

Tuttavia c'é un errore (a mio giudizio) di fondo, che non considera che un corpo (o per dirla come preferisco un target) non é mai solo "uno stato", ma é sempre il risultato di un interazione di infiniti stati (praticamente tutti) e che la risultante non é mai lo stato per definizione, ma lo stato osservato
Quindi non uno casuale, ma in un certo senso quello su cui abbiamo focalizzato l'attenzione nell'istante zero.

Con questo non voglio dire che focalizzando l'attenzione correttamente tireremo fuori conigli dal cilindro, svolazzeremo per aria come superman e al nostro passaggio cresceranno tulipani dove mettiamo i piedi.
Quella che da molti altri é stada definita "allucinazione collettiva", o "sogno di un altro" e che siamo abitutati a identidicare come realtà tramite i sensi, ha delle regole, deve averne per poter soppravvivere a se stessa (altrimenti non sarebbe realtà ma semplice accozzaglia confusa di eventi a casaccio).
Più facilmente chi esce dalle sue regole, perderà la capacità di rimanere in contatto con quanti vi partecipano: più o meno come chi esce da una stanza dove si svolge una festa.

Tuttavia, non é possibile ritenere che una realtà di stati riconoscibili e distinti, coerente a se stessa, permanga ugualmente coerente se poggia la sua verità (esistenza) su una realtà indistinta, iperdensa e caotica, esattamente come non é possibile che un aereo permanga in volo in eterno: senza poter determinare come, é comunque sicuro che prima o poi verrà giù.

Quindi, le conseguenze estreme di questa posizione (personalissima) mi portano naturalmente a non soprendermi se vedo un corpo svanire nel nulla (magari rimango affascinato, per via del fatto che non è uno spettacolo comune ai miei sensi) come non mi da pensiero il fatto che questa realtà avrà una fine (cioé non lo ritengo una eventualità catastrofica ma solo un epilogo logico).



Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  gandalf il 1/9/2007 22:57:00
Lamefarmer:

Citazione:

Divido in due la questione di MM.
La prima parte riguarda la validià del paradosso come mezzo di lettura della realtà.
Russel crea il paradosso come semplice tratagemma matematico per controbattere la logica dei riduzionisti (Gottlob Frege), perché é un matematico prima d'essere filosofo. Ma a prescindere da ciò egli finì poi per difendere quelle stesse logiche con altri matematici (vedi B.Russell su Wikipedia)
Quindi credo sia corretta in questo senso la posizione di MM: Russell ha volutamente costruito paradossi irreali, di cui non ha senso perdere tempo a discutere nella realtà.


Rispetto e interesse per il concetto di realtà come eterno paradosso ma non sono d'accordo con il pezzo che ho riportato sopra...

Il fatto che Russel abbia finito per ritentare con i Principia Mathematica ciò che lui stesso con il suo paradosso aveva contribuito ad affossare (il lavoro di Frege) in qualche modo sminuisce il paradosso stesso e la sua valenza?

E il fatto che il suo tentativo sia stato raso al suolo dall'incompletezza di Godel (basata in larga parte sul concetto di autoreferenzialità) rende il paradosso irreale?
Cosa significa che Russel ha ideato paradossi irreali: esso è realissimo in ambito logico e scardina la possibilità di una formalizzazione completa e coerente dei processi logico-matematici... Che poi lui abbia provato a superare il suo stesso paradosso e sia stato "sconfitto" definitivamente da Godel non sminuisce l'impatto che tale paradosso ha avuto sulle concezioni scientifiche dell'inizio del secolo scorso....

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  Timor il 2/9/2007 0:26:46
Citazione:
Il mio punto di vista parte dal considerare che la realtà é SOLO paradossale.Non può essere altrimenti, dato che fonda i suoi presupposti su un paradosso, cioé che ognuno di noi sia capace di osservare se stesso.


Abbiamo forse trovato l'orizzonte degli eventi della psiche?
Grazie Lamefarmer per le tue coraggiose riflessioni

Buon Risveglio

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  puck il 2/9/2007 1:12:45
@ lamefarmer
non credo proprio che Russell abbia creato volutamente il paradosso; direi che ci si è imbattuto ed è stato costretto ad affrontarlo.
Cosa che credo sia successa più o meno a tutti gli scopritori di paradossi (fatta eccezione, forse, per Kant; ma anche in questo caso non parlerei di creazione, quanto di catalogazione di classi di antinomie)

@timor
se hai tempo e voglia mi spieghi cosa intendi per "orizzonte degli eventi della psiche"
grazie

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  gandalf il 2/9/2007 8:00:04
Carlooooo
Citazione:

Per quanto ne sappiamo magari la logica aderisce perfettamente alla realtà, e sono i nostri sensi che ci ingannano. Severino (e Amoram!) sostengono esattamente questo.


Straquoto (con un punto esclamativo per Severino e calcuni punti interogativi per Amoram.....)!!!

E aggiungerei, nell'ambito delle scoperte che vanno contro il nostro comune sentire e percepire la realtà, quelle di Copernico (sistema Eliocentrico), Einstein (la relatività), Planck (Meccanica quantistica), John Bell (soluzione del già citato paradosso EPR, paradosso definitivamente sepolto dagli esperimenti di Alain Aspect).....

Ma qui si adombra la domanda di tutte le domande: cos'è la realtà (vedo il sorriso stampato sulla bocca di Timor.... )

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  Timor il 2/9/2007 9:29:47
Citazione:
se hai tempo e voglia mi spieghi cosa intendi per "orizzonte degli eventi della psiche"


Tempo in abbondanza visto quanto mi permetto di cazzeggiare su questo magnifico forum , voglia un pò meno visto che dovrò spremere il mio emisfero sinistro (ultimamente mi crogiolavo nel destro con mio immenso piacere ) per rendere più verosimile l'uso di una simile ardita metafora.

Per "orizzonte degli eventi della psiche" ho inteso un limite, un limite insuperabile per il pensiero, ove esso collassa su se stesso e non può sfuggire dalla sua singolarità. Se il pensiero non sfugge (come per la luce) il mondo non viene creato e il tempo si ferma.

Ma ritorniamo al paradosso e nel particolare al paradosso principe che è il tentativo di dare una risposta alla domanda fondamentale: Chi sei tu?
[Attenzione adesso entriamo nel regno dell'inganno perchè ogni cosa che dirò non sarà minimamente aderente al vero.]
L'Io osservatore nell'atto di percepire-osservare tende a identificarsi, a volte con quella cosa chiamata corpo (maledetto linguaggio ), a volte con le emozioni, ma nella maggior parte del tempo con le parole e con i pensieri.
Ma seppur tutte queste cose lo definiscano egli è pur sempre trascendente ad esse e non può trovare in nulla la propria radice.
E' il paradosso della coscienza che appare definita da qualcosa e invece è sempre al di là.
Ma così si viene meno al principio di identità che alla base della logica, il sè che insegue sè stesso nel tentativo di trovarsi un'identità.

Quando l'io osservatore si accorge veramente del paradosso del sè è finita .
Incomincerà a fare domande su tutto trovandosi in un mare di koan, verrà rifiutato allora il linguaggio, poi i pensieri e in ultimo l'osservazione diverrà ossessiva ma priva di definizioni.
E' allora che può aprirsi la porta della derealizzazione profonda o quella della realizzazione del sè.
In entrambe il senso del tempo rallenta fino a collassare perchè i pensieri ormai inutili a risolvere le domande (perchè cocrtocircuitati) non riescono più a definire l'io in qualche modo e a sfuggire alla sua singolarità essenziale.
In questo senso il paradosso è il limite, l'orizzonte degli eventi, il portale della follia o della santità.
La singolarità che si inviluppa totalmente su se stessa fino a far collassare tutto il mondo di significati e idee nel quale fino a prima si era definita.
Il tempo invero non esiste nella singolarità come le ore del sonno che non vengono sognate

Tu sei Quello

Buon Risveglio

P.s. Ot cara redazione dov'è finito quel simpatico thread psichedelico che bazzicava da queste parti? Mi dica almeno che è morto di morte naturale e che non ha sofferto

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  Davide71 il 2/9/2007 18:17:06
Ciao a tutti: io vorrei segnalare il libro di Odifreddi: "C'era una volta un paradosso", che contiene molte considerazioni interessanti.
Per quel che mi riguarda lo scopo dei paradossi é quello di segnalare i limiti della mente umana nella comprensione della realtà che ci circonda.
Questo é già stato detto in molte maniere; ma vorrei puntualizzarlo segnalandone qualcuno:
1) E' nato prima l'uovo o la gallina?
2) La luce é una moltitudine di paradossi fisici: non solo ha caratteristiche sia di "particella" (il fotone) sia di "onda", ma la sua velocità finita si comporta come una velocità infinita. Questa é la base della teoria della relatività, che in quanto a paradossi non scherza; il più famoso é quello dei gemelli.
3) il tempo esiste? Il passato non esiste più, il futuro non esiste ancora. Se anche esiste il presente mancano due terzi del tempo. Ma se il tempo non esiste...

Se poi ci addentriamo nei temi religiosi i paradossi si sprecano:

1) Dio é immanente (cioé rappresentato dall'universo) oppure trascendente (nessuna rappresentazione di Dio é possibile)?

Vi avverto che ogniuna delle due tesi finisce per negare qualche caratteristica "ovvia" di Dio.

2) Gesù Cristo é uomo e Dio: ma se é Dio, quando era vivo, tutto il resto dell'Universo cos'era?

Questo paradosso é peraltro simile a quello del barbiere; in fondo tutti i paradossi su Dio sono riconducibili a quello del barbiere.

Per esempio Dio potrebbe essere definito come l'insieme di tutti gli insiemi...che dal punto di vista logico é impossibile! (Il paradosso del barbiere dovrebbe servire a appunto a spiegare perché.) Ma la mente non fa nessuna difficoltà a concepirlo.

Nel Buddismo Zen vengono utilizzati i "koan", frasi paradossali che hanno appunto lo scopo di fare scoppiare la mente di chi ci medita sopra.

I paradossi non servono a niente? Neanche le medicine, se non sappiamo come utilizzarle...

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  Redazione il 2/9/2007 20:29:51
Forse una precisa definizione del termine "paradosso", accettata da tutti, a questo punto diventa necessaria.

In ogni caso, volevo far notare una cosa divertente, nella citazione di wikipedia sul libro GEB:

"Il tema centrale del libro è più astratto. Hofstadter si chiede: «Le parole e i pensieri seguono delle regole formali o meno?» Nella prefazione all'edizione del ventesimo anniversario, Hofstadter si lamenta di come il suo libro sia stato frainteso e visto come un guazzabuglio di idee simpatiche ma privo di tema centrale."

Forse non se n'è accorto nessuno, ma questo è un clamoroso caso in cui la risposta a una domanda posta da un libro sta già nella sua prefazione!!! (Anche se è arrivata 20 anni dopo).

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  nottrz il 2/9/2007 23:10:55
Ciao, mi aggiungo all'ultimo.

Il libro Godel, Escher e Bach e' bellissimo, lo consiglio a tutti quelli che vogliano riflettere su autoreferenzialita', indecidibilita' e simili. E' un libro da leggere con calma.

Per quanto riguarda la definizione di paradosso penso sia difficile da trovare. Paradosso credo sia un termine generico, non tecnico, che descrive una contraddizione irrisolvibile tra due o piu' alternative.

Le domande poste da Russell non sono paradossi, sono domande legittime a cui si non si riesce a dare una risposta quando invece ci si aspetterebbe il contrario. E si scegliere di chiamarle paradossi per sottolineare questo fatto.

Diciamo che la paradossalita' e' data dal confronto con la realta' o con le proprie aspettative.

Il paradosso di Zenone appare paradossale perche' nella realta', che il suo modello dichiara di rappresentare, appaiono cose diverse da quelle previste.
Il paradosso deriva dall'applicare un modello sbagliato alla realta' (in realta' in quel caso era un problema di calcolo, ma cambia poco).

Una proposizione indecidibile e' paradossale se si e' convinti che queste non possano esistere. Non appena si dimostra e si verifica la dimostrazione e la si verifica altre 10 volte e altre 10 ancora il paradosso scompare rivelando il proprio errore.

Nel caso del paradosso EPR citato da Gandalf non esisteva in realta' nessun paradosso. Erano Einstein e i suoi due collaboratori che per contestare la quantistica dissero: se questa serie di ipotesi fossero corrette allora si dovrebbe verificare questo e la cosa e' impossibile.
Anni dopo si e' verificata sperimentalmente la trasmissione di informazione a distanza di fatto annullando il paradosso.

Un termine piu' preciso e' antinomia, dove due proposizioni si sanno entrambe vere, o false, e si sanno alternative.
Il paradosso originale di Russel riguardava gli insiemi. In particolare si chiedeva se l'insieme che contiene tutti gli insiemi appartenesse al gruppo degli insiemi che non contengono se stessi. Una versione molto piu' formalizzata del barbiere.
E qui non c'e' molto scampo: tutte le proposizioni devono essere o vere o false ma qui posso trovare due dimostrazioni corrette che escludono entrambe le alternative.

Nel caso del barbiere puo' essere giusto dire che quello e' un esempio assurdo e che e' quindi ovvia conseguenza non riuscire a rispondere.
Ma in ambito logico/matematico non esistono proposizioni ben formate che siano "assurde": o sono vere o false.

Quando dico che l'angolo A e' minore dell'angolo B mi aspetto possa esistere un "procedimento" che mi dica se cio' e' vero. Scoprire che in alcuni casi particolari questo non e' possibile non e' cosa da poco.

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  Timor il 3/9/2007 0:36:45
Citazione:
Ma in ambito logico/matematico non esistono proposizioni ben formate che siano "assurde": o sono vere o false.


o Sono indicibili, ergo paradossali
Qualcuno vuole rispiegarmi le implicazioni dei teoremi di incompletezza del buon Godel ?
http://it.wikipedia.org/wiki/Teoremi_di_incompletezza_di_G%C3%B6del

altri simpatici approfondimenti

http://en.wikipedia.org/wiki/Is_logic_empirical%3F
http://en.wikipedia.org/wiki/Realism_versus_anti-realism

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  gandalf il 3/9/2007 6:58:20
Ciao Timor.
Una bella spiegazione non formale dell'Incompletezza di Godel la trovi QUI.

Quella che io reputo più chiarificatrice e comprensibile invece l'ho trovata nel libro "Anche tu Matematico" di Roberto Vacca.

Una mia postilla:

Il teorema di Godel in senso lato ci dice che un qualsiasi sistema formale è incompleto nel descrivere ciò che cerca di formalizzare....
Ad esempio quando io dico "La rosa è" e poi vi aggiungo tutta una serie di aggettivi ad essa perinenti (rossa, profumata, spinosa, ecc...) la mia descrizione per quanto lunga ed efficace è anni luce distante dalla rosa in se, dal suo reale colore, profumo, aspetto...
E anche se le parole le trovasse Proust o chi per lui il risultato di tale descrizione sarebbe incompleto rispetto alla realtà che cerco di descrivere perchè il sistema formale che utilzzo (il linguaggio) è di per sè incompleto.

Godel ci dice che non possiamo descrivere e avere accesso alla realtà cercando di fomalizzarla attraverso modelli matematici (e per modelli matematici intendo qualsiasi modello che sia basato su una codifica che a livello intriseco sia matematica (linguaggio compreso)).

Riguardo il concetto di autoreferenziaità Godel ci dice, banalizzando molto, che la mente non potrà mai studiare se stessa in modo completo, che non potremo mai capire la nostra coscienza essendo coscienti, che non potremo mai capire la vita vivendo.......

Se ci si pensa bene sono una serie di concetti molto zen....

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  gandalf il 3/9/2007 7:10:13
Tentativo di definizione......


PARADOSSO: proposizione che scardina (o sembra scardinare) le regole formali (siano esse implicite o esplicite) che descrivono e determinano una specifica realtà.


EDIT:

Ho trovato questa su Wikipedia che è carina:

"una conclusione apparentemente inaccettabile, che deriva da premesse apparentemente accettabili per mezzo di un ragionamento apparentemente accettabile". Mark Saynsbury

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  Timor il 3/9/2007 8:27:55
Citazione:
la mia descrizione per quanto lunga ed efficace è anni luce distante dalla rosa in se, dal suo reale colore, profumo, aspetto...


Vedere anche http://en.wikipedia.org/wiki/General_semantics
e http://en.wikipedia.org/wiki/Mary%27s_room

Citazione:
Se ci si pensa bene sono una serie di concetti molto zen....




Grazie per l'approfondimento

Re: I paradossi: alta filosofia, o falso problema?

Inviato da  winston il 3/9/2007 13:19:47
Mens sana in corpore sano, dicevano gli antichi.
Forse vale la pena approfittare dell’esempio per fare della ginnastica mentale:

a) Si parte dalla premessa del “paradosso” quale esercizio impossibile...
Ma le varie definizioni concordano invece sull’ apparente impossibilità, affermazione contraria al senso comune, strana, ma non per questo falsa.

b) L’autorevolezza di un Russel, o chi per lui, può portare all'accettazione acritica di presupposti errati, il chè preclude l’arrivo a conclusioni corrette. Per la barberia, il problema è perlomeno mal definito: mancando la specifica che

-vi sia un solo barbiere,
-ne sia impedito l’arrivo di un forestiero,
-tutti debbano essere rasati e che,
-esclusivamente quel barbiere può dar di rasoio,

allora il quesito è possibilissimo, difettando persino dello “strano ma vero” paradosso.
Infatti, il barbiere può tranquillamente

1) restare barbuto,
2) usare forbici o macchinetta per taglio,
2) farsi radere dal primo pirla che passa, anche se non di Siviglia.

Gli “ipse dixit” sono validissimi integratori, ma solo a complemento di nutrienti veri, sopratutto ben masticati.
Ingollarli fa più male che bene. Indispensabile un’occhiata agli ingredienti.

Frequenza e costanza in questo esercizio elementare dà fiato alle idee.

Se poi oltre all’aerobica si vuol fare un po’ di acrobazia, allora forse è più semplice ispirarsi alla circonvoluzione di Eubulide "Il cretese Epimenide afferma che il cretese è bugiardo". Utile anche un occasionale ooplà del tipo “questa frase è falsa”.

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