Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 8/8/2007 19:16:39
Citazione:
Problema: tu ti riferisci alla comunità come fosse un persona in carne ed ossa. Errato, mille volte errato. La comunità è un insieme di individui appartenenti alla razza umana: non sono né formiche né api e quindi non hanno alcun "pensiero comune", o coscienza di gruppo o volontà collettiva. Che l'uomo sia sociale e tenda a vivere in gruppi, è evidente. Ciò tuttavia non autorizza a pensare o teorizzare che la volontà del gruppo prevalga sui voleri del singolo, per il semplice motivo che questa volontà non esiste. Usciremmo quindi dalla socialità per passare all'arbitrio di qualcuno - pochi o molti che siano - che impone a qualcun altro cosa fare.

E questo è male. Quindi qualsiasi teoria che comporti l'arbitrio e l'annullamento della libertà del singolo in favore di un feticcio inesistente è male di per sé, a prescindere dagli intenti più o meno buoni.


La citazione che precede mi ha fatto istintivamente ingrifare. Sono stato immediatamente certo che è radicalmente sbagliata. Una di quelle formulazioni apparentemente intelligenti e ineccepibili, ma in realtà idiote di segno opposto a ciò che sembrano (la tesi, sia ben chiaro; sulla persona che l'ha espressa - che infatti appositamente non cito - non eccepisco nulla di nulla).

Ho quindi passato la pratica al settore analitico (emisfero cerebrale sinistro ) per la confutazione ragionata.

Il concetto chiave del discorso è quello di "comunità": che accidenti è questa benedetta "comunità"? Davvero non ha né "coscienza di gruppo" né "volontà collettiva"? E' davvero sensato sostenere che nel suo ambito i singoli individui rimangano le uniche entità realmente esistenti?

Andiamo con ordine.

La "comunità" come entità a sé stante effettivamente non esiste. Come non esiste la "famiglia". Come non esiste la "coppia". Come non esiste il "gruppo di amici". Come non esiste nessun raggruppamento di individui a qualunque livello... di per sé stesso (cioè a prescindere dai propri membri… che scoperta, eh? ).

Un ossequioso e dovuto inchino al compianto Monsieur de La Palisse, che non avrebbe saputo dire di meglio, e proseguiamo.

Ma se tutte le suddette entità non esistono viene da domandarsi come mai viceversa ognuno di noi ci faccia seriamente i conti nell'ambito della propria vita: siamo tutti deficienti? Non credo proprio. Io, tra speculazione intellettuale, pur di persone particolarmente acute, e collaudata pratica di vita, tendo a fare un po' più di affidamento su quest'ultima.

Dunque se finora all'uomo è piaciuto di considerare entità concrete tali astrazioni un motivo per lui valido - e molto visti i relativi oneri - ci deve essere. Qual'è?

Partiamo dal dizionario, il quale imparzialmente ci dice:

co |mu |ni| tà
s.f.inv.
AD
1 gruppo di persone unite da vincoli linguistici, organizzativi o da interessi comuni in modo da formare un organismo, una collettività: operare nell'interesse della c. , la c. nazionale, cittadina, etnica; c. linguistica: i cui membri parlano la stessa lingua
2 estens., insieme di persone che fanno vita in comune o obbediscono alle stesse regole, spec. riferito a religiosi: vivere, stare in c., c. religiosa| struttura finalizzata al recupero e all'assistenza di tossicodipendenti, disadattati, malati mentali attraverso la vita e le attività in comune; il luogo in cui opera tale istituzione: c. terapeutica
3 gruppo di persone che fanno parte della stessa confessione religiosa: c. ebraica, cattolica , anglicana| estens., parrocchia; insieme dei fedeli di una parrocchia: i bisognosi della c., preghiamo per la c.
4 organizzazione a livello nazionale o internazionale unita da particolari accordi o trattati economici e politici: C. Economica Europea
5 comune; insieme degli abitanti del comune
6 BU comunanza: c. d'interessi

Insomma, il tratto distintivo di una comunità è, a quanto pare, l'esistenza tra i suoi membri di elementi significativi in comune e, sulla base di questi, di vincoli reciproci. Nonché, questo lo aggiungo io, di interferenza continua tra di essi, trattandosi di un contesto di interazione.

In mancanza di queste caratteristiche specifiche, ci si trova invece semplicemente in presenza di una:

fól |la, fòl |la
s.f.
FO
1 grande quantità di persone riunite in un luogo: strade piene di f., una f. di bagnanti sulla spiaggia, mescolarsi alla f., farsi strada tra la f.| spreg., volgo, popolino: demagogia buona per le folle, ottenere l'apprezzamento della f.
2 estens., iperb., gruppo numeroso di persone: essere circondato da una f. di amici, di ammiratori, di adulatori
3 fig., concitata moltitudine di pensieri, sentimenti e sim.: essere assalito da una f. di ricordi
4 OB ammasso di cose che esercita una pressione in un luogo; tale pressione
5 TS scient., insieme di elementi di varia natura: f. di particelle

cioè una mera somma di individui aventi in comune solo la presenza contemporanea in un dato spazio. Senza vincoli reciproci, a parte la contiguità fisica.

Proviamo ad approfondire un po' gli elementi che differenziano le due entità, visto che a quanto pare una distinzione esiste. Quand'è che una "folla" diventa una "comunità"? In cosa si sostanzia il substrato comune di cui sopra?

Esso sarà, naturalmente, di ordine sia pratico sia, soprattutto - dato che il contesto è umano - emotivo (1), e tale da consentire ai propri membri lo specchiamento reciproco, di riconoscere cioè sé stessi negli altri; in caso contrario l'individuo si troverebbe circondato da entità che, facendo riferimento a sistemi di significato ignoti, sarebbero per lui semplicemente incomprensibili e con cui un'interazione articolata sarebbe quindi impossibile. Più o meno come se qualcuno di noi si trovasse proiettato di colpo in un villaggio indigeno del Kalimantan meridionale: che si racconterebbe con i locali? O qualcuno davvero pensa che la comune "appartenenza alla razza umana" sarebbe di per sé sufficiente per una relazione completa e appagante? (2)

Ciò detto, se una comunità, per essere tale, deve possedere un sistema di interpretazione della realtà condiviso tra i propri membri, l'idea che invece non abbia "alcun "pensiero comune", o coscienza di gruppo o volontà collettiva" sembra ancora un’osservazione così intelligente o ne emerge per caso il carattere di considerazione un po', diciamo , affrettata?

Facciamo un piccolo passo ancora (E poi basta. Coraggio. ).

Un'interazione approfondita e significativa discende dunque dall'identificazione con la controparte e, in ambito umano, implica il coinvolgimento vicendevole delle parti, che su tale base si legano tra loro con un'intensità ad esso corrispondente. Ma tutto ciò comporta reciprocamente interferenza, vincoli, aspettative, obblighi, diritti e doveri.

Viceversa, quanto più si pone l'accento sulla distinzione (3) tra sé stessi e la propria comunità, cioè gli altri suoi membri, tanto più si diluisce l'intensità - e quindi la profondità - del rapporto, con tutte le conseguenze del caso. Chi sostiene la prevalenza della "libertà del singolo" rispetto alla comunità e definisce quest'ultima come "feticcio", sta solo dichiarando la propria profonda incapacità di pensare un rapporto di identificazione forte con l'altro da sé.

Perfettamente in linea, peraltro, con lo spirito che accompagna e caratterizza questi nostri tempi meravigliosi; niente di strano. Mi piacerebbe però non vedere ammantare di purezza idealistica qualcosa che è, con maggiore verosimiglianza, semplice asocialità.


Prealbe


1 - Lo so, lo so: è una cosa davvero fastidiosissima quest'irrazionalità che rispunta sempre fuori quando si parla dell'uomo; ma che ci possiamo fare? Magari il prossimo modello lo progettano meglio e tanti problemi di cui oggi ci tocca faticosamente dibattere saranno finalmente superati. Speriamo in bene.
Nel frattempo, dobbiamo purtroppo farci i conti.

2 - Sarà per questo che quando sento qualcuno dichiararsi "cittadino del mondo" tendo a declassare l'intelocutore di qualche dozzina di punti...

3 - E "distinzione", se c'è bisogno di dirlo, si contrappone a "identificazione".

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  fiammifero il 8/8/2007 23:40:50
Caspita Prealpe,cerchi rogne
Personalmente non do peso alle definizioni famiglia,comunità,aggregazione,sono termini "vuoti" ma che servono a "convenzionare" ed abbreviare sia nel parlare che nello scrivere,una sorta di passepartout e /o di capro espiatorio da tirare fuori al momento opportuno,senza indicare nome e cognome
Mi piace pensare che siamo individui che hanno rapporti di reciprocità,scelti o accettati in toto o parzialmente o subiti per cause di forza maggiore.
Se vedi,nella descrizione del significato di ogni lemma manca la parola consenso unanime ( piena concordanza di opinioni, idee, giudizi ed altro) ed evidentemente non è a caso
Ci pensi a quanto dovrebe essere grande una cartolina di auguri se a spedirla sono 10 persone legati da parentela (famiglia) invece di scrivere la solita frasetta : saluti e baci dalla famiglia (tenuto conto che c'è sempre qualcuno che non ci pensa affatto ) ?
.

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 9/8/2007 0:53:45
Citazione:
Caspita Prealpe,cerchi rogne

Ho le spalle larghe, cara Cerino.
E le idee chiare, sia lode al Padreterno.

Citazione:
Personalmente non do peso alle definizioni famiglia,comunità,aggregazione,sono termini "vuoti" ma che servono a "convenzionare" ed abbreviare sia nel parlare che nello scrivere,una sorta di passepartout e /o di capro espiatorio da tirare fuori al momento opportuno,senza indicare nome e cognome

Sei un lupo solitario, ho capito.
O più probabilmente un “lupo della steppa”; ma perché disilluderti, se vuoi credere diversamente?

Citazione:
Mi piace pensare che siamo individui che hanno rapporti di reciprocità,scelti o accettati in toto o parzialmente o subiti per cause di forza maggiore.

…?!? (Cioè? Ci hai messo dentro tutte le possibilità… )

Citazione:
Se vedi,nella descrizione del significato di ogni lemma manca la parola consenso unanime( piena concordanza di opinioni, idee, giudizi ed altro) ed evidentemente non è a caso

Già. Parlano del mondo reale, non di vaneggiamenti utopistici.
Ricercare nella realtà il “consenso unanime” nei termini in cui lo descrivi significherebbe cercare repliche esatte di sé stessi, cioè… solo e sempre sé stessi. Ma quanto sono smisurati gli EGO che circolano da queste parti?

Citazione:
Ci pensi a quanto dovrebe essere grande una cartolina di auguri se a spedirla sono 10 persone legati da parentela (famiglia) invece di scrivere la solita frasetta : saluti e baci dalla famiglia (tenuto conto che c'è sempre qualcuno che non ci pensa affatto )?

Ci penso, ci penso... se insisti. Ma non me ne farò un cruccio.


Prealbe (quello con la “b”)

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  fiammifero il 9/8/2007 10:01:10
Citazione:
Prealbe (quello con la “b”)

sorry,ma associo il tuo nome alla montagna,non so perchè
Si,sono un lupo solitario ma non della steppa perchè dalla mia vedo il lato umoristico della vita
Citazione:
Cioè? Ci hai messo dentro tutte le possibilità…

certo,perchè nella realtà nasciamo non dove scegliamo ma a caso ed in base all'educazione,al vissuto possiamo o meno accettarlo in toto o in parte o rifiutarlo .

ciao prealbe con la b

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  Infettato il 9/8/2007 11:07:49
Ciao prealbe

La citazione che precede mi ha fatto istintivamente ingrifare. Sono stato immediatamente certo che è radicalmente sbagliata.

Non ho ancora capito perchè sostieni che questa affermazione è radicalmente sbagliata?

Problema: tu ti riferisci alla comunità come fosse un persona in carne ed ossa. Errato, mille volte errato. La comunità è un insieme di individui appartenenti alla razza umana: non sono né formiche né api e quindi non hanno alcun "pensiero comune", o coscienza di gruppo o volontà collettiva. Che l'uomo sia sociale e tenda a vivere in gruppi, è evidente. Ciò tuttavia non autorizza a pensare o teorizzare che la volontà del gruppo prevalga sui voleri del singolo, per il semplice motivo che questa volontà non esiste. Usciremmo quindi dalla socialità per passare all'arbitrio di qualcuno - pochi o molti che siano - che impone a qualcun altro cosa fare.

E questo è male. Quindi qualsiasi teoria che comporti l'arbitrio e l'annullamento della libertà del singolo in favore di un feticcio inesistente è male di per sé, a prescindere dagli intenti più o meno buoni

Non conosco il contesto che può avvalorare o meno questa affermazione, ma una casa secondo me è sicura il contesto dove è inserita la parola "comunità" potrebbe avere un peso notevole.

Ciaa

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 9/8/2007 19:10:46
Fiammifero
Citazione:
certo,perchè nella realtà nasciamo non dove scegliamo ma a caso ed in base all'educazione,al vissuto possiamo o meno accettarlo in toto o in parte o rifiutarlo .

La frase evidenziata meriterebbe un intero topic a parte per la quantità di implicazioni che ha.

Accontentiamoci di qualche considerazione spicciola in questo qui.

In base a quali criteri, formati quando e su che base, dovremmo mai "scegliere" il "dove" della nostra nascita?
Pensi davvero di potere distinguere nettamente te stessa dal contesto cui appartieni?
Esiste una Fiammifero (o chiunque altro) a priori, assoluta (come le idee platoniche...), che prescinde dalla sua interazione sociale?

Oppure Fiammifero (e chiunque altro) si definisce (esiste, potremmo dire) precisamente in base al proprio rapporto, dall'inizio ad oggi, con la sua comunità-contesto? Ah, saperlo!


Prealbe


P.S. Eh, questi MegaSuperIndividui... Ultimamente se ne trovano a folle , in giro. Ci dev'essere stata una stagione eccezionalmente fortunata.

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 9/8/2007 19:13:12
Ciao, Infettato.

Citazione:
Non ho ancora capito perchè sostieni che questa affermazione è radicalmente sbagliata?

Acc.! Pensavo di averlo spiegato.

Ti riporto la frase "chiave" del mio post:
Citazione:
Ciò detto, se una comunità, per essere tale, deve possedere un sistema di interpretazione della realtà condiviso tra i propri membri , l'idea che invece non abbia "alcun "pensiero comune", o coscienza di gruppo o volontà collettiva" sembra ancora un'osservazione così intelligente o ne emerge per caso il carattere di considerazione un po', diciamo , affrettata?

Cos'è che non ti quaglia?

Citazione:
Non conosco il contesto che può avvalorare o meno questa affermazione, ma una casa secondo me è sicura il contesto dove è inserita la parola "comunità" potrebbe avere un peso notevole.

A me pare che contenga delle affermazioni categoriche sulla "comunità", a prescindere dal contesto in cui fosse inserita; per questo ho aperto una discussione a parte anziché confutarla in quella originale.

In ogni caso, se si preferisce, si può considerarla come uno spunto qualsiasi per fare qualche considerazione sul concetto di comunità e sul rapporto dell'individuo con essa. L'argomento mi sembra comunque interessante e meritevole di qualche riflessione.


Prealbe

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  fiammifero il 10/8/2007 9:28:11
Citazione:
In base a quali criteri, formati quando e su che base, dovremmo mai "scegliere" il "dove" della nostra nascita?

perchè ti risulta che si può scegliere?
Citazione:
Pensi davvero di potere distinguere nettamente te stessa dal contesto cui appartieni?

l'hai detto tu che sono un lupo solitario
Citazione:
Esiste una Fiammifero (o chiunque altro) a priori, assoluta (come le idee platoniche...), che prescinde dalla sua interazione sociale?

no,ma ci prova
Citazione:
Oppure Fiammifero (e chiunque altro) si definisce (esiste, potremmo dire) precisamente in base al proprio rapporto, dall'inizio ad oggi, con la sua comunità-contesto?

questa non l'ho capita
io so che sono cosi ora,ma non garantisco di esserlo domani in quanto sono sempre in divenire

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  Infettato il 10/8/2007 14:32:45
Ciò detto, se una comunità, per essere tale, deve possedere un sistema di interpretazione della realtà condiviso tra i propri membri

Ti ho chiesto di spiegarmi perchè obbiettivamente la parola "comunità", a prescindere dal significato esatto che puoi trovare nei vari dizionari, viene probabilmente ripeto probabilmente usata per indicare diversi contesti, e in questo caso assume il significato in base al contesto della frase stessa.

questa è tutta la frase contestata

Problema: tu ti riferisci alla comunità come fosse un persona in carne ed ossa. Errato, mille volte errato. La comunità è un insieme di individui appartenenti alla razza umana: non sono né formiche né api e quindi non hanno alcun "pensiero comune", o coscienza di gruppo o volontà collettiva. Che l'uomo sia sociale e tenda a vivere in gruppi, è evidente. Ciò tuttavia non autorizza a pensare o teorizzare che la volontà del gruppo prevalga sui voleri del singolo, per il semplice motivo che questa volontà non esiste. Usciremmo quindi dalla socialità per passare all'arbitrio di qualcuno - pochi o molti che siano - che impone a qualcun altro cosa fare.

Ora in questo caso è anche specificata La comunità è un insieme di individui appartenenti alla razza umana,
es. io ti posso dire che faccio parte della "comunità romana" o forse è meglio dire facevo parte , in questo caso con quella parola indico solamente un luogo di residenza comune ad altri 3 milioni di persone...nulla di più nulla di meno.

Da questo contesto dire che alcune "usanze romane" non sono condivise individualmente, non vedo nulla di errato a livello comprensione del significato esposto, quindi anche

Ciò tuttavia non autorizza a pensare o teorizzare che la volontà del gruppo prevalga sui voleri del singolo

sempre preso dal periodo riportato.

Ora "il rifiuto della comunità" mi sembra un pochino esagerato ,
es.Nella "comunità romana" le tasse rispetto alla "comunità campana" sono più alte, questo cosa significa che visto che vivo a Roma non le pago? Me tocca da pagà non per questo lo faccio volentieri tuttaltro.

Vabbe ho cercato di spiegarmi un pochino meglio speriamo.

Detto alla milanese famme sapè

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  arturo il 10/8/2007 17:35:59
es. io ti posso dire che faccio parte della "comunità romana"


Appena letto credevo tu facessi parte della nota storica associazione che ogni anno edita l'altrettanto famosissima Strenna...invece intendevi soltanto dire che risiedi fisicamente nell Comune di Roma , Provincia di Roma, Regione Lazio, Nazione Italia...

Mi sfugge il nesso con il tema in discussione...
dove per "rifiuto della comunità" non ci si riferisce al cambio di residenza

ma forse ho senz'altro interpretato male il tuo scritto

.

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 10/8/2007 19:34:01
Fiammifero
Citazione:
perchè ti risulta che si può scegliere?

No, non mi risulta.

Ma non è questo il punto.

Il punto è che, se anche fosse possibile, come si potrebbe mai effettuare una scelta ragionata? Le valutazioni in base alle quali riteniamo che un altro "dove" sarebbe stato meglio di quello in cui invece ci siamo ritrovati a nascere si basano su una facoltà di giudizio e su caratteristiche individuali che si sono plasmate nel "dove" in cui siamo nati.

Dunque parlare, prima che ciò sia avvenuto, di "nascere a caso" semplicemente non ha senso; a meno di presupporre, appunto come dicevo nella mia risposta, che "Fiammifero" sia "Fiammifero" ab ovo, a prescindere dalla comunità in cui è nata e vive. Non credo proprio che sia così, né per te né per nessun altro.

Il tutto per evidenziare che l'impostazione che vede individuo e comunità come entità perfettamente distinte, e spesso in contrapposizione fra loro, non ha poi in realtà tutto questo senso. Si tratta piuttosto di entità in rapporto dinamico e dai confini reciproci ben difficilmente distinguibili.

Citazione:
l'hai detto tu che sono un lupo solitario

Continuo a dubitarne fortemente.
In ogni caso, sei un lupo solitario che ha cercato il contatto con il suo prossimo (benché virtuale) già più di 5300 volte con i suoi post; se per caso fossi stata un lupo socievole quanti ne avresti mandati? Toccava abbatterti!!! (Sempre virtualmente, si capisce.)

Citazione:
no,ma ci prova

E' un tentativo inutile, perché è un obiettivo irraggiungibile in quanto illusorio.
O te ne vai a fare l'eremita (e allora crederò finalmente alla tua pretesa di essere il lupo solitario che dici ), oppure permarrai inevitabilmente in un rapporto di interazione dinamica con il tuo ambiente, con le reciproche modificazioni - uso quest'ultimo termine deliberatamente - che ciò comporta. Ed è quello che significava la mia frase che non hai capito (senz'altro per mie carenze espressive ):
Citazione:
Oppure Fiammifero (e chiunque altro) si definisce (esiste, potremmo dire) precisamente in base al proprio rapporto, dall'inizio ad oggi, con la sua comunità-contesto?


Aggiungo, tanto per ricollegarmi alla citazione che ha originato questo thread, che anche l'individualismo può essere (e oggi spessissimo lo è ) un feticcio mica da ridere.


Prealpe (Come piace a te; oggi mi sento gentleman)

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 10/8/2007 19:37:39
Ciao, Infettato.

Se ti giuro su "una montagna di Bibbie", in puro stile texwilleriano, che la "comunità" a cui pensava l'autore di quella citazione era qualsiasi comunità, anche la più coesa e omogenea, mi credi?

Guarda, lo inviterei anche a confermare personalmente la cosa, ma ho l'impressione che non abbia piacere a conversare con me.

In ogni caso, quello che ho detto è il modo in cui l'ho recepita io e il mio ragionamento parte da tale interpretazione; giusta o sbagliata, prendiamola per buona e superiamo l'impasse.

Per quanto riguarda il titolo del 3D, in prima battuta volevo intitolarlo "La comunità."; poi mi è piaciuta l'idea di riecheggiare l'altra discussione da me aperta dal titolo "Il rifiuto dell'autorità.", che mi é garbata invero assai.

Comunque, in ultima analisi "individualismo" e "comunità" certamente si contrappongono e il primo comporta inevitabilmente un rifiuto più o meno pronunciato della seconda (intesa nell'accezione da me specificata); per cui alla fin fine il titolo non è affatto campato in aria.


Prealbe


P.S. Un saluto ad Arturo.

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  SENTIERO il 11/8/2007 2:42:11
Citazione:


Fiammifero
Citazione:
perchè ti risulta che si può scegliere?


prealbe ha scritto:
No, non mi risulta.

Ma non è questo il punto.

Il punto è che, se anche fosse possibile, come si potrebbe mai effettuare una scelta ragionata? Le valutazioni in base alle quali riteniamo che un altro "dove" sarebbe stato meglio di quello in cui invece ci siamo ritrovati a nascere si basano su una facoltà di giudizio e su caratteristiche individuali che si sono plasmate nel "dove" in cui siamo nati.



Premesso che sono completamente d'accordo con le osservazioni di Prealbe...
Su questo passaggio, in realta' vorrei fare una precisazione, in quanto, e' vero che non si puo' scegliere dove nascere, e' vero che la personalita' e' influenzata dalla comunita' in cui si e' cresciuti, ma e' altrettanto vero che ogni individuo ha le sue caratteristiche caratteriali e se le portera' dietro dalla nascita alla morte. Percui, in funzione di tali caratteristiche, si potrebbe preferire un certo tipo di comunita' piuttosto che un altro.
La domanda e' : ma come fai a sapere se la tua e' una scelta condizionata o meno dall'influenza della comunita' in cui si e' cresciuti?
Rispondo che i fattori possono variare da individuo ad individuo e da quanto l'infuenza della comunita', ha sopraffatto il carattere e l'essenza dell'individuo stesso.

Ciao, Roberto

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  arturo il 11/8/2007 15:14:40
Comunque, in ultima analisi "individualismo" e "comunità" certamente si contrappongono e il primo comporta inevitabilmente un rifiuto più o meno pronunciato della seconda (intesa nell'accezione da me specificata); per cui alla fin fine il titolo non è affatto campato in aria.

No, non è affatto campato in aria. Direi anzi che "non fa una piega "

Ciò che invece mi sfugge è perchè mai alcuni irriducibili individualisti si ostinino a riunirsi in "gruppo" con l'intento di convincere quelli che sono un pochino più "socialiisti" a non riunirsi in "gruppo"...

Ps
Ricambio il saluto a Prealbpe

.

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 11/8/2007 22:51:17
Benvenuto fra noi, SENTIERO.

Citazione:
Premesso che sono completamente d'accordo con le osservazioni di Prealbe...

Grazie.

Citazione:
Su questo passaggio, in realta' vorrei fare una precisazione, in quanto, e' vero che non si puo' scegliere dove nascere, e' vero che la personalita' e' influenzata dalla comunita' in cui si e' cresciuti, ma e' altrettanto vero che ogni individuo ha le sue caratteristiche caratteriali e se le portera' dietro dalla nascita alla morte. Per cui, in funzione di tali caratteristiche, si potrebbe preferire un certo tipo di comunita' piuttosto che un altro.

Guarda, SENTIERO, io personalmente sono anche d’accordo che non si nasce “tabula rasa”; però, il contesto in cui nasci e ti formi ha un’influenza sostanziale, non accessoria. Tanto per dire, SENTIERO nato in una comunità di esquimesi di due secoli fa dubito che potrebbe essere riconosciuto come SENTIERO anche dal SENTIERO che sta postando qui (zompando a pie’ pari i numerosi paradossi genetico/spazio/temporali ).
Spero di essere stato abbastanza confuso.

Tornando seri, la comunità non si “indossa” come un vestito piuttosto che un altro; la questione è assai più profonda e, come dicevo, comprendere i confini tra essa e l’individuo è, ammesso che sia possibile, un’impresa che non saprei da che parte cominciare a intraprendere.

Citazione:
La domanda e': ma come fai a sapere se la tua e' una scelta condizionata o meno dall'influenza della comunita' in cui si e' cresciuti?
Rispondo che i fattori possono variare da individuo ad individuo e da quanto l'influenza della comunita', ha sopraffatto il carattere e l'essenza dell'individuo stesso.

Il problema è che “essenza” (che ritengo ricomprenda in sé anche il carattere) è un’espressione di assai difficile specificazione in termini concreti; per cui ho paura che ci aiuti poco a risolvere il dilemma.

Citazione:
Ciao, Roberto

Ciao a te.


Prealbe

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 11/8/2007 22:53:04
Arturo
Citazione:
No, non è affatto campato in aria. Direi anzi che "non fa una piega "

Il 50% degli interlocutori concordi con me! Comincerò a montarmi la testa!

Citazione:
Ciò che invece mi sfugge è perchè mai alcuni irriducibili individualisti si ostinino a riunirsi in "gruppo" con l'intento di convincere quelli che sono un pochino più "socialiisti" a non riunirsi in "gruppo"...

Arturo, ti prego in ginocchio di non introdurre considerazioni OT che possano urtare la suscettibilità di alcun individualista.
L’argomento mi interessa e vorrei riuscire a dibatterlo senza neanche un filo di polemica.

Citazione:
Ps
Ricambio il saluto a Prealbpe

E’ sempre un piacere.


Prealbe (mi pare di chiamarmi così, ma comincio a non essere più sicuro... )

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  arturo il 12/8/2007 0:09:41
Arturo, ti prego in ginocchio di non introdurre considerazioni OT che possano urtare la suscettibilità di alcun individualista.

Scusa, scusa !
In quell'istante ero colpevolmente sovrappensiero,,, un fastidioso "inconveniente" che mi trascino dalla nascita, purtroppo


.

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  SENTIERO il 12/8/2007 4:04:15
Citazione:

Sentiero:
La domanda e': ma come fai a sapere se la tua e' una scelta condizionata o meno dall'influenza della comunita' in cui si e' cresciuti?
Rispondo che i fattori possono variare da individuo ad individuo e da quanto l'influenza della comunita', ha sopraffatto il carattere e l'essenza dell'individuo stesso.

Prealbe:
Il problema è che “essenza” (che ritengo ricomprenda in sé anche il carattere) è un’espressione di assai difficile specificazione in termini concreti; per cui ho paura che ci aiuti poco a risolvere il dilemma.


Guarda, dammi ragione, senno' ti introduco l'argomento essenza e carattere e ti porto fuori dal discorso

Facciamo finta che le influenze della comunita' siano dei cerchi concentrici che ci circondano. Il cerchio piu' piccolo, ma piu' vicino e' rappresentato dalla famiglia. Il secondo cerchio, il quartiere e gli amici...e cosi' via. Se vogliamo confrontare le influenze subite da alcuni individui, potremmo osservare quanti cerchi di influenza hanno in comune. Per esempio, due amici che vivono nella stessa citta', hanno molti cerchi in comune, tranne i piu' stretti, ovvero quelli della famiglia e del quartiere. Mentre due fratelli, in teoria avrebbero le stesse influenze, in quanto subiscono sicuramente delle influenze molto simili.
Ovviamente, sarai d'accordo con me (per vari motivi ) che due fratelli, spesso sono molto diversi tra loro, per i loro punti di vista, per i loro interessi, per i loro gusti, capacita' e via dicendo. Questa diversita' da cosa e' dovuta?

Roberto

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  arturo il 12/8/2007 9:12:44
Questa diversita' da cosa e' dovuta?

Cromosomi, ereditarietà, sesso, istinto, carattere, intelligenza, aspetto fisico, vitalità, luogo geografico, percezione degli spazi fisici, culture, tradizioni, ambiente sociale, abitudini, esperienze dirette e indirette, desideri, traumi….


eh, si SENTIERO hai ragione, si andrebbe di sicuro fuori tema
Meglio lasciar perdere...se no, poi, Prealbe chi lo sente ?!


Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  nessuno il 12/8/2007 9:15:19
Chiedo cortesemente il permesso di inserirmi in questa discussione (che mi pare bella e interessante).

Io penso che la tensione tra comunità ed individuo sia un elemento fondamentale per la crescita di ognuno di noi.
Per come la vedo io, non nasciamo nel vuoto. Però nasciamo con un temperamento preciso, geneticamente (ma non solo) determinato.
Per come vedo io il mondo, l'opposizione tra comunità ed individualità è un'opposizione falsa o, meglio, inesistente. Questo perché ognuno di noi è, allo stesso tempo, appartenente ad una comunità ed individuo singolare.
Quando nasce un essere umano, nasce con una sua dotazione genetica e istintuale: questo si esprime in una maggiore o minore attività e capacità di reagire agli stimoli esterni. Questo temperamento si incontra con un ambiente esterno che è dato, preesistente alla sua nascita, ma che lo influenza e ne viene influenzato; prendiamo due bambini, uno con temperamento "attivo" e uno più "tranquillo"; nascono in famiglie diverse (ad esempio con genitori "attivi" o "pantofolai") e in culturer diverse (magari un boscimano ed uno statunitense di una grande città della costa orientale degli USA).
Mi pare chiaro che il modo in cui verranno cresciuti dipenderà sia dal loro carattere, sia dalle rappresentazioni che i loro genitori si formano (e che sono culturalmente determinate) del loro carattere. Al tempo stesso, il modo di vita dei genitori viene modificato dalla nascita di quel figlio.
Le ricerche degli psicologi contemporanei dimostrano chiaramente come il bambino non possa esistere senza i genitori, ma anche che il bambino costruisce i genitori in funzione del suo tenperamento e del suo carattere (come si dice dalle mie parti, ci vogliono una ventina d'anni per tirar su un padre e una madre... e non sempre riescono bene )

Passando ad un piano più sociologico-politico, il termine "comunità" deriva da "comune". Cioè l'insieme delle persone soggette al "munus", al pagamento di una tassa o ad obbligazioni che li legano gli uni agli altri. Il suo contrario è "immune", termine che designa coloro che non sono sggetti al pagamento del "munus" (per una bella trattazione della questione vedi i testi di Roberto Esposito: "Immunitas" e "Communitas").
Di fatto, ognuno di noi nasce in un ambiente, e senza quell'ambiente non solo non sarebbe mai esistito, ma non potrebbe neppure diventare adulto. Diventando adulto (che è una faccenda alquanto complicata) diventa un "individuo" e si dà un'identità. E l'identità si costruisce sulla base di una doppia negazione: negazione delle determinanti biologiche (ho questo carattere e questo temperamento, ma non sono obbligato a esprimerlo...) e delle determinanti sociali (la società in cui nasco mi assegna una serie di ruoli e di posizioni, ma non sono obbligato a uniformarmi ad essi, ho il mio carattere...).
Ma è, per l'appunto, una faccenda complicata. Implica il tener conto che esiste una "società", ma saper decidere anche senza e contro di essa, quando lo si ritiene opportuno.

Buona vita e grazie.

Guglielmo

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 12/8/2007 11:52:05
SENTIERO
Citazione:
Guarda, dammi ragione, senno' ti introduco l'argomento essenza e carattere e ti porto fuori dal discorso

Hai assolutamente ragione!!!

Citazione:
Facciamo finta che le influenze [ecc. ecc.]...

Ovviamente, sarai d'accordo con me (per vari motivi ) che due fratelli, spesso sono molto diversi tra loro, per i loro punti di vista, per i loro interessi, per i loro gusti, capacita' e via dicendo. Questa diversita' da cosa e' dovuta?

Dio, come scrivi bene!!!

Provo (premesso che hai ragione!!!) a rispondere (anche se più o meno devo ripetere ciò che ho già scritto… ).

C’è sicuramente un quid di assolutamente e specificamente individuale in ognuno di noi, che preesiste allo scambio sociale. Si tratta però di un qualcosa di potenziale e informe, che diventa espresso e compiuto - l'individuo come lo percepiamo e si percepisce - attraverso la relazione con la propria comunità.

Sottolineo un’altra cosa: naturalmente l’individuo non coglie di sé stesso l’essenza (ammesso che sia possibile ), non è un osservatore asettico, ma si interpreta attribuendo ai propri sentimenti, idee, azioni, ecc., significati e spiegazioni. E ciò avviene in riferimento all’orizzonte di senso proprio alla sua comunità. Quindi, ribadisco (anche se continui ad avere ragione tu, naturalmente!!! ), che “essenza” è un concetto che ci aiuta concretamente assai poco per risolvere dove finisca la comunità e inizi l’individuo.


Prealbe

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 12/8/2007 11:53:32
Arturo
Citazione:
Scusa, scusa !
In quell'istante ero colpevolmente sovrappensiero,,, un fastidioso "inconveniente" che mi trascino dalla nascita, purtroppo

Grazie.

Citazione:
eh, si SENTIERO hai ragione, si andrebbe di sicuro fuori tema
Meglio lasciar perdere...se no, poi, Prealbe chi lo sente ?!

Appunto!!!


Prealbe

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 12/8/2007 11:57:57
nessuno
Citazione:
Chiedo cortesemente il permesso di inserirmi in questa discussione (che mi pare bella e interessante).

Sei il benvenuto, Guglielmo.

Grazie del tuo notevole intervento. Ti rispondo più tardi, ché adesso sono purtroppo richiamato ad altre incombenze.

Stay tuned (come in questo momento ).


Prealbe

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  nessuno il 12/8/2007 12:00:16
Citazione:
C’è sicuramente un quid di assolutamente e specificamente individuale in ognuno di noi, che preesiste allo scambio sociale. Si tratta però di un qualcosa di potenziale e informe, che diventa espresso e compiuto - l'individuo come lo percepiamo e si percepisce - attraverso la relazione con la propria comunità.


Potenziale ed informe?

No, Prealbe, né l'uno né l'altro

Nine Temperament Characteristics
Activity level refers to the amount of physical energy in the child. Does the child have to be constantly moving or do they have a relaxing approach? A child who has high energy may have difficulty sitting still in class, where a child with low energy can handle a very structured environment. The former may use his or her gross motor skills more frequently, such as running and jumping. Conversely, a child has a lower activity level may rely more on fine motor skills, such as drawing and putting puzzles together. This trait can also refer to mental activity, such as deep thinking or reading, activities which become more significant as the person matures.

Regularity, also known as Rhythmicity refers to the level of predictability in a child’s biological functions such as waking, becoming tired, hunger and bowel movements. Does the child have a routine in their eating and sleeping habits or do they just seem to happen whenever? A child who is predictable will need to eat at 2pm everyday whereas a child who is less predictable will eat at sporadic times throughout the day.

Initial reaction is also known as Approach or Withdrawal. This refers to how the child responds to new people or environments either positive or negative. Does the child check out people or things in their environment without hesitation or do they shy away? A child who is bold will tend to approach things quickly as if without thinking. Where as a child who is cautious typically prefers to watch for a while before engaging in new experiences.

Adaptability refers to how long it takes the child to adjust to change. This is different from what was mentioned above because adaptability refers to the long term adjustment made after the child’s first reaction to the new situation. Does the child adjust to the changes in their environment easily or are they resistant to what is happening around them? For a child who adjusts easily they may be quick or it may take no time at all to settle into a new routine. Whereas a child who is resistant may take a long time to adjust to the situation.

Intensity refers to the energy level of a positive or negative response. Does the child react intensely to a situation or do they respond in a calm and quiet manner? A child who leans more on the intense side may jump up and down screaming with excitement. Whereas a child who is mild mannered may just smile.

Mood refers to the child’s general tendency towards a happy or unhappy demeanor. All children have a variety of emotions and reactions that are opposite of each other such as cheerful and stormy, happy and unhappy. Each child biologically tends have generally a positive or negative mood. Does the child express a positive or negative outlook? A baby who may smile and coo all the time could be considered a cheerful baby. Whereas a baby who cries or is fussy all the time may be considered a stormy baby.

Distractibility refers to the child’s tendency to be sidetracked by other things going on around them. Does the child get easily distracted by what is happening in the environment around them or can they concentrate despite the interruptions? A child that is easily distracted notices everything going on around them and has a hard time returning back to the task at hand. Whereas a child that is rarely distracted has the ability to stay focused and completes the task at hand.

Persistence & Attention Span refers to the child’s ability to stay with a task through frustrations and length of time on the task. Can the child stay with an activity for a long period of time or do they just give up when they become frustrated? A child who is persistent can sit and pull on their sock until the task is complete. Where a child who tends to have a short attention span will just give up when they become frustrated or distracted.

Sensitivity refers to how easily a child is disturbed by changes in their environment. It is also referred to as Sensory Threshold or threshold of responsiveness. Does the child get bothered by external stimuli in their environment such as noises, textures, lights, etc. or do they just seem not to be bothered by them at all and simply ignore them? A child who is sensitive may be distracted by a door slamming and will not be able to maintain focus. Whereas a child who tends to not be sensitive to external noises; they are able to maintain their focus.


Buona vita

Guglielmo

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  arturo il 12/8/2007 17:36:46
Scusami NESSUNO , ti spiacerebbe far partecipe anche me di quanto hai copi/incollato in lingua inglese ? ( due righe di riassunto in italico idioma sarebbero sufficienti a farmi comprendere grossomodo almeno "il senso" )

Non me ne volere, abbi pazienza ! ma...sai com'è... sono pressocchè decrepito e conosco a mala pena l'italiano...


.

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  NERONE il 12/8/2007 23:20:05
Comunicare…grande “questione” dei nostri giorni ( e forse non solo) . Se ne fa un gran parlare. Troppa comunicazione, poca comunicazione, vera comunicazione, falsa comunicazione…..e via dicendo.
Comunicare significa mettere in comune. Che sia una idea, che sia un credo, che sia una forma sociale…
E chi è il primo comunicatore se non Dio?
Dio crea l’Uomo, ovvero crea l’Altro, al quale assegna la facoltà di creare Altri ancora….
Se Dio ha “bisogno” di comunicare la sua esistenza , come puo’ l’Altro , creato a sua immagine e somiglianza, non sentire la stessa necessità?
Come puo’ un poeta scrivere poesie , come puo’ un musicista suonare la sua musica senza pubblico?
E il pubblico “riceve” , ma nello stesso tempo “dona”.
Ma “pubblico” , come termine, sta all’opposto di “privato”.
Come dire che Dio ha avuto necessità di uscire dal privato per manifestarsi al pubblico, cosi’ come ogni uomo, che sia poeta , musicista, scrittore , falegname come muratore, impiegato come bottegaio, ha necessità di uscire dal suo ego (privato) , se non altro per dimostrare al proprio ego di esistere.

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 13/8/2007 0:03:27
nessuno
Citazione:
Io penso che la tensione tra comunità ed …

Questa parte mi trova sostanzialmente concorde (con qualche riserva sul “geneticamente”, ma non mi voglio infognare su questo aspetto, che è uno di quelli da cui si rischia di non uscire più. ).

Citazione:
Passando ad un piano più sociologico-politico, il termine "comunità" deriva da "comune". Cioè l'insieme delle persone soggette al "munus", al pagamento di una tassa o ad obbligazioni che li legano gli uni agli altri. Il suo contrario è "immune", termine che designa coloro che non sono soggetti al pagamento del "munus" (per una bella trattazione della questione vedi i testi di Roberto Esposito: "Immunitas" e "Communitas").
Di fatto, ognuno di noi nasce in un ambiente, e senza quell'ambiente non solo non sarebbe mai esistito, ma non potrebbe neppure diventare adulto. Diventando adulto (che è una faccenda alquanto complicata) diventa un "individuo" e si dà un'identità. E l'identità si costruisce sulla base di una doppia negazione: negazione delle determinanti biologiche (ho questo carattere e questo temperamento, ma non sono obbligato a esprimerlo...) e delle determinanti sociali (la società in cui nasco mi assegna una serie di ruoli e di posizioni, ma non sono obbligato a uniformarmi ad essi, ho il mio carattere...).
Ma è, per l'appunto, una faccenda complicata. Implica il tener conto che esiste una "società", ma saper decidere anche senza e contro di essa, quando lo si ritiene opportuno.

Anche qui non ho nulla di particolare da eccepire. Mi sembra un inquadramento equilibrato della questione. Ho evidenziato le parti che mi sembrano particolarmente trascurate nelle affermazioni di certi individualisti “radicali”.

Citazione:
Potenziale ed informe?
No, Prealbe, né l'uno né l'altro

Qui, invece, anche dopo aver letto quanto hai copia/incollato, non ho capito esattamente in che modo contrasti con quanto sostengo io nel contesto del tema dibattuto. Sarebbe comunque a mio parere più chiaro e immediato per la discussione se ognuno di noi esprimesse direttamente “a parole sue” le proprie considerazioni, con eventualmente il rimando a fonti esterne (1).
Io personalmente, in ogni caso, non intendo mettere in dubbio che se qualche interlocutore propone dei dati, essi siano attendibilmente riportati.

Buona vita anche a te.


Prealbe


1 - Anche in inglese, se proprio non se ne può fare a meno... ma, come da intervento di Arturo, non tutti lo masticano a perfezione (neanche io, se è per questo, mi proporrei mai come traduttore professionista ) e si rischia quindi sia di lasciar fuori qualcuno dal dialogo sia qualche malinteso sui contenuti.

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 13/8/2007 0:06:03
E un ciao anche a NERONE, che la butta appena appena sul difficile, introducendo con assoluta nonchalance, come se niente fosse: Dio, la creazione dell’Uomo, l’Arte... “cosette” così...

Non c’è problema: chi meglio di noi? Siamo qui per questo.


Prealbe

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  nessuno il 13/8/2007 8:46:53
Ciao a tutte/i

Innanzitutto le mie scuse a Prealbe e ad Arturo. Corretta la critica vostra: non tutti conoscono l'inglese.

Non sto a tradurvelo parola per parola. Cerco di spiegarvi, come peraltro richiesto gentilmente da Prealbe, che cosa intendevo dire con quel link:

Tu Prealbe, sostieni che, per quanto esista un "qualcosa" di assolutamente individuale all'interno di ogni persona, questo "qualcosa", all'inizio della vita, è "potenziale" ed "informe" (almeno, io l'ho capito così il tuo ragionamento) e occorre il contributo della società per sgrossarlo e renderlo attuale.

Però, se guardiamo a quello che gli psicologi che studiano i bambini appena nati chiamano "temperamento", vediamo che il bimbi vengono al mondo con una serie di caratteristicheindividuali che non sono per nulla potenziali. In sostanza, i bimbi variano su nove dimensioni bipolari che riguardano:

a) Attivo/passivo
b) Regolare/irregolare
c) Adattabile/rigido
d) Intenso/calmo
e) Umore positivo/negativo
f) Distraibilità/concentrazione
g) Persistenza e durata dell'attenzione (alta/bassa)
h) Sensibilità percettiva (alta/bassa)

Le caratteristiche "istintive" presenti alla nascita sono talmente poco "potenziali" da consentire ad un neonato di riconoscere l'odore della madre e distinguerlo da quello di altre persone dopo 5 minuti dalla nascita.
Capisci come questo semplice fatto contribuisca a rafforzare il legame madre-figlio, consentendo la sopravvivenza del piccolo.

Quindi, io la vedo così: la presenza di elementi, anche forti, di individualità al momento della nascita (e, secondo alcuni, addirittura nelle fasi di vita fetale) non solo non impedisce, ma addirittura è fondamentale per la socializzazione. Chi vede solamente il lato individuale dimentica che, dal punto di vista energetico, gli esseri umani sono dei "sistemi aperti". Abbiamo bisogno degli altri, per esistere, fin da quando non c'eravamo neppure (nessuno di noi è in grado di autocrearsi, né di riprodursi da solo).

Alla fine, credo che io e te andiamo abbastanza d'accordo, nella nostra visione del (presunto) contrato individuo-comunità

Buona vita

Guglielmo

Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  Paxtibi il 13/8/2007 10:04:17
Interessante il tema, anche se più che del "rifiuto della comunità" state parlando dell'appartenenza ad una comunità, salvo accennare a certi "individualisti radicali" che tale appartenenza rifiuterebbero.

Ma chi sarebbero questi irriducibili antisociali? Avete in mente qualcuno in particolare, le cui idee rispecchino tale rifiuto?

Implica il tener conto che esiste una "società", ma saper decidere anche senza e contro di essa, quando lo si ritiene opportuno.

Questa frase esprime un "rifiuto della comunità?"

Messaggio orinale: https://old.luogocomune.net/site/newbb/viewtopic.php?forum=6&topic_id=3723