L'11 settembre raccontato da Superman

Inviato da  vernavideo il 25/8/2006 12:16:06
L'11 settembre raccontato da Superman
Di Roberto Brunelli

Che fumettone, l´Undici Settembre. Pensate, i due aerei, uno a poca distanza dall´altro, che s´infilano come una lama nel ventre delle due torri e quella che s´accartoccia - «R-rrrrmble» - come un castello di sabbia e la polvere bianca che s´alza e copre tutto e tutti, i pompieri di New York che corrono all´impazzata con gli occhi sgranati, la gente che corre verso di noi..

E poi tu, in mezzo, che t´alzi sapendo che tutto questo assomiglia maledettamente alla fine del mondo. Roba da «Whoom!», «Splash!» e «Vrroom!»... manca il mostro gigante alla Godzilla che spacca tutto, manca Superman che blocca il velivolo prima che si schianti, ma per il resto l´immaginario è proprio quello lì, compreso il ghigno dei cattivissimi terroristi.

Prima o poi, sapendo come vanno le cose in America, un bel fumetto ci sarebbe scappato. Adesso c´è, con tutti i crismi della Marvel, ossia la casa editrice di «comics» più famosa del mondo, quella popolata dai vari Superman, Batman, Captain America, Uomo Ragno, tutti i supereroi che di volta in volta si sono accollati l´onere di esorcizzare le mega-paure americane, gli incubi ed i sogni dell´«american way of life». Gli autori sono due pezzi da novanta del fumettismo Usa, Sid Jacobson e Ernie Colon, e la loro «fonte», per così dire, non poteva essere più autorevole: le 600 pagine del rapporto finale realizzato dalla apposita commissione d´inchiesta sull´11 settembre, rapporto che a sua volta, quando fu pubblicato, è stato un vero best-seller. Il volume a fumetti (The 9/11 Report: A Graphic Adaptation, edito da Hill & Wang) è adesso nelle librerie americane, è fitto di ben 150 pagine, e costa 16,95 dollari in versione economica e 30 dollari in quella rilegata. Jacobson & Colon sono due arzilli ultrasettantenni, dei veri veterani del genere, l´uno inventore del popolare «Richie Rich» e caporedattore della Harvey Comics, l´altro disegnatore di «Casper», anche lui alla Harvey, poi passato alla Dc Comics. Hanno ritenuto che per tramandare alle nuove generazioni la verità del giorno più terribile della storia americana fosse necessario uno strumento più agile, per così dire.

Ora c´è il placet, nonché il desiderio di vedere l´albo dell´Undici Settembre in vetta alle classifiche editoriali: ma pare che all´inizio i membri della commissione indipendente, che hanno lavorato svariati anni per ricostruire tutti i dettagli dell´attacco terroristico, fossero decisamente perplessi: «Ero molto preoccupato, ma poi ho visto che si trattava di un lavoro assolutamente accurato», ha detto Thomas Kean, ex presidente della commissione.

Vero: Jacobson sostiene di aver usato per dialoghi e contenuti «al 99 per cento le parole della commissione». Per i volti di alcuni personaggi, come quelli degli attentatori da Mohamed Atta in giù, si è ricorso al materiale fotografico esistente, quello diffuso dalle tv e dai giornali dell´intero globo terracqueo, ed è sempre alle fotografie di quei giorni che si è ricorso per le facce del vicepresidente Dick Cheney o di George W. Bush (...chissà se c´è anche l´imbarazzante scena, ripresa da Fahrenheit 9/11 di Michael Moore, in cui comunicano al presidente dell´attentato mentre lui sta in una scuola elementare a parlare con dei ragazzini, e rimane del tutto imbambolato per un lasso di tempo infinito). È stata invece necessaria la giusta dose d´immaginazione per trasferire sulle strisce ciò che è accaduto dentro gli aerei prima degli schianti sulle torri e sul Pentagono. Il tutto, com´è ovvio, sapientemente condito con gli usuali segreti del mestiere fumettaro, quali le classiche espressioni onomatopeiche a bordo delle singole vignette per simulare il sonoro (tipo «wham!» e «splash!» tanto per intendersi) ed i colori sparati al massimo che fanno tanto pop-art: perché in fondo il fumetto americano è figlio legittimo del cinema e di questo si è nutrito assai. L´avevamo detto, l´avevano detto tutti, all´indomani dell´Undici Settembre, che l´attacco alle due torri sembrava uscito dalle penne dei più scatenati sceneggiatori di Hollywood, che quelle immagini, in qualche modo, le avevamo già viste tante volte, sullo schermo, che si era materializzato ciò che la fiction e a suo modo anche il fumetto avevano in qualche modo saputo preconizzare.

Sì, è vero, ci sono voluti cinque anni perché l´America fosse capace di raccontare con i mezzi della cultura popolare di massa quello che è stato forse il suo più grande trauma, con United 93 - la storia dei passeggeri dell´unico aereo che non raggiunse il proprio bersaglio, che probabilmente era il Congresso di Washington - e con World Trade Center, di Oliver Stone, ambedue attualmente nei cinema degli States.

Ma è pure vero che la guerra all´ultimo sangue con Osama Bin Laden sembra proprio averla vinta la cultura di massa americana, quella stessa che produce i film catastrofici, i fumettoni con Superman e la pop-music, se è vero che - come pare abbia dichiarato una «ex» (probabilmente schiava) del terrorista mondiale numero uno - che l´ascetico Osama si fosse invaghito della cantante pop Whitney Houston (sì, quella di The greatest love of all) al punto da progettare di mandare un killer a far fuori il marito di lei, il manesco cantante rap Bobby Brown. Ben vengano i fumetti, allora: se la fascinazione glamour ha colpito al cuore persino Al Qaida vuol dire che Bin Laden - peraltro straordinario soggetto da fumetto - ce l´abbiamo già in tasca. Unica avvertenza: spiegatelo anche al presidente Bush.

Pubblicato il: 23.08.06

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Ciao,
Stefano


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