Iraq:resistenti criminali di guerra

Inviato da  crociato il 23/10/2005 3:18:55
Il rapporto di Human Right Watch
Anna Momigliano
Ieri a Baghdad sono stati uccisi sei bambini. Non perché si trovassero nel mezzo di una sparatoria, ma perché la guerriglia ha lanciato un colpo di mortaio contro la scuola elementare Dijla, nel quartiere occidentale al-Mansur, provocando anche 22 feriti gravi. Era il primo pomeriggio, i bimbi seguivano le lezioni. Un omicidio mirato nella peggiore accezione del termine, che ricorda le stragi delle caramelle della scorsa estate, quando due volte dei terroristi suicidi si sono lanciati contro un gruppo di ragazzini che accettavano dolciumi dai soldati americani.
L'organizzazione per la salvaguardia dei diritti umani Human rights watch, che non può essere certo tacciata di simpatie neo-con, dedica il suo dossier mensile ai crimini più efferati commessi dalla guerriglia irachena dal 2003 a questa parte. Certo nel dossier non mancano i richiami alle «violazioni dei diritti umani compiute dagli Usa e dal governo iracheno», ma il documento, risultato di un'osservazione sul campo nel nord del paese e dell'intervista di centinaia di vittime, è incentrato sulle violenze contro i civili da parte della resistenza. Non esistono dati certi sulle vittime civili dall'aprile del 2003, ma secondo le stime di altre associazioni si deduce che il numero possa variare tra le 25 e le 98 mila. Tutti i dati raccolti dall'organizzazione, però, suggeriscono che «i ribelli hanno ucciso di gran lunga più civili che combattenti». Il documento, in particolare, punta il dito contro il ricorso continuo a «punizioni collettive di gruppi accusati di collaborazionismo o che rivendicano il proprio potere politico», categoria che include numerosi attacchi su civili di etnia sciita, curda e «il terrorizzare la piccola comunità cristiana». Ma fa notare anche il preoccupante crescendo di attacchi contro i lavoratori stranieri, gli operatori umanitari, e ogni categoria che possa essere identificata come collaborante del governo iracheno (dai politici di alto profilo ai comuni impiegati negli apparati governativi o nelle forze dell'ordine) o, peggio ancora, degli occupanti: in particolar modo lo studio segnala gli interpreti come una delle categorie più a rischio.
Un caso emblematico, descritto nel dossier del1'ong, è quello degli scrutatori di tutti gli impiegati che hanno svolto qualche ruolo nel processo elettorale: «più si avvicinava il giorn delle elezioni [legislative, lo scorso gennaio, ndr], più aumentava il numero di impiegati che si licenziavano». La guerriglia, come hanno registrato gli osservatori a Baghdad, aveva organizzato una campagna d'intimidazione, distribuendo volantini come: «la spada è sempre più vicino al tuo collo, abbandona qualsiasi lavoro che abbia a che fare con le elezioni, e vivi in sicurezza».
Ieri, intanto, le forze statunitensi hanno annunciato di avere ucciso uno dei vertici di al-Qaeda in Iraq, Sa'ad Ali Firas Muntar al-Dulaimi (nome di battaglia Abu Abdullah), ritenuto il principale responsabile degli attentati contro le forze della Coalizione e il governo locale, nelle città di Ramadi e di Falluja, le due città principali della regione prevalentemente sunnita di Anbar. Alla vigilia del referendum costituzionale, proprio nella città di Falluja i terroristi avevano fatto saltare in aria la sede del Partito Islamico, il primo partito sunnita ad avere appoggiato la bozza di costituzione dopo il compromesso trovato con il presidente Talabani.
http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo280420.shtml

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