Il tramonto di Beppe Grillo?

Data 30/1/2009 8:30:00 | Categoria: politica italiana



Fa male al cuore vedere Grillo che parla oggi alla piazza, con la stessa grinta di prima, ma con un sapore completamente diverso nelle parole che gli escono dalla bocca.

Quella che ieri era la rabbia, travolgente e propositiva, di chi crede di poter abbattere il Palazzo, oggi è la rabbia rancorosa di chi ha capito che il Palazzo lo ha fregato, che lo ha reso innocuo, e che da oggi ormai non deve più temere nulla da lui.

Oggi un greve rancore ha preso il posto della sottile ironia, un senso di spaesamento ha preso il posto della lucidità critica, una controfigura distaccata ha preso il posto del Beppe Grillo che ci guardava dritti nell’anima, tenendo il cuore in mano.

Italiani…! - grida Beppe disperato. Ma quell’urlo, che una volta gli rimbalzava addosso moltiplicato per mille, oggi si perde tristemente fra le strade della città.

E’ avvenuto tutto nell’arco di poche settimane, l’anno scorso, quando lo scontento popolare sollevato da Grillo rischiava di raggiungere la famosa “massa critica” da cui non c’è più ritorno.

A quel punto tutti i giornalisti, i politici, gli industriali, …
… i personaggi pubblici, e chiunque sentisse in qualche modo minacciati i propri privilegi da questa ondata di furia popolare, si sono instintivamente compattati in una muraglia d’acciaio contro la quale lo sperone di Grillo si è frantumato in mille pezzi.

In quel periodo non trovavi un'anima disposta a spendere una sola parola per lui.

Grillo stesso, probabilmente spiazzato da questa reazione compatta e virulenta, non ha saputo rilanciare, e si è chiuso in un rancore che sembrava indicare l'inizio della fine: tanto la sua energia propositiva riusciva a scaldare le masse, quanto la sua amarezza interiore si è dimostrata in grado di raffreddarle.

Beppe Grillo infatti è un comico, non un attore, e non è capace di fingere che tutto vada bene quando non è vero, essendo in quel modo il primo ad innescare la sua spirale discendente.

E’ lui stesso a riconoscere, traboccante di amarezza, che “oggi siamo in una piazza dove Previti ci guarda, agli arresti domiciliari, e se la sta ridacchiando”.

E’ lui stesso a dire “Noi siamo quelli che alla catastrofe ci arrivano con ottimismo”, dipingendo un’immagine dell’Italia che purtroppo non sorprende più nessuno.

“Un cittadino oggi rimane escluso da qualsiasi decisione che possa influire sul suo futuro”.

“Questo paese è tutto alla rovescia”.

“Il parlamento è chiuso, il parlamento non legifera più”.

“Abbiamo al governo solo psiconani, ballerine e ruffiani”.

“Noi siamo gli sfigati, i perdenti, noi facciamo paura con le nostre webcam”.

A quel punto Grillo ha un rigurgito d’orgoglio, e grida: “Abbiamo fatto le petizioni, i V-day, i referendum”, ma poi conclude amaramente che “questo è un paese in cui i referendum e le leggi popolari li mettono nei cassetti”.

“Sono state depositate 400 mila firme per togliere i pregiudicati dal parlamento – dice Grillo - e ne abbiamo ancora 18 condannati in via definitiva, che sono quelli che sono i grandi mandanti di tutti casini che ci sono stati. Ce li abbiamo ancora”.

E’ molto difficile dover ammettere certe cose, ed è ancora più difficile ripartire daccapo per una nuova, probabilmente inutile tornata.

Ogni guerriero merita il suo riposo, e Grillo dovrebbe approfittare del momento di riflusso per concedersi il proprio, invece di insistere su una strada alla quale lui stesso sembra non credere più.

Ma anche se ci credesse fino in fondo, Grillo dovrebbe prendere atto della situazione, e provare a riflettere sugli evidenti errori commessi in passato, prima di ritrovarsi a gettare via per intero la più bella avventura della sua vita.

Grillo infatti confonde regolarmente la pars destruens del proprio discorso con la pars construens, alternando critiche feroci - altamente efficaci - a proposte isolate, di tipo populista, fin troppo facili da affondare per chiunque.

Grillo sa costruire una tremenda forza d’impatto, in fase critica, ma ne annulla lui stesso la potenzialità quando la inquina con la fase costruttiva, che non starebbe a lui intraprendere.

E’ un meccanismo perverso e sottile, che “noi del 9/11” conosciamo molto bene. Finchè dici “quello non poteva essere un Boeing”, sei in una botte di ferro, e tieni l’avversario sotto scacco. Ma nel momento in cui ti chiede “e allora cos’era?”, e tu rispondi “probabilmente un missile”, sei fregato per sempre. A quel punto infatti ti senti dire che “non poteva essere un missile, per questo e quell’altro motivo”, e tutta la tua forza di impatto va a dissolversi in una discussione interminabile, che avrà come unico risultato l’aver allontanato l’attenzione dal cuore del problema.

Finchè Grillo dice “governo ladro”, non può che raccogliere ovazioni e supporto, ma quando inizia a dire “vogliamo una legge che limiti a due legislature il mandato dei parlamentari”, apre la porta a chi risponde “E no, due mi sembrano poche, facciamo almeno tre”, e così si perde il senso profondo della protesta, mentre Grillo ci fa pure la figura di uno che non capisce niente. (Ricordate il coro unisono di “Grillo non è un politico”, “Grillo non sa di cosa parla”, “Grillo faccia il suo mestiere che noi facciamo il nostro”? Mica è nato per caso, quel coro. E’ stato lui a offrire il fianco perchè nascesse, e a quel punto gli altri ne hanno approfittato).

Non sta ai complottisti dire che cosa abbia colpito il Pentagono, devono dircelo quelli che ci hanno raccontato la fregnaccia del Boeing.

Non sta a Grillo suggerire nuove leggi, devono farlo coloro che noi avremo eletto appositamente per quello.

E qui arriviamo al vero cuore del problema: come possiamo illuderci che la stessa classe politica di cui denunci sistematicamente la corruzione, di colpo approvi una legge che pone dei limiti alle proprie scorribande? Come si può pensare che gli stessi politici che prendono 20 mila euro al mese si autoriducano da soli lo stipendio?

Perchè mai dovrebbero farlo? Per fare un piacere a noi? O forse per paura della folla urlante?

Se è questo il calcolo che ha fatto Grillo, ha sicuramente commesso un errore: finchè continuano a votarlo, al politico non può fregare di meno delle urla della piazza. Anzi, c’è il rischio che gli facciano pure comodo, perchè in quel modo la gente si sfoga per benino, e domani torna soddisfatta a lavorare in fabbrica.

Se Grillo urla “governo ladro”, ma non dice “smettiamo di votarlo, finchè non vediamo delle facce nuove”, Grillo finisce per fare a quelle vecchie il più grande piacere della loro vita.

Quando lui stesso arriva a dire “guardate come siamo ridotti: da una parte c’è lo psiconano, dall’altra c’è Topo Gigio che non è nemmeno un politico, è scemo e basta”, dovrebbe essere evidente per chiunque che una vera rinascita possa solo partire da un completo rinnovo della classe politica.

E se aspettiamo che quel rinnovo venga dagli stessi politici che dovrebbero lasciare il posto, ci meritiamo davvero di fare la fine che stiamo facendo.

Massimo Mazzucco



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