Gelo sulla Fusione Fredda

Data 10/6/2008 9:04:31 | Categoria: Energia e Ambiente

di Stefano Vernacotola

Introduzione

All’Università di Osaka, il 22 Maggio 2008, qualche invitato al salone di Arata si sarà sicuramente chiesto se fosse stato invitato solamente per assistere al movimento del pistone di un motore. Certo, agli osservatori più attenti non sarà sicuramente sfuggito il particolare che il motore in questione era uno Stirling, uno dei più interessanti motori a combustione esterna.

Probabilmente, tuttavia, la maggioranza dei presenti era più interessata a vedere la fonte del calore alla base del movimento del motore, prodotto dalla fusione di atomi di deuterio gassoso su una matrice a struttura nanometrica di soli 7 grammi di palladio e ossido di zirconio, piuttosto che lo stesso motore Stirling, un’invenzione del 1884. Esperimento, questo di Yoshiaki Arata, che non solo conferma le intuizioni di Fleischmann e Pons ma che dimostra platealmente la possibilità di ottenere energia dalla fusione nucleare a bassa temperatura.

Sono passati quasi 20 anni da quando, il 13 marzo 1989, i chimici Martin Fleischmann dell'Università di Southampton in Inghilterra e Stanley Pons dell'Università dello Utah annunciarono alla stampa di essere riusciti a ottenere la fusione di atomi di deuterio (un isotopo dell’idrogeno), usando una cella elettrolitica con due elettrodi (platino + e palladio-) ottenendo elio insieme ad un certo quantitativo di energia in eccesso [1].

Eppure, l’esperimento di Yoshiaki Arata, padre del nucleare avanzato nipponico e delle ricerche sulla fusione calda, ...

... e decorato nel 2006 dall'Imperatore, è stato accolto da un misterioso gelo mediatico mondiale, al pari delle molteplici conferme ottenute da importanti centri di ricerca pubblici e privati, compreso l’italiano ENEA [2], che si sono susseguiti in questi ultimi quattro lustri.

Venti anni di silenzio mediatico

All’ indomani del clamoroso annuncio di Fleischmann e Pons, con la scusa della scarsa riproducibilità degli esperimenti lamentata dai ricercatori e con la complicità di gran parte della comunità scientifica internazionale che accolse con scetticismo e sfiducia i risultati sperimentali, come al calar delle tenebre un’inesorabile cortina di silenzio è stata stesa sull’argomento.

E questo anche dopo l’emersione di alcuni retroscena della vicenda, quando, nel 1991, l’allora capo redattore scientifico dell'ufficio stampa del MIT Eugene Mallove (assassinato nel 2004 in circostanze misteriose [3]), ammise come l'importante relazione scritta dal Centro Ricerche sui Plasmi del MIT nel 1989 (che aveva avuto un'influenza non piccola nelle polemiche sulla fusione fredda), contenesse dei grafici in cui i dati erano stati modificati nel tentativo di evitare possibili cali nei finanziamenti della fusione "calda"[4], l’argomento Fusione Fredda continuò ad essere oggetto di censura, e, come ammesso dal premio Nobel Julian Schwinger, molte redazioni di riviste scientifiche si erano adeguate alle pressioni negative degli ambienti accademici verso la fusione fredda [5].

L’impressione è che questa censura continui ancora oggi; infatti, nonostante l’importanza del successo raggiunto in quest’ultimo esperimento di Arata, che in ultima analisi si limita a confermare ancora una volta gli innumerevoli successi sperimentali conseguiti da rinomati centri di ricerca pubblici e privati, la notizia resta nell’ombra. In Italia compaiono solo un paio di trafiletti striminziti sul Sole 24 Ore [6] e sul Messaggero [7], mentre, per uno strano scherzo del destino, lo stesso giorno, il ministro Scajola annuncia la decisione del governo di voler riprendere la corsa al nucleare tradizionale, notizia che chiaramente viene riportata in prima pagina, e con toni spesso trionfalistici, dalle principali testate giornalistiche.

Ma che cos’e’ questa fusione fredda? E’ una realtà scientifica? E’ veramente possibile ricavare dell’energia utilizzabile concretamente e che rimpiazzi l’energia prodotta utilizzando combustibili fossili o quella prodotta con la fissione nucleare?

La Fusione Nucleare Fleischmann-Pons

Come suggerisce il nome, la “fusione” nucleare implica la fusione di nuclei atomici.

Affinché avvenga una fusione tra due nuclei, questi devono essere sufficientemente vicini in modo da lasciare che forza nucleare forte predomini sulla repulsione coulombiana (i due nuclei hanno carica elettrica positiva quindi si respingono, un po’ come le estremità di 2 calamite con la stessa polarità).

Secondo la fisica classica, per fare avvicinare i nuclei di due atomi diversi tanto da vincere la repulsione coulombiana e fare agire il campo delle forze nucleari che innescano la fusione, bisogna creare delle condizioni di altissima pressione che si sviluppano con temperature altissime, dell’ordine di centinaia di milioni di gradi centigradi, come quelle previste negli acceleratori nucleari alla base del progetto I.T.E.R. [8], o di altissima densità, come avviene nelle stelle.

La fusione fredda ottenuta con il metodo Fleischmann-Pons, sfrutta invece le caratteristiche peculiari di alcuni elementi come il palladio che, caricati con idrogeno oltre un limite di saturazione, rendono possibile la fusione senza dover ricorrere alle alte temperature per innescare la fusione.
Dentro al cristallo di Palladio, secondo questa teoria, le molecole di idrogeno, in particolari condizioni di saturazione, si comportano un po' come la struttura solida circostante e, avvicinandosi molto, grazie ad una provvidenziale "buca di potenziale", producono una particolare fusione, senza emissioni radioattive, con produzione di elio, (il nuovo elemento che risulta della fusione di due atomi di idrogeno) e di un certo quantitativo di energia.

Ma da dove viene questa energia?

Semplificando enormemente una materia affascinante ma molto complessa, possiamo dire che ogni atomo, o meglio ogni nucleo possiede un energia potenziale che deriva dalla struttura atomica stessa, ed e’ questa energia che viene rilasciata durante una reazione nucleare. Si tratta di un energia enorme, anche di un milione di volte superiore a quella che può essere rilasciata da un eventuale reazione chimica che usi lo stesso elemento, come ad esempio quella prodotta della combustione dell’idrogeno.

Possiamo provare a raffigurarci questa energia potenziale come quella di una mela appesa ad un albero. Fintanto che il pomo resta appeso al ramo, non possiamo catturare questa energia, che può essere tuttavia misurata. L’energia potenziale viene rilasciata quando la mela, matura, cade dall’albero. A questo punto l’energia rilasciata può essere catturata, ad esempio mettendo una pala che azioni una dinamo sotto la mela.

E’ possibile sfruttare questa energia?

I vari esperimenti condotti da molteplici istituti di ricerca pubblici e privati dimostrano al di la’ di ogni ragionevole dubbio che è possibile ottenere delle reazioni nucleari a basse temperature con il metodo Fleischmann-Pons e le sue varianti come quelle suggerite da Giuliano Preparata o da Yoshiaki Arata.

Che si tratti di reazioni nucleari è anche provato dal fatto che simultaneamente alla produzione di energia si osserva anche la produzione di nuclei di elio. La mole dei documenti prodotti da questi centri di ricerca e’ enorme. A quanti volessero approfondire suggerisco l’ottimo rapporto dell’ ENEA [3] curato dal recentemente scomparso Giuliano Preparata, il quale perse il Nobel per la fisica in elettrodinamica quantistica, forse perchè si era sconvenientemente interessato alla fusione fredda piuttosto che a quella che va per la maggiore.

Tuttavia questi studi dimostrano soltanto la possibilità teorica di ottenere reazioni nucleari a basse temperature, mentre poco o niente e’stato fatto per cercare di catturare questa energia per fini pratici, cioè l’ingegnerizzazione di un eventuale pila a fusione fredda.

Una difficoltà non trascurabile deriva dal fatto che mentre l’energia di origine chimica o meccanica viene prodotta lentamente e quindi si diffonde in senso termodinamico, quella della fusione fredda è emessa in modo molto veloce, inizialmente in forma di un’eccitazione elettromagnetica che poi man mano degrada in termini di frequenza e, di cui, solo una piccolissima parte viene assorbita dalla materia circostante sotto forma di calore, che comunque può essere convertito in energia utilizzabile, come dimostrato dal funzionamento del motore Stirling nell’ esperimento di Yoshiaki Arata.

Tornando all’ esempio della mela sull’albero, bisogna ancora inventare un meccanismo efficiente per tradurre la forza rilasciata dalla caduta, in un energia utilizzabile per fini pratici (la dinamo).

Ma uno studio per cercare di sfruttare a pieno questa energia richiede delle competenze enormi che spaziano moltissime branchie della scienza, mentre oggi, purtroppo, la tendenza è finalizzata verso una specializzazione sempre più estrema.

Considerando poi che, ad esempio, sono passati quasi tre secoli tra i primi studi di Leonardo sul vapore all' invenzione del sistema cilindro-pistone, e almeno venti anni dalle scoperte di Fermi nel 1934 alla realizzazione di un motore a reattore nucleare funzionante, è difficile pronosticare eventuali sfruttamenti immediati di tale scoperta, visto anche lo scarso interesse dimostrato dalla grande maggioranza del mondo scientifico e politico.

Conclusioni

Le prospettive aperte dai primi studi di Martin Fleischmann e e Stanley Pons sono a dir poco, entusiasmanti. Si apre la possibilità concreta di ottenere energia pulita abbondante ed a basso costo.

Non solo, oltre alla fusione fredda ottenuta con il metodo Fleischmann-Pons e le sue varianti, ci sono gli esperimenti delle trasmutazioni nucleari a debole energia, dei giapponesi Ohomori e Mizuno [9] e portati avanti in Italia dai ricercatori Iorio-Cirillo, che potrebbero rendere possibile l'eliminazione in sicurezza di sostanze radioattive indesiderate, come quelle prodotte dalla esistente industria nucleare.

E come non menzionare le scoperte dei due fisici italiani, Fabio Cardone e Roberto Mignani descritte nel libro "Deformed spacetime (Geometrizing Interactions in Four and Five Dimensions)" appena pubblicato dalla prestigiosa casa editrice tedesca Springer Verlag, sulle reazioni nucleari indotte dagli ultrasuoni?
Gli esperimenti che confermano le scoperte menzionate nel libro, sono stati condotti in Italia dal 2003 presso laboratori militari e civili con la collaborazione di tecnici militari (!) ottenendo il 100 per cento di ripetibilità del fenomeno.
Secondo Cardone e Mignani, le reazioni nucleari provocate dagli ultrasuoni, battezzate dai due fisici ”reazioni piezonucleari” permettono di liberare neutroni da elementi naturali inerti. Oltre alla produzione di energia e l’eliminazione di sostanze radioattive, i due fisici affermano che le loro scoperte potrebbero avere un clamoroso impatto anche in medicina, introducendo dei metodi per l’ eliminazione dei tessuti dannosi nel corpo umano, quali i tumori, mediante la loro trasformazione in elementi innocui che verrebbero facilmente espulsi dall’organismo [10].

Eppure, nonostante queste fantastiche scoperte che farebbero impallidire anche uno scrittore di fantascienza positivista, e le conferme sperimentali delle teorie alla base di questi fenomeni fisici, l’argomento della fusione fredda e’ ancora considerato tabù, ignorato dai grandi media e snobbato dalla scienza mainstream, rallentando la ricerca e la scoperta delle possibili applicazioni pratiche che potrebbero scaturire da queste innovative teorie.

La recente notizia dell’incidente al reattore nucleare sloveno, ci ricorda drammaticamente dei rischi collegati alla produzione di energia ottenuta con la fissione nucleare. Nessun reattore nucleare di x generazione potra’ mai ovviare ai limiti della fusione nucleare: radiotossicità intrinseca e penuria di materiale fissile.

D’altra parte la fusione nucleare “calda” che si cerca di perseguire con il reattore a fusione ITER, riduce, ma non risolve il problema delle scorie radioattive. La ricerca in questa direzione assorbe risorse economiche enormemente superiori rispetto a quelle necessarie per continuare gli studi sulla fusione fredda, e comunque, non garantisce la possibilità di poter sfruttare l’energia così prodotta, che richiederebbe delle soluzioni tecniche addirittura più complesse (e a tutt’oggi inesistenti) di quelle necessarie per sfruttare l’energia della fusione fredda.

Si rende quindi auspicabile la diffusione quanto più possibile di questa situazione, cui spero di aver contribuito anche se in minima parte, con questo breve ed incompleto articolo.

Stefano Vernacotola (vernavideo)

Note:

[1] Fleischmann, Martin & Pons, Stanley (1989), “Electrochemically induced nuclear fusion of deuterium”, Journal of Electroanalytical Chemistry 261
(2A): 301-308, Electrochemically induced nuclear fusion of deuterium

[2] Enea: EXPERIMENTAL EVIDENCE OF 4 HE PRODUCTION IN A COLD FUSION EXPERIMENT (pdf)

[3] Murder of Eugene Mallove

[4] E. Mallove, "MIT and cold fusion: a special report", 1999. (pdf)

[5]"The pressure for conformity is enormous. I have experienced it in editors’ rejection of submitted papers, based on venomous criticism of anonymous referees. The replacement of impartial reviewing by censorship will be the death of science." Schwinger, J., "Cold fusion: Does it have a future?", Evol. Trends Phys. Sci., Proc. Yoshio Nishina Centen. Symp.,
Tokyo 1990, 1991. 57: p. 171.
Cold Fusion—Does It Have a Future?(pdf)

[6] Nucleare, la fusione fredda funziona

[7] Giappone, la fusione fredda funziona. Riuscito l'esperimento del professor Arata

[8] ITER

[9] Mizuno, Tadahiko (1998), Nuclear Transmutation: The Reality of Cold Fusion, Concord, NH: Infinite Energy Press .

[10] intervista al fisico Roberto Mignani




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