Quattroruote mon amour

Data 7/4/2007 8:30:00 | Categoria: opinione

di Giorgio Codazzi

Spostarsi da A a B é sempre stato per l'uomo un problema reale: le popolazioni nomadi in genere erano tali perché l'ambiente e le risorse disponibili erano esauribili o temporanee. Le tecniche di sfruttamento dell'ambiente hanno poi permesso alle popolazioni nomadi di scegliere se continuare la vita nomade o fermarsi e affrontare i periodi infausti.

Ma "spostarsi" prima dell'avvento dell'automobile é stato sempre un problema legato alle necessità primarie e comunque anche dove non lo era, coprire discrete distanze significava grande sforzo, grande dispendio di energia e scomodità, quindi le occasioni in cui ciò veniva fatto erano ridotte al minimo, e considerate con attenzione. Oggi con l'auto possiamo andare a 10-50 Km da casa nostra, con una spesa di tempo relativamente bassa, nell'ordine delle decine di minuti se non c'é traffico, stando comondamente seduti come in poltrona, a fare le cose più inutili, come andare a prendere un gelato sul lungo lago.

Vi é quindi una sovrapposizione percettiva fra l'oggetto fisico e il suo uso simboilico, ....
... sapientemente pilotata da chi, come i Ford, aveva e ha ancora oggi l'interesse a mantenere l'automobile tra i "vizi" prioritari più desiderati del servo-glebale (una via di mezzo tra "uomo del mondo globale" e "servo della gleba", in una nuova distinzione delle classi sociali tra persone che esercitano di fatto un controllo sovrannazionale di tipo economico, politico e sociale, e persone che invece vivono la loro realtà ancora entro confini ridotti o ridottissimi).

Realtà come Emergency e CocaCola, opposte e per certi versi contrapposte, esercitano tramite gli individui che le rappresentano un potere sovrannazionale, e l'hanno ampiamente dimostrato. Mia nonna, che al massimo va al mercato e litiga per il prezzo del formaggio aumentato, vive nella sua micro-universo, sigillato dal mondo esterno, e non si sogna neppure di uscirne.

L'automobile. Questo lusso, questo strano marchingegno rimasto immutato, nella sostanza, da 150 anni. Cosa rappresenta oggi? Se io voglio spostarmi oggi, quale grado di libertà mi fornisce? Ne ho davvero bisogno? Ma soprattutto, qual é il contrappeso che non vedo mai, cioé quali sono i motivi per cui non dovrei usare l'automobile?

Il punto infatti non é tanto "cosa permette di fare l'auto", perché con tutta la pubblicità che subiamo è ridicolo doverlo ricordare, ma che una vera serie di ragioni per cui dovremmo considerare l'automobile come semplice mezzo di spostamento, renderndone il più parsimonioso possibile il suo uso, non esiste.

Quindi non c'é nemmeno un motivo per considerare necessario l'uso parsimonioso dell'automobile?

Forse non è così: prendiamo ad esempio la Ambrosia, una pianta erbacea e aromatica, simile alla ruta, il cui nome singnifica "nettare degli dei". Oggi é nel mirino dei servizi sanitari regionali (ad es. in Lombardia), e di fatto é considerata una vera calamità naturale. Il motivo é noto: la piantina é portatrice di problemi respitatori in primavera per via dei pollini rilasciati in aria. Ma cosa c'entra l'Ambrosia con le auto? Niente, se non fosse che la pianta ha milioni di anni mentre le allergie sono del nostro tempo, e in concentrazione maggiore dove ci sono più automobili in circolazione (tipo autostrade). Questo si sapeva da tempo, ma mancava la "pistola fumante". La nostizia e fresca: il problema sembra annidarsi nel grasso che ricopre i pollini, e che reagendo ai gas si scarico delle automobili produce un agente irritante, che a sua volta é la causa principale dei sintomi del raffreddore da fieno. Ma non é questa notizia ad essere strana, la stranezza é che a questo punto, invece di deviare o proibire le automobili, si rende illegale l'erbaccia.

E come se per difenderci da un veleno contenuto nel cioccolato e immesso nella catena produttiva per via di una erronea lettura degli ingredienti, dichiarassimo il cacao equivalente alla cocaina per cominciare una assurda caccia all'untore, con tanto di truppe militari spedite a bruciare i campi di cacao.

Quindi abbiamo la prima "ombra": alcuni degli effetti sanitari a breve termine derivanti dall'uso dell'auto. Ma di effetti a breve termine in realtà ce ne sono molti altri. I monossidi sono altri prodotti molto preoccupanti. Sono detti anche "gas incombusti", e sono prodotti in gran parte dalla enorme quantità di motori a benzina circolanti nel mondo. I monossidi causano gravi problemi di deficienza respiratoria, e per le persone più fragili, come i bambini o gli anziani, possono anche arrivare a provocare danni permanenti, al cervello e ad altri tessuti, senza per questo risparmiare le persone sane.

Un effetto sanitario a lungo termine é dato invece dalle micropolveri, o polveri sottili, meglio conosciute come pm10. Ma putroppo sono conosciute così solo perché gli strumenti non ci permettono di sapere nulla sulle pm 2.5 e le pm minori di 1, cioè quelle più pericolose. Nulla di grave: fortunatamente queste polveri rappresentano una cambiale in bianco per un tumore tra 10, o magari 20 anni, e c'è di sicuro il tempo per prepararsi.

Un altro effetto a medio termine dell'uso massificato dell'automobile è dovuto alla stanchezza nervosa. Il traffico é un elemento ormai costante nei nostri spostamenti in auto, con una media nello spostamento in città che oscilla sui 10Km/h. Ma anche senza traffico la necessità di attenzione (risposta percettiva allo stimolo) che richiede un'auto è molto alta. Abbastanza alta da rendere una idiozia la perseverante idea che "l'auto sia più comoda" sempre e comunque.

C'é poi una altro aspetto che riguarda proprio lo spostamento. Se impiego un certo numerno di minuti per andare da A a B, é necessariamente meglio che non se ne impiegassi il doppio o il triplo?

La domanda non é banale perché coinvolge un numero ampio di casistiche. In genere, se si impiega meno tempo, ne rimane di più da dedicare ad altre attività: ma cosa succede se il tempo trascorso nello spostamento rapido si trasforma a sua volta in una attività molto più intensa e snervante? Posso ancora considerare un vantaggio, in termini personali, il tempo che alla fine ho "risparmiato"?

Di certo diamo tutti per scontato che la comodità del viaggiare in automobile sia un vantaggio da non mettere nemmeno in discussione. Ma é davvero così? Io ad esempio per i piccoli tragitti, non superiori ai 2 Km, trovo sempre più comodo lo spostamento a piedi. Il problema dei parcheggi infatti mi fa spesso preferire, dove possibile, i mezzi pubblici o la bicicletta. Trovo semplicemente fantastico arrivare in un luogo e non dovermi preoccupare dell'automobile, nè essere condizionato dal traffico per il ritorno. I casi in cui la macchina é necessaria diventano così davvero minimi.

E poi ci sono le gomme, l'olio e le vernici, che sono tutti pesantissimi inquinogeni, e che non rappresentano solo un problema di salute rispetto all'automobile, ma anche un elemento importante all'interno della grande catena produttiva. Basti pensare ai solventi usati per gli smalti: avere l'auto lucida come una bella Ferrari non solo ha un costo ambientale inaccettabile, ma comporta un costo aggiuntivo per l'acquisto di tutti i prodotti più o meno abrasivi e tutti gli accessori necessari per una buona "cosmesi" dell'auto. Si pensi solo al numero di lavaggi necessario per mantenerla pulita. Dove va tutta l'acqua utilizzata? E lo "shampoo per le auto" come si comporta, una volta raggiunta la falda sottostante? Ci sono poi gli acidi delle batterie, e le plastiche usate per il cruscotto e per gli interni in genere. Per chi non sapesse cosa significa a livello di costo ambientale un cruscotto, suggerisco una ricerca nei pressi del porto di Marghera, dove é attualmente sito uno dei poli chimici più importanti di Italia e dove si scarica ogni sorta di inquinogeno mortale liberamente in mare, secondo una normativa, purtroppo ancora in vigore, che permette legalmente di farlo.

Non c'è quindi solo il petrolio, che oltre ad alimentare guerre e fame - in quanto bene esauribile - contribuisce pesantemente all'effetto serra (si parla addirittura di riciclo delle tecnologie OGM in culture destinate al mercato dei carburanti per sostituirlo), ma vi è una grossa fetta di inquinamento che non possiamo nemmeno addebitare alle cruda necessità di continuare a produrre auto, ma ad esigenze del tutto superflue di natura soprattutto estetica: un'auto bella e attraente é un auto che piace e che vende. Per produrla però bella e attraente si aumenta a dismisura l'effetto suicida collettivo: una tassa anticipata sulla salute dei nostri figli, e dei loro figli, per secoli a venire.

C'è poi l'aspetto della sicurezza. Quanti incidenti provoca l'uso dell'auto, mediamente, nel mondoi? Molti hanno paragonato questo mezzo a una bara con le ruote. In effetti la probabilità di subire un incidente e uscirne sani e salvi non é così alta, anche se di recente qualcosa in più si é fatto. Ma mentre in città la media oraria é più o meno quella di una bicicletta, sopra i 50 Km/h non c'é praticamente nulla che possa almeno garantirci la vita, in caso di incidente.

Parliamo allora di efficienza energetica. Cosa consuma l'auto? Veniamo addomesticati all'idea che un auto capace di fare 50 Km con un litro sia miracolosa. Ma in genere si guarda più a "quanto va", o in quanti secondi raggiunge i 100Km/h. In termini di efficienza media, un auto strepitosa non riesce a raggiungere il 20% della massa di energia totale coinvolta. Il resto se ne va in calore: più che una bara una stufa, quindi. Per fare un raffronto con una normale piantina da giardino: la sua efficienza media é oltre il 90%. Se l'auto dopo 150 anni di tecnologia si fosse anche solo avvicinata a simili performance (che sono lì di milioni di anni), avremmo auto capaci di percorrere 200 Km con un litro, non 50.

Il vero problema è che si insiste nel considerare un valore positivo quello, fausullo e fallimentare, dell'efficacia (maggiore velocità/scatto) rispetto a quello dell'efficienza vera e propria (maggiore risparmio energetico), come se fosse un merito trovare un modo ingegnoso per suicidarsi il più rapidamente possibile.

Ma non è finita: come conseguenza diretta dell'uso massificato dell'automobile c'è anche la cementificazione generalizzata dell'ambiente - strade, autostrade e parcheggi dovunque - affinchè tutti possano arrivare comodi nei posti più irraggiungibili, dove paradossalmente la natura sia "incontaminata", salvo appunto trovarci i resti del pic-nick della famiglia che ci ha preceduto.

A sua volta l'uso indiscriminato dell'auto toglie la necessità di dotare il territorio di efficienti strutture di pubblico trasporto, come il treno. A nessuno interessa avere un treno efficiente, ma siamo tutti abbastanza sensibili sul tema "autostrade sicure e possibilmente poco trafficate".

Si potrebbbe andare avanti ancora, ma si rischia di esser presi da un senso crescente di nausea, che impone un congedo, almeno temporaneo, dalla realtà...

Restiamo con questa immagine, colta da un televisore come dalla finestra di un appartamento o da un altro punto di osservazione che permetta di abbracciare con lo sguardo queste grandi masse di luci che si spostano, simili a una micidiale forza di invasione extraterrestre, in una guerra silente di anime perse dentro l'inferno, che opera con tutta la sua potenza distruttiva.

E pensare che c'é ancora chi si ostina a dire che per il futuro c'è speranza, che non bisogna essere cinici, nè catastrofisti, e mi viene da domandare: come si fa a rivelare alla grande massa, che procede inconsapevole verso la propria rovina, che nella catastrofe ormai ci sta nuotando già da tempo?

Giorgio Codazzi (Lamefarmer)

[Inizialmente l'articolo era uscito con la firma "Gianni Elvezia", da cui la confusione riscontrata nei commenti iniziali. La Redazione]




A chi riuscisse a trovarlo in videoteca, consigliamo il film "Week-end" di J.L. Godard




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