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  •  a_mensa
      a_mensa
cosa vorrei
#1
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 12/6/2009
Da roncello (mi)
Messaggi: 3180
Offline
Prima di entrare nel merito di quanto vorrei esprimere, faccio un distinzione di metodo.
Di modo di esprimersi, in particolare.
Se parlando di un qualcosa che si conosce, ed è concreto, visibile, tangibile, anche se difficile da accedere, ma conoscendo le persone giuste o entrando nei luoghi giusti, chiunque lo potrebbe verificare, l’uso del verbo “essere”, quando lo si descrive, è corretto perché non implica necessariamente un atto di fede, ma solo una ricerca del mezzo giusto per verificare di persona.
Quando si parla di una deduzione, un pensiero, una intuizione, ma anche di una previsione o di una “rivelazione” l’uso del verbo “essere” lo trovo estremamente scorretto, se non preceduto , ad esempio da un “secondo me ….”, perché pone l’interlocutore nella posizione inaccettabile di dover dimostrare eventualmente lui, che l’affermazione è falsa, senza averne i mezzi per farlo, anche teorici.
Un esempio di questa mala usanza è ad esempio la frase “il tuo pensiero è…..” .
Al che, o mi sono già espresso inequivocabilmente in merito, e allora diventa solo una constatazione, o al massimo un riassunto, ma se questa è solo una deduzione, pone me nella condizione di dover eventualmente dimostrare che io NON ho pensato una certa cosa.
Ora , se non già chiaramente espresso, un pensiero non si può dimostrare ne di averlo ne di non averlo, pertanto mette l’individuo in una posizione di difficoltà, e quindi tale modo di fare è politicamente scorretta.
Poi esistono altre affermazioni , altrettanto scorrette, atte ad acquistare credibilità, a buon mercato,ad esempio sostenere “ se io tiro un dado viene un 2”.
Si può avere il colpo di culo per cui venga davvero, ed allora chi ha fatto l’affermazione può apparire addirittura un mago, uno che prevede il futuro, oppure se non viene, dire semplicemente che in quel momento non c’è stata la giusta influenza astrale, lasciar passare qualche minuto , riprovare e sostenere la stessa cosa fino a che esca il famoso 2.
Oppure fare i collegamenti arbitrari ad esempio “se ti concentri abbastanza, puoi accendere quella luce con la forza del pensiero”, al che provo, la luce non si accende ed allora sostiene “ e …. per forza, non ti concentri abbastanza”.
Ecco ho fatto alcuni esempi di come si possa mettere l’antagonista di una discussione in difficoltà con metodi scorretti, anzi che dovrebbero far interrompere immediatamente il confronto come si interrompe un gioco quando si scopre che l’altro bara.
Quindi, su quanto non è potenzialmente verificabile dall’interlocutore, anteporre sempre un sano “io penso che ….” Oppure un “per me è …” che riportano l’affermazione ch esegue a livello di opinione e non di fatto.
Ed ora entro nel merito, e premetto che quanto esprimo è una mia opinione, e non voglio dargli alcuna veste ne di verità rivelata, ne tantomeno di verità oggettiva.
E parlo del diavolo.
Espressione del male assoluto, personificazione di quanto di negativo accade ed è anche solo pensabile.
Ottimo alibi per non assumersi le responsabilità di accadimenti negativi.
“in questa cosa , il diavolo ci ha messo lo zampino”, che tradotto in una forma corretta dovrebbe essere “scusate, ho sbagliato”, oppure “un diavoletto mi ha suggerito di fare così !” per cui dello sbaglio non sono responsabile io , ma il diavoletto, anche se poi non si dice per quale ragione avrei dovuto ascoltarlo.
Personificare la negatività è un modo per allontanare da se le proprie responsabilità.
Ma c’è di più. È anche un modo per disorientare e cercare di far accettare l’evento negativo senza predisporre alcuna correzione in merito, senza permettere di prevenirne il ripetersi.
Dico che è una spiegazione che non spiega, ma facendo perdere il collegamento tra fatto e attore
Impedisce qualsiasi ulteriore considerazione in merito.
Ma se questo è l’aspetto negativo, dall’altra parte c’è l’analogo positivo, atto ad acquisire credibilità e potere.
“sei caduto,ma come vedi non ti sei rotto niente, perché io ho chiamato gli angeli a proteggerti”. Una frase del genere, dopo vari tentativi di convincere una persona dei propri poteri, può essere definitivamente determinante nel fargli acquisire una credibilità e un potere enorme. È una somma di assurdità , ma dette ad una persona che, per il momento di difficoltà ha le difese abbassate, può essere determinante nello stabilire un rapporto di sudditanza.
Ecco, ognuno è libero di credere ciò che vuole, libero di dedicare la propria sudditanza a chi più gradisce, ma quando ci si confronta con altri, occhio a non confondere mai cosa è una “credenza” e cosa è invece una realtà.
Ed una ultima osservazione. Particolarmente negativi sono gli accostamenti impropri tra una verità riscontrabile e una non riscontrabile del tipo “questa cosa è vera come è vero che il sole scalda”, che stabilisce un collegamento arbitrario, e non evidente, tra la cosa riscontrabile e sicura ed un’altra altrettanto NON riscontrabile e NON sicura.
Sono tanti trucchi della comunicazione, che sono codificati, studiati, descritti su una montagna di libri,e sistematicamente ignorati dalla maggior parte delle persone.
Il secondo argomento riguarda la personificazione dell’idea.
Un esempio attuale è la polemica e le notizie “rivelate” sul gruppo Bildemberg.
A mio avviso, anche se un fulmine o una bomba lo disintegrasse,e disintegrasse anche la triade, e chi altro volete, nel breve periodo risorgerebbero come l’araba fenice.
E per la semplice ragione che non sono le persone, non è quanto di materiale s può osservare in merito, ma l’idea che sottintende ad esso.
In uno scambio l’ho definito l’assioma primario, quel “comandamento” dal quale discendono conseguentemente e con logica inconfutabile poi tutte le altre idee che giustificano gli atti.
Ecco che fino a che non ci si accorga quanto si ritenga giusto e corretto tale assioma, che invece ha conseguenze umanamente perverse, ogni tentativo di cambiare la struttura sarà frustrato.
Come alla lucertola accade che se perde la coda gli ricresce tale e quale, frutto di un DNA che prevede una coda fatta in quel modo,una alterazione del sistema viene annullata gradualmente ma efficacemente, basta lasciare il tempo necessario.
Tale assioma io l’ho identificato nel “la proprietà è sacra”, che ognuno di noi, leggendolo, non riesce a non essere d’accordo, e in questo si dimostra come ormai sia entrato quasi nel nostro DNA.
E qui voglio trattare, le mie convinzioni in una materia nella quale me ne vengono affibbiate di tutti i colori.
Se devo prendere un modello sociale ideale, io prendo quello della famiglia, operante d’altronde ancora in popolazioni non ancora troppo toccate dal dito della nostra cosi detta civiltà.
All’interno della famiglia non è necessario il denaro. La madre/moglie non viene pagata dagli altri membri per il preparare i pasti, accudire alla casa (almeno nella famiglia tradizionale), e tutti gli altri lavori chefà a vantaggio di quella comunità.
E così non viene ricompensato il padre, ecc… all’interno non vi è il “diritto” ma la collaborazione, ognuno sente il dovere di partecipare , per cosa riguarda le sue possibilità, al benessere collettivo, e se abbastanza adulto, senza doverglielo chiedere in modo specifico, perché ha interiorizzato l’esempio dei genitori.
E se un membro necessita di qualcosa , e gli altri , facendo le opportune valutazioni , glielo concedono, questo avviene a prescindere da quanto lui faccia per il gruppo, ma solo per la considerazione che lui fa parte del gruppo.
La ribellione a questo spirito di gruppo, che a volte accade, visto che l’adesione è libera tanto quanto globale e pervasiva, viene semplicemente attuata con l’uscita dal gruppo stesso.
La regola prima è che non deve esserci bisogno di regole, ma perché gli atti dei singoli già devono rispondere al maggiore vantaggio non del singolo, ma del gruppo.
La separazione mentale che opera il concetto di proprietà, ne definisce anche i limiti.
Se io ho la “mia” sedia, io sarò condizionato a sedermi sempre su quella, se io uso una sedia qualsiasi
tutte quelle disponibili potranno essere “mie” per il tempo per cui mi occorre una sedia.
La barriera che la proprietà eleva attorno alle proprietà dell’individuo, sono anche la sua prigione.
Anche fisicamente, basta osservare quante porte e finestre sono munite di inferriate. Non sembrano prigioni ? “ho chiuso gli altri fuori”, ma è l’altro aspetto del “mi sono chiuso dentro”.
La paura della scarsità di risorse, poi, esalta questa aberrazione. Paura, sovente causa lei stessa della scarsità.
Pensate alla corsa alle “scorte” fatte in funzione di panico da carenza. Sono la causa prima della scarsità delle risorse stesse, intercettate e accumulate da alcuni, e sovente nemmeno utilizzate, a danno degli altri.
Pensare ad una comunità in cui l’assioma primario non sia più dedicato alla proprietà, ma al massimo benessere della comunità, ad esempio,capovolgerebbe il paradigma che sovrintende al nostro modello attuale di società.
Immaginare un ricco affamato che vedendomi un panino in mano mi offre un miliardo per quel panino,ed immaginare la sua faccia quando io lo spezzassi e gliene offrissi la metà gratis, senza volere alcun compenso.
Quella sarebbe una cosa degna di essere vissuta e potrebbe valere una intera vita di sacrifici.
Ecco pertanto, descritto quanto sono distanti coloro che mi ritengono un difensore di un mucchio di cose che io semplicemente vorrei non ci fossero, ma visto che purtroppo ci sono, le studio, convinto che solo nella conoscenza sta la vera libertà di pensiero.
_________________
non vorrei mai appartenere ad un club che avesse me come socio.
Inviato il: 11/6/2010 18:16
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  •  temponauta
      temponauta
Re: cosa vorrei
#2
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 1/4/2010
Da
Messaggi: 2040
Offline
Citazione:

a_mensa ha scritto:

...cut

Ecco pertanto, descritto quanto sono distanti coloro che mi ritengono un difensore di un mucchio di cose che io semplicemente vorrei non ci fossero, ma visto che purtroppo ci sono, le studio, convinto che solo nella conoscenza sta la vera libertà di pensiero.




Come siamo diversi.
Per me è l'esatto opposto: ovvero che è solo nella libertà di pensiero che sta la vera conoscenza.
Per tutto il resto che hai detto non ho motivo di contraddirti, salvo aggiungere un elemento che se ritieni ti può essere utile: io, te e ogni essere umano viviamo nel più incredibile e sofisticato Truman Show che la mente possa immaginare.
Ogni esperienza va compresa in questo scenario, oltre che come IO soggettivo.
Inviato il: 11/6/2010 21:21
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