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  Civiltà Ebraica

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Re: Civiltà Ebraica
#241
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 9/2/2006
Da casa
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Haiti: attivista americano, soccorritori israeliani rubano organi a vittime terremoto

domenica 14 febbraio 2010 alle ore 19.17
PORT AU PRINCE - Mentre il mondo è sconvolto per la tragedia di Haiti ieri hanno fatto ghiacciare il sangue nelle vene le dichiarazioni di un attivista di pace americano che ha testimoniato al quotidiano israeliano Yediot Ahronot il fatto che gli israeliani a Haiti sono intenti al furto degli organi dai cadaveri della gente.

Secondo l’IRIB, l’attivista di pace americano T.West che ha parlato al quotidiano Yediot Ahronot via telefono ha ricordato che le forze di difesa israeliane presenti nell’isola rubano organi alle vittime del terremoto allo scopo di venderli e che lui vuole mettere in guardia la popolazione di Haiti sulla sottrazione a scopo vendita degli organi dei loro familiari. West ha dichiarato: "Io non odio Israele, e non sono un politico. Lavoro in organizzazioni no-profit, ma ho visto ciò che avete fatto in Sudafrica, e so che siete stati coinvolti nel furto di organi ai palestinesi”. È degno di nota che in passato molteplici denunce sono state rivolte ad Israele per il traffico di organi; a partire dal quotidiano svedese Aftonbladet per arrivare al docente universitario ucraino che aveva scoperto una rete che sotto la copertura di adozione, portava in Israele bambini dall’Europa dell’est che venivano usati come pezzi di ricambio negli ospedali israeliani. Il regime TelAviv ha ammesso ufficialmente che almeno in passato queste pratiche venivano attuate nei territori sotto la sua occupazione.

QUI
Inviato il: 26/4/2010 22:26
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  •  Fabyan
      Fabyan
Re: Civiltà Ebraica
#242
Mi sento vacillare
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Da nowhere
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Non sapendo dove postarla lo faccio qui:

da http://italian.irib.ir/index.php/commenti/12540-israele-maariv-accordo-segreto-washington-tel-aviv-per-costruzione-insediamenti-illegali

Palestina occupato: accordo segreto USA-Israele per insediamenti illegali

Mercoledì 28 Aprile 2010 11:27

L’apparente attrito tra l’amministrazione Obama e l’esecutivo estremista di Benjamin Netanyahu è solo una farsa per ingannare e tenere a bada l’opinione pubblica mondiale.

Questo è in parole povere quello che dice il quotidiano sionista Maariv e quello che si deduce dai fatti degli ultimi mesi. Il quotidiano Maariv, recentemente, ha scritto infatti che Obama e Netanyahu si sarebbero messi d’accordo segretamente per il proseguimento della costruzione degli insediamenti israeliani nelle terre palestinesi e a Gerusalemme Est. La notizia divulgata dal quotidiano appare verosimile dato che proprio in queste ore alla Casabianca è stato accolto il Ministro della Guerra di TelAviv Ehud Barak. In precedenza alcuni rappresentanti del governo statunitense avevano lasciato Israele a seguito dal rifiuto espresso da TelAviv a fermare le costruzioni illegali. Parte della stampa internazionale aveva pensato ad un attrito tra i due alleati ma ad indebolire questa tesi aveva pensato lo stesso Obama che dopo qualche settimana, nel giorno dell’anniversario della fondazione di Israele, aveva parlato di un legame indelebile tra l’America e Israele e aveva ribadito l’impegno del suo paese a sostenere Israele. Ora la visita di Barak negli Stati Uniti, che ricordiamo è il Ministro della Guerra, pone fine definitivamente a tutte le dicerie su presunti attriti tra Washington e TelAviv e dimostra che nemmeno Obama è stato serio nell’affrontare il problema della Palestina. Un problema che si aggrava sempre più, basta considerare la situazione odierna della popolazione palestinese. Un milione e mezzo di persone sono assediate e ridotte alla fame ed alla miseria a Gaza e altre centinaia di migliaia di persone nella Cisgiordania sono in attesa di essere circondate dal muro dell’Apartheid e vivono nella miseria e nella paura, a causa degli attacchi giornalieri dei militari israeliani. Gerusalemme ormai sta perdendo anche quelle briciole di popolazione autoctona che le rimangono e sta divenendo ormai una città completamente ebraica.
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Il giornalista è colui che distingue il vero dal falso... E pubblica il falso. (Mark Twain)
Inviato il: 28/4/2010 17:55
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      benitoche
Re: Civiltà Ebraica
#243
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 30/9/2006
Da
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Piazza Pulita – Memoria di un Popolo Oppresso che si Ostina a Resistere

“La cancellazione sistematica della memoria del popolo Palestinese fa parte della politica di pulizia etnica adottata dagli Israeliani” non è Al-Fatah a dirlo ma ILAN PAPPE un famoso storico Israeliano intervistato in questo documentario di Nandino Capovilla e Piero Fontana…

http://www.novamov.com/video/8gqxjjg53r65y
_________________
la religione è indispensabile
soltanto a un’umanità rescissa dal mondo divino-spirituale.
Inviato il: 30/4/2010 1:21
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  •  edo
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Re: Civiltà Ebraica
#244
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 9/2/2006
Da casa
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Il testo presentato è il discorso pronunciato dall’autore alla quinta conferenza internazionale di Bilin sulla resistenza popolare dei Palestinesi, tenutasi nel villaggio di Bilin, in Cisgiordania, il 21 aprile 2010.

Gli apologisti di Israele sono veramente preoccupati all’idea che Israele venga sottoposta a speciali esami critici e ad una sua messa in discussione.
Tuttavia, io desidero affermare che nella maggior parte dei dibattiti che riguardano Israele effettivamente si affronta l’argomento in modo estremamente leggero: che molte delle caratteristiche dell’organizzazione di governo di Israele verrebbero considerate eccezionali o straordinarie in qualsiasi altro Stato democratico.

Questo non è sorprendente in quanto, come argomenterò, Israele non è una democrazia liberale e tanto meno uno “Stato ebraico e democratico”, come affermano i suoi sostenitori. Israele è uno Stato a discriminazione razziale, non solo nei territori occupati della West Bank e di Gaza, ma anche all’interno dello stesso Israele.

Oggi, nei territori occupati, la natura di apartheid del regime israeliano è inconfutabile -- anche se questo viene poco menzionato dai politici dell’Occidente o dai media. Comunque, all’interno di Israele questa situazione passa largamente sotto silenzio e nascosta.
Ora, il mio obiettivo è di tentare di rimuovere il velo, almeno un poco.
Dico “almeno un poco” in quanto avrei bisogno di ben più tempo di quello assegnatomi per fare giustizia su questo tema.
Esistono, per esempio, più di 30 leggi che in modo esplicito impongono discriminazioni tra Ebrei e non-Ebrei – una diversa modalità di rapportarsi dello Stato con un quinto della popolazione di Israele, costituito da Palestinesi che dovrebbero godere in apparenza della completa cittadinanza. Inoltre, ci sono molte altre leggi e pratiche amministrative israeliane che producono conseguenze di segregazione su base etnica, anche se questa discriminazione non si manifesta direttamente.
Allora, invece di cercare di scorrere in modo frettoloso tutti questi aspetti dell’apartheid israeliana, voglio concentrarmi su pochi aspetti rivelatori, su questioni che ho registrato di recente.

Primo, esaminiamo la natura dei diritti di cittadinanza in Israele.
Qualche settimana fa ho incontrato Uzi Ornan, un signore di 86 anni, professore all’università Technion, Istituto Israeliano di Tecnologia ad Haifa, che possiede una delle poche carte di identità in Israele che attestano una nazionalità di “Israelita”. Per molti altri Israeliani le loro carte e i loro documenti personali attestano la loro nazionalità come “Ebreo” o “Arabo”.
Per gli immigrati la cui ebraicità è accettata dallo Stato, ma messa in discussione dalle autorità rabbiniche, sono state approvate qualcosa come altre 130 classificazioni di nazionalità, principalmente in relazione alla religione personale o al paese di origine. La sola nazionalità che non troverete sulla lista è “Israeliano”.

Questo è il motivo preciso per cui il prof. Ornan con altre due dozzine di persone hanno portato la questione davanti ai tribunali: costoro desiderano essere registrati come “Israeliano”. La loro è una battaglia di vasta portata e di molte implicazioni – e per questa sola ragione hanno la certezza di perdere. Perché? È in gioco molto più di una etichettatura etnica o nazionale.
Israele esclude la nazionalità di “Israeliano” per assicurarsi, a realizzazione avvenuta della sua auto-definizione come “Stato ebraico”, di essere in grado di assegnare diritti di una superiore cittadinanza alla “nazione” collettiva di Ebrei sparsi in tutto il mondo, piuttosto che al complesso dei cittadini effettivamente presenti nel suo territorio, che include molti Palestinesi.
In pratica, Israele fa questo per creare due classi principali di cittadinanza: una cittadinanza ebraica per “i cittadini ebrei” e una cittadinanza araba per “i cittadini arabi”.
Entrambe le cittadinanze sono frutto dell’invenzione di Israele e fuori di Israele non hanno alcun significato.

Questa differenziazione di cittadinanza viene riconosciuta dal diritto israeliano: la Legge del Ritorno, per gli Ebrei, rende l’immigrazione praticamente automatica per qualsiasi Ebreo del mondo che desidera insediarsi in Israele; e la Legge di Cittadinanza, per i non-Ebrei, determina su una base completamente separata i diritti di cittadinanza per la minoranza palestinese del paese.
Ancora più importante, quest’ultima legge abolisce il diritto dei parenti dei cittadini palestinesi, che erano stati espulsi con la forza nel 1948, di ritornare alle loro case e alla loro terra.
In altri termini, in Israele esistono due sistemi legali di cittadinanza, che impongono differenziazioni fra i diritti dei cittadini, che si fondano su chi fra loro è Ebreo o Palestinese.
In buona sostanza, questo corrisponde alla definizione di apartheid, come enunciata dalle Nazioni Unite nel 1973: “Qualsiasi provvedimento legislativo e altre misure deliberati per impedire ad un gruppo o a gruppi razziali la partecipazione alla vita politica, sociale, economica e culturale di un paese e la deliberata creazione di condizioni per ostacolare il pieno sviluppo di un gruppo e di altri gruppi.”

La clausola include i seguenti diritti: “il diritto a vivere e a ritornare nel proprio paese, il diritto alla nazionalità, il diritto alla libertà di movimento e di residenza, il diritto alla libertà di opinione ed espressione.”
Questa separazione di cittadinanza è assolutamente essenziale al consolidamento di Israele come Stato ebraico. Fossero tutti i cittadini ad essere definiti uniformemente Israeliani, se esistesse solo un’unica legge concernente i diritti di cittadinanza, allora ne deriverebbero conseguenze veramente drammatiche.

La conseguenza più significativa potrebbe essere che la Legge del Ritorno potrebbe cessare di essere applicata agli Ebrei o essere applicata allo stesso modo ai cittadini palestinesi, consentendo a costoro di riportare in Israele i loro parenti esiliati – il molto temuto Diritto al Ritorno.
In un periodo più o meno lungo, la maggioranza ebraica di Israele potrebbe essere erosa e Israele potrebbe diventare uno stato bi-nazionale, probabilmente a maggioranza palestinese.
Vi potrebbero essere alcune altre conseguenze prevedibili derivate da una paritaria cittadinanza. Ad esempio, potrebbero i coloni ebrei essere in grado di conservare il loro status privilegiato nella West Bank, se i Palestinesi di Jenin o di Hebron avessero parenti all’interno di Israele con gli stessi diritti degli Ebrei? Potrebbe l’esercito di Israele continuare ad esercitare le sue funzioni di esercito di occupazione in uno stato propriamente democratico? E potrebbero i tribunali, in uno stato di cittadini con pari diritti, continuare a girare lo sguardo da un’altra parte per non vedere le brutalità dell’occupazione? In ogni caso, sembra estremamente improbabile che lo status quo potrebbe essere conservato.

In altre parole, l’intero edificio delle norme israeliane di apartheid all’interno di Israele supporta e mantiene il castello delle norme discriminatorie all’interno dei territori occupati. Essi si sostengono a vicenda o cadono insieme.

Poi, prendiamo in esame la questione del controllo della terra.
Il mese scorso ho conosciuto una coppia di Ebrei israeliani eccezionale, gli Zakai. La loro eccezionalità consiste soprattutto nel fatto che hanno sviluppato una profonda amicizia con una coppia di Palestinesi abitanti in Israele. Sebbene io abbia documentato per tanti anni la situazione israelo-palestinese, non mi ricordo di essermi mai imbattuto in un Ebreo israeliano che avesse un amico palestinese sull’esempio di questi Zakai.

Vero, ci sono molti Ebrei israeliani che rivendicano un amico “arabo” o “palestinese”, nel senso che loro scherzano con un tipo di cui frequentano la rivendita di hummus (ceci o una salsa a base di ceci, insaporita con olio, aglio, limone, paprika e tahina, la pasta di semi di sesamo tostati) o che ripara la loro auto. Vi sono anche Ebrei israeliani – e questi costituiscono un gruppo estremamente importante – che si confrontano con i Palestinesi in battaglie politiche, come sta avvenendo qui a Bilin o a Sheikh Jarrah a Gerusalemme. In questi posti, Israeliani e Palestinesi, contro ogni previsione, si sono impegnati per instaurare una genuina amicizia, essenziale se si vuole sconfiggere il sistema di apartheid di Israele.
Ma la relazione che intercorre fra gli Zakai e i loro amici Beduini, i Tarabin, non è quel tipo di amicizia. La loro amicizia non si è modellata, o concretata, su una lotta politica, a sua volta incorniciata dall’occupazione israeliana; non si tratta di un’amicizia interessata; non ha obiettivi che vadano più in là di questa loro amicizia. Si tratta di un’amicizia – o almeno questo è sembrato a me – fra uguali in modo sincero. Un’amicizia di completa intimità.
Quando ho fatto visita agli Zakai, subito ho riscontrato quale incredibile ed insolito punto di vista sia presente in Israele.

La ragione della profonda separazione culturale ed emozionale fra il mondo ebraico e quello palestinese non è difficile da scandagliare: gli Ebrei e i Palestinesi vivono in mondi fisici completamente separati. Loro vivono separatamente in comunità segregate, separate non per scelta ma da leggi e procedure legalmente imposte. Anche in quel pugno di centri abitati cosiddetti “misti”, Ebrei e Palestinesi di solito vivono separati, in distinti e chiaramente delimitati quartieri residenziali.
E quindi non c’é da essere sorpresi se la vera questione che mi ha condotto dagli Zakai era se un cittadino palestinese avesse titoli per vivere in una comunità ebraica.
Gli Zakai volevano affittare ai loro amici, i Tarabin, la loro casa nel villaggio agricolo di Nevatim nel Negev – attualmente una comunità esclusivamente ebraica. I Tarabin avevano un serio problema abitativo nella loro comunità beduina confinante.
Ma quello che gli Zakai immediatamente scoprivano era che esistevano oppressivi ostacoli sociali e legali a che i Palestinesi uscissero dai ghetti in cui si presumeva dovessero vivere. Non solo la municipalità eletta di Nevatim opponeva decisamente il suo rifiuto all’ingresso di una famiglia beduina nella loro comunità, ma a questo si opponevano anche i tribunali israeliani.
Nevatim non è un caso eccezionale. Esistono più di 700 comunità rurali di questo tipo – specialmente kibbutzim e moshavim – che escludono che i non-Ebrei possano vivere al loro interno. Questi Ebrei controllano la maggior parte del territorio abitabile di Israele, quindi territorio che apparteneva ai Palestinesi: o profughi della guerra del 1948, o cittadini palestinesi che hanno viste le loro terre confiscate da leggi speciali.

Oggi, dopo queste confische, almeno il 93% del territorio di Israele è nazionalizzato -- vale a dire, è tenuto in custodia non per i cittadini di Israele ma per gli Ebrei di tutto il mondo. (Qui, ancora una volta, dobbiamo sottolineare una di quelle importanti conseguenze della cittadinanza differenziata che abbiamo appena esaminato.)
L’accesso alla maggior parte di questa terra nazionalizzata è diretto da commissioni di controllo, sovrinteso da organizzazioni sioniste para-governative ma completamente indipendenti come l’Agenzia Ebraica e il Fondo Nazionale Ebraico.
La loro funzione è quella di assicurare che l’accesso a tali comunità rimanga vietato ai cittadini palestinesi, così come gli Zakai e i Tarabin hanno potuto riscontrare nel caso di Nevatim.
I funzionari di Nevatim hanno sostenuto con forza che la famiglia palestinese non aveva diritto nemmeno di prendere in affitto, lasciamo perdere di comprare, una proprietà in una “comunità ebraica”. Effettivamente, questa posizione è stata sorretta dall’Alta Corte di Israele, che ha deliberato che la famiglia doveva adeguarsi al verdetto della commissione di controllo, il cui vero scopo era quello di escluderla!
Ancora, la Convenzione ONU del 1973 sul “crimine di apartheid” è istruttiva: l’apartheid include provvedimenti “atti a dividere la popolazione entro linee di demarcazione razziale attraverso la creazione di riserve separate e di ghetti per i membri di un gruppo o gruppi razziali…[e] l’espropriazione delle proprietà fondiarie appartenenti a un gruppo o gruppi razziali o a membri degli stessi.”

Se i cittadini ebrei e palestinesi sono stati tenuti separati, come effettivamente è avvenuto – e un sistema educativo differenziato e pesanti limitazioni a matrimoni interconfessionali hanno rinforzato questa segregazione fisica e le differenze di sensibilità e di modi di pensare – come hanno potuto gli Zakai e i Tarabin stringere una così stretta amicizia?
Il loro caso è un interessante esempio di fortuna strepitosa, come ho scoperto quando li ho incontrati.

Weisman Zakai è figlio di genitori ebrei iracheni che sono emigrati in Israele nei primi anni di questo Stato. Allora, lui e Ahmed Tarabin si sono conosciuti da ragazzi negli anni sessanta, frequentando i mercati della povera città di Beersheva, lontana dal centro del Paese. Entrambi riscontrarono che quello che avevano in comune vinceva le divisioni apparenti che si sarebbe supposto li dovessero tenere separati e timorosi l’uno dell’altro. Entrambi parlavano la lingua araba in modo fluente, entrambi erano esclusi dalla società ebraica, in prevalenza ashkenazita, (Gli ebrei ashkenaziti popolarono le aree orientali europee e la Russia: parlavano (e parlano) yiddish, una lingua costituita da una fusione fra il tedesco e l’ebraico antico del Talmud.) ed entrambi condividevano la passione per le automobili.
Nel loro caso, il sistema di apartheid israeliano ha fallito nel suo intento di tenerli fisicamente e sentimentalmente separati, ha fallito nel renderli timorosi, e perfino ostili, uno contro l’altro.
Però, come gli Zakai hanno imparato a loro spese, rifiutandosi di vivere secondo le norme del sistema di apartheid imposto da Israele, questo sistema li ha respinti ed isolati. Agli Zakai è stata vietata la possibilità di affittare ai loro amici ed ora vivono relegati come paria nella comunità di Nevatim.

Per ultimo, consideriamo il concetto di “sicurezza” all’interno di Israele.
Come abbiamo visto, la natura di apartheid delle relazioni fra cittadini ebrei e palestinesi è tenuta in ombra nelle sfere legali, sociali e politiche. Non rispecchia la “meschina apartheid” che era caratteristica del marchio infamante del Sud Africa: gabinetti pubblici, panchine e autobus separati. Comunque, in un caso, questa meschina modalità discriminatoria appare in tutta la sua evidenza – e si verifica quando Ebrei e Palestinesi entrano ed escono dal Paese attraverso i passaggi di confine e attraverso l’aeroporto internazionale “Ben Gurion”. Qui la maschera viene rimossa e il differente status di cittadinanza goduto da Ebrei e Palestinesi viene completamente alla luce.

Questa lezione è stata appresa da due fratelli palestinesi di mezza età, che ho intervistato questo mese. Residenti di un villaggio vicino a Nazareth, sono stati per molto tempo sostenitori del Partito Laburista ed orgogliosamente mi hanno mostrato una foto sbiadita di loro che avevano organizzato un incontro conviviale in favore di Yitzhak Rabin all’inizio degli anni novanta.
Ma, durante il nostro incontro si sono dimostrati arrabbiati ed amareggiati, giurando che non avevano mai più votato per un partito sionista.
Il loro amaro risveglio era avvenuto tre anni fa, quando si erano recati in viaggio d’affari verso gli Stati Uniti con un gruppo di agenti assicurativi ebrei. Per il volo di ritorno, erano arrivati all’aeroporto John Fitzgerald Kennedy (JFK) di New York e qui riscontravano che i loro colleghi ebrei passavano in pochi minuti attraverso i posti di controllo di sicurezza della compagnia aerea israeliana El Al. Intanto, loro dovevano passare due ore per essere interrogati e per vedere i loro bagagli minuziosamente ispezionati.

Quando finalmente ricevevano il permesso di passare, veniva loro assegnata un’agente di custodia il cui compito era quello di tenerli sotto continua sorveglianza – davanti a centinaia di altri passeggeri – finché si imbarcavano sull’aeroplano. Quando uno dei due fratelli si era recato in bagno senza prima ricevere il permesso, la guardia lo reguardiva in pubblico e il comandante della sicurezza minacciava di impedirgli di salire sull’aereo se prima non porgeva le sue scuse.
Finalmente, questo mese il tribunale accordava ai fratelli 8.000 dollari di indennizzo per quello che definiva come un trattamento nei loro confronti “offensivo e non necessario”.
Due particolari su questo caso devono essere sottolineati.

Il primo è che la squadra di sicurezza della El Al ha ammesso in tribunale che entrambi i fratelli non costituivano un rischio per la sicurezza di nessun tipo. La sola motivazione per lo speciale trattamento riservato ai due fratelli era la loro appartenenza nazionale ed etnica. Si trattava di un caso trasparente di un disegno razziale.
Il secondo particolare da tenere presente è che la loro esperienza non è nulla di straordinario rispetto a quello che capita ordinariamente ai cittadini palestinesi che viaggiano da e verso Israele. Incidenti simili, e ben peggiori, avvengono ogni giorno durante procedure di sicurezza di questa natura.
L’eccezionale in questo caso è stato che i fratelli hanno intentato contro la El Al un’azione legale costosa e che ha richiesto molto tempo.

Hanno fatto così, io presumo, perché si sono sentiti tanto malamente traditi. Avevano fatto l’errore di prestar fede alla propaganda (hasbara) dei politici israeliani di tutti i partiti, che dichiaravano che i cittadini palestinesi potevano godere dello status di parità con i cittadini ebrei, quando si fossero mostrati fedeli allo Stato. I fratelli avevano supposto che diventando Sionisti sarebbero divenuti cittadini di prima classe. Arrivando a questa conclusione, non avevano compreso la realtà discriminatoria insita in uno Stato ebraico.
Al punto di controllo sicurezza all’aeroporto, il più colto, rispettabile e ricco cittadino palestinese sarà sempre trattato peggio del più screditato cittadino ebreo o di un Ebreo che abbraccia posizioni estremiste o perfino di un cittadino ebreo con un curriculum vitae da criminale.
Il sistema di apartheid di Israele è quello di conservare i privilegi agli Ebrei in uno Stato ebraico.
E nel momento in cui questo privilegio è sentito visceralmente essere più vulnerabile dalla normalità degli Ebrei, nell’esperienza di vita e di morte del volare a migliaia di piedi sopra la terra, i cittadini palestinesi devono mostrare la loro condizione di estranei, di nemici, chiunque essi siano e qualsiasi cosa abbiano, o non abbiano, fatto.

Le norme di apartheid, così come ho dimostrato, si applicano ai Palestinesi all’interno di Israele e nei territori occupati.
Ma la discriminazione nei territori è peggiore di quella esercitata all’interno di Israele? Dovremmo preoccuparci di più per una “grande” apartheid nella West Bank e a Gaza rispetto ad una più fievole apartheid all’interno di Israele? Un tale argomento dimostrerebbe da parte nostra una pericolosa idea sbagliata rispetto alla indivisibile essenza dell’apartheid israeliana nei confronti dei Palestinesi e rispetto ai suoi obiettivi.
Sicuramente, corrisponde al vero che l’apartheid nei territori è molto più aggressiva che all’interno di Israele. Vi sono due ragioni per questo. La prima è che l’apartheid sotto occupazione è sovrintesa in modo molto meno stretto dai tribunali civili israeliani rispetto a quello che avviene all’interno di Israele. Per dirla senza tanti giri di parole, qui in Cisgiordania è possibile farla franca più facilmente.

La seconda ragione, e più significativa, tuttavia, resta nel fatto che il sistema di apartheid di Israele nei territori occupati è costretto ad essere più aggressivo e crudele – e questo perché qui la battaglia non è ancora vinta. L’aggressione della potenza occupante per portarvi via le vostre risorse – la vostra terra, l’acqua e il lavoro – è in fase di sviluppo, ma il risultato finale si deve ancora decidere. Israele deve affrontare nel tempo considerevoli pressioni e una legittimazione internazionale che sta dissolvendosi, quanto più opera per sottrarvi i vostri beni. Ogni giorno che voi resistete rende questo suo impegno un poco più arduo.

Per contrasto, in Israele, le norme di apartheid sono fortificate – la sua vittoria è stata conseguita da decenni. I cittadini palestinesi possiedono una cittadinanza di terza o quarta classe; dagli Ebrei gli è stata sottratta quasi tutta la loro terra; gli Ebrei hanno permesso loro di vivere solamente in ghetti; il sistema educativo dei Palestinesi viene controllato dai servizi di sicurezza; i Palestinesi possono compiere solo pochi lavori che questi Ebrei non vogliono fare; i Palestinesi possono votare, ma non possono partecipare al governo o ottenere un qualsiasi cambio di politica; e via così.
Senza dubbio, purtroppo dovete affrontare un destino analogo. L’apartheid mascherata che i Palestinesi devono affrontare all’interno di Israele è la fotocopia di un tipo di apartheid mascherata – ma più legittimata – di quella progettata per i Palestinesi nei territori occupati, almeno per quelli a cui è concesso di rimanere nei loro Bantustan. E per questa vera ragione, rendere visibile e sconfiggere l’apartheid all’interno di Israele è vitale per il successo della resistenza alle dicriminazioni che qui hanno messo radici.
Questo è il motivo per cui dobbiamo lottare contro l’apartheid di Israele dovunque venga imposta – a Jaffa o a Gerusalemme, a Nazareth o a Nablus, a Beersheva o a Bilin. È la sola lotta che può portare giustizia ai Palestinesi.

Jonathan Cook*
Fonte: www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/cook04262010.html
26.04.2010

(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)


*Jonathan Cook è uno scrittore e giornalista residente a Nazareth, Israele.
I suoi ultimi libri sono “Israel and the Clash of Civilisations: Iraq, Iran and the Plan to Remake the Middle East – Israele e lo scontro di civiltà: Iraq, Iran e il Piano per la risistemazione del Medio Oriente ” (Pluto Press) e “Disappearing Palestine: Israel's Experiments in Human Despair - La Palestina scomparsa: esperimenti israeliani di disperazione umana” (Zed Books). Il suo sito web a: www.jkcook.net.


"I provvedimenti israeliani ricordano le leggi in vigore sotto l'apartheid in Sudafrica"

Un documento del governo sudafricano sull’Ordinanza Militare n.1650 israeliana

Il governo del Sudafrica ha preso atto, con massima preoccupazione, dell’Ordinanza Militare israeliana n. 1650, dal titolo “Prevenzione delle infiltrazioni”, che è entrata in vigore il 13 aprile 2010. Questa ordinanza aggrava ulteriormente la già fragile situazione in Palestina.
Sembrerebbe che con l’Ordinanza Militare, l’espulsione e il procedimento penale contro certe categorie di Palestinesi venga messa sotto la giurisdizione esclusiva dei tribunali militari israeliani. La nuova Ordinanza definisce come infiltrato chiunque entra illegalmente in Cisgiordania, così come “persone che sono presenti nella zona e non sono in possesso di un permesso legale”.

L’Ordinanza è poco chiara per quanto riguarda i permessi di cui sopra, se sono quelli attualmente in vigore, o se fa riferimento anche a nuove autorizzazioni che i comandanti militari potranno rilasciare in futuro. Non sono chiare neppure le disposizioni sullo status di portatori di certificati di residenza in Cisgiordania, e l’Ordinanza sembra ignorare l’esistenza dell’Autorità palestinese e gli accordi firmati da Israele con l’ANP e l’OLP.
Secondo le disposizioni, “una persona si presume un infiltrato se è presente nell’area senza documento o permesso che attesti la sua presenza legittima nell’area e senza giustificazione ragionevole”. Tale documentazione, recita l’Ordinanza, deve essere “rilasciata dal comandante delle forze armate IDF in Giudea e Samaria o chi agisce per suo conto”.
Il Sud Africa vede le disposizioni di qui sopra e l’Ordinanza Militare come gravi violazioni dei diritti umani, che ricordano le leggi in vigore sotto l’Apartheid in Sud Africa. A seguito della sua storia, il Sud Africa è particolarmente sensibile alla violazione dei diritti umani conseguente all’obbligazione di permessi e, nel caso in cui il “permesso” fosse giudicato non valido, alle punizioni unilaterali che possono essere esercitate su un individuo dallo Stato, senza la possibilità di ricorso ad un tribunale indipendente.

Questa situazione è inaccettabile in quanto rafforzerà ulteriormente l’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Il Sud Africa prende atto dei timori sollevati dal Presidente Abu Mazen e la Lega araba, che chiedono a Israele la revoca della presente Ordinanza, e aggiunge la sua voce alla crescente condanna internazionale delle azioni di Israele contro la Palestina.
Il Sud Africa, pertanto chiede, con la massima fermezza possibile, a Israele di creare un ambiente favorevole ai negoziati e non un ambiente che intensifica la diffidenza tra Israeliani e Palestinesi e di onorare gli impegni sottoscritti negli Accordi di Pace di Oslo.
Rilasciato dal Dipartimento di Relazioni Internazionali e Cooperazione
21 aprile 2010
Inviato il: 4/5/2010 19:15
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Re: Civiltà Ebraica
#245
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Approvata la legge che finanzia il Cdec

(Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea)

Presentata da Alessandro Ruben,

fornisce un contributo annuo di 300 mila euro da Shalom.it - Aprile 2010

http://www.shalom.it/index.php?option=com_content&task=view&id=885&Itemid=9



Dopo un rapido esame e conseguente approvazione presso la commissione cultura della camera, lo scorso ottobre il senato ha approvato - convertendolo in legge con il nome di ‘legge ruben’ - il decreto legislativo 1733 "concessione di un contributo in favore della fondazione centro di documentazione ebraica contemporanea, organizzazione non lucrativa di utilità sociale". con l’approvazione di questo decreto – presentato su iniziativa del deputato del Pdl alessandro ruben (primo firmatario) e dai deputati, fiano, bertolini, boniver, carlucci, di biagio, fallica, fontana, lainati, levi, nirenstein, Pagano, Picchi, rossomando, sbai e tocci – viene riconosciuto al cdec un finanziamento annuo di 300 mila euro al fine di sostenerne le attività. tale importante finanziamento è stato assegnato, in uno spirito bipartisan dall’intero Parlamento, riconoscendo al cdec un valore culturale, educativo e di ricerca storico-documetaristica di alta rilevanza sociale.

.........(...vai alla pagina e leggi tutto...).........



COME CREARE I PRESUPPOSTI PER INTRODURRE LEGGI LIBERTICIDE E SILENZIARE VOCI SCOMODE IN PREVISIONE DELLE NUOVE GUERRE GIA' MINACCIATE

(mentre il furto della Terra Santa e il genocidio del suo popolo autoctono sono in corso d'opera nell'indifferenza quasi totale)

israel-lobby al Parlamento italiano vUOLE far chiudere i siti CRITICI VERSO Israele.

Anche IL NOSTRO Terrasantalibera.org

citatO a sproposito in Commissione

(vedi testo)

QUESTO E' UN CHIARO ATTACCO ALLA LIBERTA' D'ESPRESSIONE E DI INFORMAZIONE, NONCHE' UN TENTATIVO DI CENSURA DI VERITA' SCOMODE.

(Redazionale del 3 maggio 2010)

Alle Commissioni Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni e Affari esteri e comunitari della Camera in nome della libertà, la richiesta di censura, bavaglio, oscuramento per quei siti on line che osano criticare Israele o il giudaismo. Con la scusa dell'antisemitismo si cercano strade per negare a livello internazionale il diritto di parola, di pensiero, di critica, se essi sono a discapito di Israele e della israel-lobby che sostiene i crimini sionisti in Terra Santa e nel mondo.

Potete ascoltare le audizioni (in formato mp3) degli esperti, PdL e PD, Fiamma Nirenstein, Stefano Gatti, Renato Farina, Andrè Oboler, Paolo Corsini, Francesco Tempestini, Enrico Pianetta, in materia di monitoraggio on-line del fenomeno "antisemitismo".

Per tutti costoro, ovviamente, i crimini commessi ai danni del popolo arabo-palestinese (di origini sicuramente semite, mentre dubbie sono quelle dei coloni nei Teritori Occupati) in Terra Santa non sono "antisemitismo". Per questi inquisitori oscurantisti è lecito criticare, ridicolizzare, coprire di fango, insultare qualsiasi religione e qualsiasi nazione, ma non Israele e il giudeo-sionismo antisemita, questo sì, che ne è la causa fondante.

(Redazionale del 3 maggio 2010) ...........(...vai alla pagina...).........

http://www.terrasantalibera.org/
Inviato il: 5/5/2010 7:44
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Re: Civiltà Ebraica
#246
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venerdì 7 maggio 2010
Se vince Fiamma Nirenstein rischia anche Fazi Editore
C’è un riferimento che mi ha colpito, nel corrivo, mendace e diffamatorio articolo Odio, insulti, falsità L’orrore antisemita dilaga su Internet, di Stefania Consenti[1]: l’inclusione dell’Agenzia Infopal[2] nella lista di proscrizione del CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea) per aver usato l'espressione "pulizia etnica sionista".

Tutto ciò dovrebbe suonare da campanello d’allarme non solo per gli autori dei siti e dei blog direttamente presi di mira in questi giorni dalla Israel lobby italiota ma anche per settori non irrilevanti dell’editoria e della carta stampata finora soltanto sfiorati dai marchi d’infamia: penso innanzitutto a un libro intitolato appunto LA PULIZIA ETNICA DELLA PALESTINA[3], scritto da uno studioso ormai celebre come Ilan Pappe, definito da Mario Vargas Llosa[4] «il più anticonformista degli israeliani, che conduce una battaglia radicale contro l’establishment politico e accademico di Israele». Penso a un autore come Giulietto Chiesa, autore anch’esso definito “antisemita” da Fiamma Frankestein[5] ma ancora non colpito da liste di proscrizione.

Penso ad un editore come Fazi, che ha pubblicato sia Pappe che Chiesa: finirebbe nel mirino anche lui, se fanno fuori Infopal. Ci pensavo giorni fa, quando ho ritirato in libreria GLI INTELLETTUALI E LA CIA – La strategia della guerra fredda culturale, di Frances Stonor Saunders, libro uscito nel 2004 appunto presso Fazi e la cui lettura si annuncia di grande interesse. Leggendo i titoli della collana di cui tale libro fa parte – quella dei «Tascabili Saggi» - si trovano testi importanti come quelli di David Ray Griffin (11 Settembre. Cosa c’è di vero nelle “teorie del complotto”), di Naafez Mossadeq Ahmed (Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi occidentali e della Commissione “indipendente” USA sull’11 settembre e su Al Qaeda), di Gore Vidal (Trilogia dell’impero. La fine della libertà. Le menzogne dell’impero e altri tristi verità. Democrazia tradita).

Tutti libri catalogabili, secondo Fiamma Frankestein, come “opinioni complottiste antisraeliane e antiamericane”[6].

Libri che finirebbero a loro volta sotto scacco, una volta sgombrato il campo dai siti e dai blog sgraditi. Perché a quel punto termini come “antisemita” e “negazionista” andrebbero a sanzionare non solo il revisionismo dell’Olocausto ma anche quello dell’11 Settembre e, più in generale, ogni opera giudicata come “antiamericana”. Il tentativo non è nuovo[7], ma se nei prossimi mesi dovesse prevalere in Parlamento la logica delle liste di proscrizione assumerebbe subito il profilo inconfondibile della Polizia del Pensiero.
[1] http://quotidianonet.ilsole24ore.com/cronaca/2010/05/04/326879-odio_insulti_falsita.shtml
[2] http://www.infopal.it/
[3] Ilan Pappe, LA PULIZIA ETNICA DELLA PALESTINA, Fazi Editore, Roma, 2008
[4] Sul frontespizio dell’edizione italiana del libro.
[5] http://www.fiammanirenstein.com/articoli.asp?Id=1903&Categoria=6
[6] Ibidem.
[7] http://archiviostorico.corriere.it/2007/luglio/09/Cliccando_cliccando_prepara_happening_dei_co_9_070709080.shtml
Pubblicato da Andrea Carancini a 07.27

http://andreacarancini.blogspot.com/2010/05/se-vince-fiamma-nirenstein-rischia.html
Inviato il: 8/5/2010 0:57
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Re: Civiltà Ebraica
#247
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#248
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Re: Civiltà Ebraica
#249
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Re: Civiltà Ebraica
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Re: Civiltà Ebraica
#251
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NEW YORK - Noam Chomsky, l'intellettuale ebreo americano noto per le sue posizioni radicali, ha definito oggi come degno di "un Paese stalinista" il provvedimento con cui ieri le autorità israeliane lo hanno respinto all'aeroporto di Tel Aviv mentre era diretto in Cisgiordania, dove avrebbe dovuto tenere oggi una conferenza all'università palestinese di Bir Zeit, presso Ramallah.

Secondo Chomsky, che ha 82 anni ed è stato costretto a ripartire per gli Usa con la figlia e altre tre persone che lo accompagnavano, i funzionari israeliani gli hanno negato l'ingresso quando hanno capito che era diretto nei Territori palestinesi e che la sua conferenza non si sarebbe svolta - come inizialmente ritenevano - all'università di Tel Aviv. "Negare l'ingresso a qualcuno perché deve tenere una lezione a Ramallah e non a Tel Aviv è qualcosa che può accadere, forse, solo in un Paese stalinista", ha commentato Chomsky citato oggi da Haaretz.

Il ministero dell'Interno ha giustificato l'accaduto come un malinteso, sostenendo che i propri funzionari avrebbero in realtà spiegato di poter autorizzare solo l'ingresso in Israele e non quello in Cisgiordania, per il quale serve un'autorizzazione dell'autorità militare israeliana.Autorizzazione che non sarebbero stati in grado di reperire in quel momento. La spiegazione, tuttavia, non convince affatto Boan Okon, editorialista del giornale moderato israeliano Yediot Ahronot, che oggi rileva come il respingimento di Chomsky - cittadino Usa che non ha bisogno di visti per entrare in Israele o nei Territori - rappresenti "una grossolana illegalità": in violazione di una sentenza della Corte suprema di Gerusalemme secondo cui limitazioni alla libertà di espressione possono essere giustificate solo in caso di "pericolo chiaro e imminente alla sicurezza pubblica".

http://www.repubblica.it/esteri/2010/05/17/news/chomsky_israele-4126208/
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Re: Civiltà Ebraica
#252
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Re: Civiltà Ebraica
#253
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Riporto un post che avevo postato nei commenti liberi ma che credo qui avrà più visibilità...
Riporto dal sito di Miguel Martinez KELEBEK e porgo alla vostra attenzione l'opera di un artista spagnolo.
Eugenio Merino ha presentato recentemente la scultura Stairway to Heaven a Madrid e ha causato l'indignazione dei soliti noti che con una lettera di protesta per i suoi contenuti hanno esplicitato il proprio sdegno.
Qui le altre immagini e opere di Merino...
Mi immagino migliaia di piccoli, infaticabili ricercatori, degli "scova-notizie-anti-israele", sparsi in tutto il mondo dall' ADL. Curvi sui pc all'interminabile ricerca di qualsiasi voce che dissenta sulla ormai storicizzata litania del povero ebreo vittima, e mi viene da ridere... Poi non rido più, perchè il sito dell'artista è prima segnalato come sito pericoloso che potrebbe "danneggiare il mio computer con il suo contenuto" e superato questo avviso, risulta irraggiungibile...
Mala tempora Currunt...

edit:
oggi il sito è nuovamente raggiungibile...
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Re: Civiltà Ebraica
#254
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Re: Civiltà Ebraica
#255
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Vi segnalo un breve documentario su BBC...
Secret WMD in Israel, in cui si parla del programma nucleare israeliano iniziato da Sharon alla fine deglia nni '50, e del rapimento di Mordechai Vanunu, rapito a Roma nel 1986 e tenuto in prigione per 18 anni dei quali 11 in completo isolamento....
Insomma sarei curioso di sapere quante possibilità ci sono che un programma del genere venga trasmesso da un network italiano?
Vi allego il TORRENT se voleste scaricarlo in inglese of course.
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Re: Civiltà Ebraica
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Re: Civiltà Ebraica
#257
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sarei curioso di sapere quante possibilità ci sono che un programma del genere venga trasmesso da un network italiano

E' possibilissimo, quando nevichera' all'inferno.
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E' dall'uso (mancato) del Congiuntivo, che li riconoscerete.
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Re: Civiltà Ebraica
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Re: Civiltà Ebraica
#259
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Re: Civiltà Ebraica
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Edo volevi mettere questo?

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Re: Civiltà Ebraica
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Edo volevi mettere questo?

Non ce la posso fare, la Fiammetta mi rovina l'appetito, sei soddisfatto ora Shm, mi hai rovinato il pranzo e al contempo contribuito alla mia dieta...
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Re: Civiltà Ebraica
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soulsaver ha scritto:
Citazione:
Edo volevi mettere questo?

Non ce la posso fare, la Fiammetta mi rovina l'appetito, sei soddisfatto ora Shm, mi hai rovinato il pranzo e al contempo contribuito alla mia dieta...


per l'uso dieta queste perle vanno guardate DOPO mangiato per sfruttarne appieno le potenti qualità emetiche
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Io sto mentendo. (Eubulide, V secolo a.C.)
Inviato il: 28/5/2010 15:03
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Re: Civiltà Ebraica
#263
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...come richiesto da Edo....

Nucleare israeliano:








EDIT

Domenica 23 Maggio 2010 14:05
Mordechai Vanunu rimesso in carcere: "Vergognati Israele"

TELAVIV - Mordechai Vanunu è tornato in carcere. Il tecnico nucleare israeliano, 56 anni di cui 18 trascorsi in prigione, sino al 2004, per aver rivelato i segreti nucleari d'Israele, ora deve scontare tre mesi in carcere per aver preso contatti con stranieri senza aver chiesto alle autorità il nullaosta.
Vanunu ha una fidanzata norvegese, ha giustificato il suo legale. L'ex tecnico dell'impianto nucleare di Dimona ha trascorso diciotto anni dietro le sbarre, dopo aver fornito informazioni sul programma nucleare israeliano a un quotidiano britannico nel 1986. Al momento della sua liberazione nel 2004, gli è stato vietato di lasciare la Palestina occupata e di entrare in contatto con cittadini stranieri senza averne l'autorizzazione, perchè le autorità israeliane ritengono possa rivelare informazioni riservate. Come riferito da Haaretz, all'ingresso in carcere Vanunu - il tecnico che rivelò al mondo l'esistenza dell'atomica del regime sionista - ha affermato: "Sono sopravvissuto 18 anni. Potrei sopravvivere altri 6 ... Non potete.. togliermi la libertà di espressione. Vergognati Israele". Vanunu ha quindi aggiunto "Tutti sanno che Israele dispone di armi nucleari, ma nessuno ne parla".



qui......
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Re: Civiltà Ebraica
#264
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Cosa Sta Succedendo? Madre, madre Ci sono troppi di voi che piangono Fratello, fratello, fratello Ci sono troppi di voi che stanno morendo Sai che dobbiamo trovare una maniera Per portare un pò di amore qui oggi
Inviato il: 31/5/2010 11:10
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Re: Civiltà Ebraica
#265
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10:49 Mantica: "Pensavano Israele non avrebbe reagito?"
"Non ho ancora elementi sufficienti per capire cosa sia successo ma la questione era nota da giorni. Questa vicenda si può classificare come una voluta provocazione: aveva un fine preciso, politico". Così Alfredo Mantica, sottosegretario agli Esteri, commenta l'assalto di Israele alle navi dirette a Gaza. "Possiamo discutere sulla reazione israeliana - osserva - ma pensare che tutto avvenisse senza una reazione di una qualche natura era una dilettantesca interpretazione di chi ha provocato questa vicenda. Credo che in operazioni di guerra così delicate queste azioni spettacolari servano solo a peggiorare la situazione e a rendere ancora più impraticabile la strada del dialogo". "Mi pare - prosegue Mantica - che sia in atto una voluta provocazione per vedere fino a che punto Israele reagisce. Poi, sul merito della reazione israeliana, non do giudizi perchè ancora non conosco bene i fatti ma sperare che Israele non reagisse era un'illusione. Il principio della rappresaglia israeliana - conclude - è un principio conosciuto nel mondo"

E questo é il commento del nostro sottosegretario agli Esteri (a mia modesta opinione é molto sotto, ma molto molto per lo meno per quanto riguarda il suo spessore morale)
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Gli eventi si stanno susseguendo così rapidamente che è quasi impossibile per noi compilare, assorbire, analizzare, e distillare la mole di informazioni. - Gerald Clemente
Inviato il: 31/5/2010 11:24
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Re: Civiltà Ebraica
#266
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Israele stato assassino e terrorista.
Non c'è altro da aggiungere.
E c'è ancora chi ha il coraggio di parlare di Ahmadinejad o di Hamas.
Vergogna per il governo italiano complice di un massacro che rimarrà
nella storia.
Lo Stato di Israele va cancellato dalla carta geografica, senza se e senza
ma.
Inviato il: 31/5/2010 15:02
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Re: Civiltà Ebraica
#267
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Comunicato della famiglia di Angela Lano

SCRITTO IL 2010-05-31 IN NEWS

Malgrado le varie agenzie stampa italiane ripetano che gli italiani sequestrati dalle autorità israeliane "stanno bene", la famiglia di Angela Lano, direttrice di Infopal.it, informa che la Farnesina e l'Ambasciata d'Italia in Israele non sono in possesso di informazioni al riguardo.

I cittadini italiani a bordo della Freedom Flottilla sono pertanto "spariti" a tutti gli effetti.

Il porto di Ashdod, infatti, dove sono state condotte la navi della Freedom Flotilla, è stato dichiarato "zona militare" dalle autorità israeliane e nessuno può entrarvi, tanto meno i giornalisti.

Israele si rifiuta inoltre di fornire la nazionalità dei sequestrati, pertanto le stesse ambasciate in Israele non possono comunicare alcuna informazione precisa al loro riguardo.

http://www.infopal.it/leggi.php?id=14768

....la 'civiltà ebraica' è anche questo.




EDIT
la 'civiltà' continua:

http://www.infopal.it/leggi.php?id=14766

Gli occupanti israeliani trasferiscono i sostenitori internazionali nella prigione al-Khiyam, nel porto di Ashdod

SCRITTO IL 2010-05-31 IN NEWS

Gaza - Infopal. Il Comitato Nazionale Supremo di sostegno ai prigionieri conferma che le forze d'occupazione israeliane hanno trasferito i sostenitori internazionali, dopo il loro arresto sul bordo della Flotta della Libertà, alla prigione al-Khiyam, nel porto Ashdod.

Riyadh al-Ashqar, direttore dell'Ufficio stampa del Comitato, ha detto che "gli occupanti hanno intenzionalmente trascinato la Flotta delle navi della libertà al porto di Ashdod, imprigionando i passeggeri di diverse nazionalità che si trovavano a bordo delle navi nella prigione n. 26, che è stata attrezzata a tale scopo due settimane fa: una grande sezione di tende preparate per sequestrare oltre 700 sostenitori", ed ha poi aggiunto che ora le squadre d'intelligence israeliane li stanno interrogando.

Il Comitato si è appellato alle organizzazioni internazionali, in particolare la Croce Rossa Internazionale, affinché intervengano immediatamente per garantire la sicurezza dei sostenitori e proteggerli dalle torture che possono essere utilizzate contro di loro per estorcere delle informazioni.
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Inviato il: 31/5/2010 17:33
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Re: Civiltà Ebraica
#268
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"Vattimo insiste nel dire che essere antisionista non è essere antisemita. Ci credo. ".
(Umberto Eco)

Informazione corretta non ci sta
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=12&sez=110&id=34860
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Re: Civiltà Ebraica
#269
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Re: Civiltà Ebraica
#270
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