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   Scienze Economiche
  Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso

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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#931
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 23/11/2006
Da Roma
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VUOI VEDERE CHE I MILITARI IN ITALIA ......

Vedi bene, abito a Guidonia da 10 anni, si è sempre voluto lasciare "liberi" quei pochi a dire il vero che avrebbero potuto creare problemi, basta guardare il degrado che c'è nelle favelas dove vivono.

Non sono nuovi ad atti poco nobili, ma siccome per le forze del disordine i reati come le rapine non contano nulla, si è lasciato fare dando la convinzione dell'impunità.

Lo dimostra il fatto che sapevano benissimo e non da ieri dove sono e che facevano.

Scusate il fuori tema.

Roberto
_________________
Infettato dal morbo di Ashcroft
---------------------------------------------
Quando ci immergiamo totalmente negli affari quotidiani, noi smettiamo di fare distinzioni fondamentali, o di porci le domande veramente basilari. Rothbard
Inviato il: 27/1/2009 9:53
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  •  Mande
      Mande
Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#932
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 13/1/2008
Da Cologna veneta
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@Descartes
Duole ripetersi. Anche se è ovvio che prima o poi debba per forza arrivare la deflazione finora non c'è ancora mai stata.
Sempre da http://www.shadowstats.com/alternate_data

Questo grafico invece che in valori percentuali mostra le tre masse monetarie in valori assoluti.

Ma non è per questa quisquiglia che posto un commento ma per designare l'immediato futuro (ovviamente immediato e non a lungo termine).

La FED infatti ha deciso il "triplo salto mortale carpiato" ovvero l'iperinflazione.
http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/economia/crisi-12/fed-ricompra/fed-ricompra.html
Citazione:

La Fed comprerà titoli di Stato
per sostenere il mercato creditizio

WASHINGTON - La Federal Reserve, dopo aver portato i tassi a zero, passa alle misure non-convenzionali: la banca centrale riacquisterà sul mercato titoli di Stato, passando così a stampare carta moneta per favorire la ripresa del credito. Nel comunicato successivo alla riunione di oggi la Fed annuncia di essere pronta ad acquistare titoli di Stato se lo riterrà necessario, in modo da riavviare il credito aiutando l'economia. La Fed - si legge nella nota del Fomc - "è pronta ad acquistare titoli di Stato (treasury) a lungo termine se le circostanze indicheranno che un'operazione simile sarà particolarmente efficace nel migliorare le condizioni dei mercati del credito privato".
......
Un esponente ha dissentito dalla decisione presa, il presidente della Fed di Richmond Jeff Lacker, il quale avrebbe voluto che l'istituto decidesse di iniziare da subito l'acquisto dei titoli.
......

Il presidente "dissente" perché secondo lui non bisogna aspettare un solo secondo ma farlo il più presto possibile. Questo si che è dissentire.

C'è poi da notare mestamente come l'Italia faccia "scuola". Dopo la "bad company" per Alitalia arriva fresca fresca la "Bad bank" americana.
http://www.borsaitaliana.it/borsa/area-news/news/mf-dow-jones/italia-dettaglio.html?newsId=551975〈=it
Citazione:

Borse Ue: in rialzo su probabile creazione bad bank in Usa

MILANO (MF-DJ)--Seduta orientata al rialzo per le borse europee, trainate dalle speculazioni sulla probabile istituzione di una bad bank negli Usa che dovrebbe assorbire gli asset tossici delle banche. Ad influire positivamente sugli indici anche le minori preoccupazioni legate ai processi di nazionalizzazione nel sistema bancario.
........

Non ho parole...
Inviato il: 29/1/2009 0:38
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  •  Dusty
      Dusty
Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#933
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 3/10/2005
Da Mondo
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Citazione:
[...]
La FED infatti ha deciso il "triplo salto mortale carpiato" ovvero l'iperinflazione.


Purtroppo era inevitabile che succedesse...

Citazione:
Il presidente "dissente" perché secondo lui non bisogna aspettare un solo secondo ma farlo il più presto possibile. Questo si che è dissentire.

_________________
"Tu non ruberai, se non avendo la maggioranza dei voti"
-- Dal Vangelo Secondo Keynes, Capitolo 1, verso 1.
Il portico dipinto
Inviato il: 29/1/2009 7:35
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  •  Descartes
      Descartes
Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#934
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 21/6/2006
Da Christ = Sun God
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Discorso di Putin all'annuale forum economico mondiale di Davos, Svizzera:

JANUARY 28, 2009, 2:29 P.M. ET

Putin Speaks at Davos

The following text is a transcript of Russian Prime Minister Vladimir Putin's speech at the opening ceremony of the World Economic Forum in Davos, Switzerland.

"Good afternoon, colleagues, ladies and gentlemen,

I would like to thank the forum's organisers for this opportunity to share my thoughts on global economic developments and to share our plans and proposals.

The world is now facing the first truly global economic crisis, which is continuing to develop at an unprecedented pace.

The current situation is often compared to the Great Depression of the late 1920s and the early 1930s. True, there are some similarities.

However, there are also some basic differences. The crisis has affected everyone at this time of globalisation. Regardless of their political or economic system, all nations have found themselves in the same boat.

There is a certain concept, called the perfect storm, which denotes a situation when Nature's forces converge in one point of the ocean and increase their destructive potential many times over. It appears that the present-day crisis resembles such a perfect storm.

Responsible and knowledgeable people must prepare for it. Nevertheless, it always flares up unexpectedly.

The current situation is no exception either. Although the crisis was simply hanging in the air, the majority strove to get their share of the pie, be it one dollar or a billion, and did not want to notice the rising wave.

In the last few months, virtually every speech on this subject started with criticism of the United States. But I will do nothing of the kind.

I just want to remind you that, just a year ago, American delegates speaking from this rostrum emphasised the US economy's fundamental stability and its cloudless prospects. Today, investment banks, the pride of Wall Street, have virtually ceased to exist. In just 12 months, they have posted losses exceeding the profits they made in the last 25 years. This example alone reflects the real situation better than any criticism.

The time for enlightenment has come. We must calmly, and without gloating, assess the root causes of this situation and try to peek into the future.

In our opinion, the crisis was brought about by a combination of several factors.

The existing financial system has failed. Substandard regulation has contributed to the crisis, failing to duly heed tremendous risks.

Add to this colossal disproportions that have accumulated over the last few years. This primarily concerns disproportions between the scale of financial operations and the fundamental value of assets, as well as those between the increased burden on international loans and the sources of their collateral.

The entire economic growth system, where one regional centre prints money without respite and consumes material wealth, while another regional centre manufactures inexpensive goods and saves money printed by other governments, has suffered a major setback.

I would like to add that this system has left entire regions, including Europe, on the outskirts of global economic processes and has prevented them from adopting key economic and financial decisions.

Moreover, generated prosperity was distributed extremely unevenly among various population strata. This applies to differences between social strata in certain countries, including highly developed ones. And it equally applies to gaps between countries and regions.

A considerable share of the world's population still cannot afford comfortable housing, education and quality health care. Even a global recovery posted in the last few years has failed to radically change this situation.

And, finally, this crisis was brought about by excessive expectations. Corporate appetites with regard to constantly growing demand swelled unjustifiably. The race between stock market indices and capitalisation began to overshadow rising labour productivity and real-life corporate effectiveness.

Unfortunately, excessive expectations were not only typical of the business community. They set the pace for rapidly growing personal consumption standards, primarily in the industrial world. We must openly admit that such growth was not backed by a real potential. This amounted to unearned wealth, a loan that will have to be repaid by future generations.

This pyramid of expectations would have collapsed sooner or later. In fact, this is happening right before our eyes.

* * *

Esteemed colleagues, one is sorely tempted to make simple and popular decisions in times of crisis. However, we could face far greater complications if we merely treat the symptoms of the disease.

Naturally, all national governments and business leaders must take resolute actions. Nevertheless, it is important to avoid making decisions, even in such force majeure circumstances, that we will regret in the future.

This is why I would first like to mention specific measures which should be avoided and which will not be implemented by Russia.

We must not revert to isolationism and unrestrained economic egotism. The leaders of the world's largest economies agreed during the November 2008 G20 summit not to create barriers hindering global trade and capital flows. Russia shares these principles.

Although additional protectionism will prove inevitable during the crisis, all of us must display a sense of proportion.

Excessive intervention in economic activity and blind faith in the state's omnipotence is another possible mistake.

True, the state's increased role in times of crisis is a natural reaction to market setbacks. Instead of streamlining market mechanisms, some are tempted to expand state economic intervention to the greatest possible extent.

The concentration of surplus assets in the hands of the state is a negative aspect of anti-crisis measures in virtually every nation.

In the 20th century, the Soviet Union made the state's role absolute. In the long run, this made the Soviet economy totally uncompetitive. This lesson cost us dearly. I am sure nobody wants to see it repeated.

Nor should we turn a blind eye to the fact that the spirit of free enterprise, including the principle of personal responsibility of businesspeople, investors and shareholders for their decisions, is being eroded in the last few months. There is no reason to believe that we can achieve better results by shifting responsibility onto the state.

And one more point: anti-crisis measures should not escalate into financial populism and a refusal to implement responsible macroeconomic policies. The unjustified swelling of the budgetary deficit and the accumulation of public debts are just as destructive as adventurous stock-jobbing.

* * *

Ladies and gentlemen, unfortunately, we have so far failed to comprehend the true scale of the ongoing crisis. But one thing is obvious: the extent of the recession and its scale will largely depend on specific high-precision measures, due to be charted by governments and business communities and on our coordinated and professional efforts.

In our opinion, we must first atone for the past and open our cards, so to speak.

This means we must assess the real situation and write off all hopeless debts and "bad" assets.

True, this will be an extremely painful and unpleasant process. Far from everyone can accept such measures, fearing for their capitalisation, bonuses or reputation. However, we would "conserve" and prolong the crisis, unless we clean up our balance sheets. I believe financial authorities must work out the required mechanism for writing off debts that corresponds to today's needs.

Second. Apart from cleaning up our balance sheets, it is high time we got rid of virtual money, exaggerated reports and dubious ratings. We must not harbour any illusions while assessing the state of the global economy and the real corporate standing, even if such assessments are made by major auditors and analysts.

In effect, our proposal implies that the audit, accounting and ratings system reform must be based on a reversion to the fundamental asset value concept. In other words, assessments of each individual business must be based on its ability to generate added value, rather than on subjective concepts. In our opinion, the economy of the future must become an economy of real values. How to achieve this is not so clear-cut. Let us think about it together.

Third. Excessive dependence on a single reserve currency is dangerous for the global economy. Consequently, it would be sensible to encourage the objective process of creating several strong reserve currencies in the future. It is high time we launched a detailed discussion of methods to facilitate a smooth and irreversible switchover to the new model.

Fourth. Most nations convert their international reserves into foreign currencies and must therefore be convinced that they are reliable. Those issuing reserve and accounting currencies are objectively interested in their use by other states.

This highlights mutual interests and interdependence.

Consequently, it is important that reserve currency issuers must implement more open monetary policies. Moreover, these nations must pledge to abide by internationally recognised rules of macroeconomic and financial discipline. In our opinion, this demand is not excessive.

At the same time, the global financial system is not the only element in need of reforms. We are facing a much broader range of problems.

This means that a system based on cooperation between several major centres must replace the obsolete unipolar world concept.

We must strengthen the system of global regulators based on international law and a system of multilateral agreements in order to prevent chaos and unpredictability in such a multipolar world. Consequently, it is very important that we reassess the role of leading international organisations and institutions.

I am convinced that we can build a more equitable and efficient global economic system. But it is impossible to create a detailed plan at this event today.

It is clear, however, that every nation must have guaranteed access to vital resources, new technology and development sources. What we need is guarantees that could minimise risks of recurring crises.

Naturally, we must continue to discuss all these issues, including at the G20 meeting in London, which will take place in April.

* * *

Our decisions should match the present-day situation and heed the requirements of a new post-crisis world.

The global economy could face trite energy-resource shortages and the threat of thwarted future growth while overcoming the crisis.

Three years ago, at a summit of the Group of Eight, we raised the issue of global energy security. We called for the shared responsibility of suppliers, consumers and transit countries. I think it is time to launch truly effective mechanisms ensuring such responsibility.

The only way to ensure truly global energy security is to form interdependence, including a swap of assets, without any discrimination or dual standards. It is such interdependence that generates real mutual responsibility.

Unfortunately, the existing Energy Charter has failed to become a working instrument able to regulate emerging problems.

I propose we start laying down a new international legal framework for energy security. Implementation of our initiative could play a political role comparable to the treaty establishing the European Coal and Steel Community. That is to say, consumers and producers would finally be bound into a real single energy partnership based on clear-cut legal foundations.

Every one of us realises that sharp and unpredictable fluctuations of energy prices are a colossal destabilising factor in the global economy. Today's landslide fall of prices will lead to a growth in the consumption of resources.

On the one hand, investments in energy saving and alternative sources of energy will be curtailed. On the other, less money will be invested in oil production, which will result in its inevitable downturn. Which, in the final analysis, will escalate into another fit of uncontrolled price growth and a new crisis.

It is necessary to return to a balanced price based on an equilibrium between supply and demand, to strip pricing of a speculative element generated by many derivative financial instruments.

To guarantee the transit of energy resources remains a challenge. There are two ways of tackling it, and both must be used.

The first is to go over to generally recognised market principles of fixing tariffs on transit services. They can be recorded in international legal documents.

The second is to develop and diversify the routes of energy transportation. We have been working long and hard along these lines.

In the past few years alone, we have implemented such projects as the Yamal-Europe and Blue Stream gas pipelines. Experience has proved their urgency and relevance.

I am convinced that such projects as South Stream and North Stream are equally needed for Europe's energy security. Their total estimated capacity is something like 85 billion cubic meters of gas a year.

Gazprom, together with its partners – Shell, Mitsui and Mitsubishi – will soon launch capacities for liquefying and transporting natural gas produced in the Sakhalin area. And that is also Russia's contribution to global energy security.

We are developing the infrastructure of our oil pipelines. The first section of the Baltic Pipeline System (BPS) has already been completed. BPS-1 supplies up to 75 million tonnes of oil a year. It does this direct to consumers – via our ports on the Baltic Sea. Transit risks are completely eliminated in this way. Work is currently under way to design and build BPS-2 (its throughput capacity is 50 million tonnes of oil a year.

We intend to build transport infrastructure in all directions. The first stage of the pipeline system Eastern Siberia – Pacific Ocean is in the final stage. Its terminal point will be a new oil port in Kozmina Bay and an oil refinery in the Vladivostok area. In the future a gas pipeline will be laid parallel to the oil pipeline, towards the Pacific and China.

* * *

Addressing you here today, I cannot but mention the effects of the global crisis on the Russian economy. We have also been seriously affected.

However, unlike many other countries, we have accumulated large reserves. They expand our possibilities for confidently passing through the period of global instability.

The crisis has made the problems we had more evident. They concern the excessive emphasis on raw materials in exports and the economy in general and a weak financial market. The need to develop a number of fundamental market institutions, above all of a competitive environment, has become more acute.

We were aware of these problems and sought to address them gradually. The crisis is only making us move more actively towards the declared priorities, without changing the strategy itself, which is to effect a qualitative renewal of Russia in the next 10 to 12 years.

Our anti-crisis policy is aimed at supporting domestic demand, providing social guarantees for the population, and creating new jobs. Like many countries, we have reduced production taxes, leaving money in the economy. We have optimised state spending.

But, I repeat, along with measures of prompt response, we are also working to create a platform for post-crisis development.

We are convinced that those who will create attractive conditions for global investment already now and will be able to preserve and strengthen sources of strategically meaningful resources will become leaders of the restoration of the global economy.

This is why among our priorities we have the creation of a favourable business environment and development of competition; the establishment of a stable loan system resting on sufficient internal resources; and implementation of transport and other infrastructure projects.

Russia is already one of the major exporters of a number of food commodities. And our contribution to ensuring global food security will only increase.

We are also going to actively develop the innovation sectors of the economy. Above all, those in which Russia has a competitive edge – space, nuclear energy, aviation. In these areas, we are already actively establishing cooperative ties with other countries. A promising area for joint efforts could be the sphere of energy saving. We see higher energy efficiency as one of the key factors for energy security and future development.

We will continue reforms in our energy industry. Adoption of a new system of internal pricing based on economically justified tariffs. This is important, including for encouraging energy saving. We will continue our policy of openness to foreign investments.

I believe that the 21st century economy is an economy of people not of factories. The intellectual factor has become increasingly important in the economy. That is why we are planning to focus on providing additional opportunities for people to realise their potential.

We are already a highly educated nation. But we need for Russian citizens to obtain the highest quality and most up-to-date education, and such professional skills that will be widely in demand in today's world. Therefore, we will be pro-active in promoting educational programmes in leading specialities.

We will expand student exchange programmes, arrange training for our students at the leading foreign colleges and universities and with the most advanced companies. We will also create such conditions that the best researchers and professors – regardless of their citizenship – will want to come and work in Russia.

History has given Russia a unique chance. Events urgently require that we reorganise our economy and update our social sphere. We do not intend to pass up this chance. Our country must emerge from the crisis renewed, stronger and more competitive.

* * *

Separately, I would like to comment on problems that go beyond the purely economic agenda, but nevertheless are very topical in present-day conditions.

Unfortunately, we are increasingly hearing the argument that the build-up of military spending could solve today's social and economic problems. The logic is simple enough. Additional military allocations create new jobs.

At a glance, this sounds like a good way of fighting the crisis and unemployment. This policy might even be quite effective in the short term. But in the longer run, militarisation won't solve the problem but will rather quell it temporarily. What it will do is squeeze huge financial and other resources from the economy instead of finding better and wiser uses for them.

My conviction is that reasonable restraint in military spending, especially coupled with efforts to enhance global stability and security, will certainly bring significant economic dividends.

I hope that this viewpoint will eventually dominate globally. On our part, we are geared to intensive work on discussing further disarmament.

I would like to draw your attention to the fact that the economic crisis could aggravate the current negative trends in global politics.

The world has lately come to face an unheard-of surge of violence and other aggressive actions, such as Georgia's adventurous sortie in the Caucasus, recent terrorist attacks in India, and escalation of violence in Gaza Strip. Although not apparently linked directly, these developments still have common features.

First of all, I am referring to the existing international organisations' inability to provide any constructive solutions to regional conflicts, or any effective proposals for interethnic and interstate settlement. Multilateral political mechanisms have proved as ineffective as global financial and economic regulators.

Frankly speaking, we all know that provoking military and political instability, regional and other conflicts is a helpful means of distracting the public from growing social and economic problems. Such attempts cannot be ruled out, unfortunately.

To prevent this scenario, we need to improve the system of international relations, making it more effective, safe and stable.

There are a lot of important issues on the global agenda in which most countries have shared interests. These include anti-crisis policies, joint efforts to reform international financial institutions, to improve regulatory mechanisms, ensure energy security and mitigate the global food crisis, which is an extremely pressing issue today.

Russia is willing to contribute to dealing with international priority issues. We expect all our partners in Europe, Asia and America, including the new US administration, to show interest in further constructive cooperation in dealing with all these issues and more. We wish the new team success.

***

Ladies and gentlemen, the international community is facing a host of extremely complicated problems, which might seem overpowering at times. But, a journey of thousand miles begins with a single step, as the proverb goes.

We must seek foothold relying on the moral values that have ensured the progress of our civilisation. Integrity and hard work, responsibility and self-confidence will eventually lead us to success.

We should not despair. This crisis can and must be fought, also by pooling our intellectual, moral and material resources.

This kind of consolidation of effort is impossible without mutual trust, not only between business operators, but primarily between nations.

Therefore, finding this mutual trust is a key goal we should concentrate on now.

Trust and solidarity are key to overcoming the current problems and avoiding more shocks, to reaching prosperity and welfare in this new century.

Thank you."

fonte: http://online.wsj.com/article/SB123317069332125243.html


Articolo in italiano sui discorsi di Putin e di Wen Jiabao:


A Davos Cina e Russia contro gli Usa. «La crisi? Colpa loro»

Forse è solo un segno della crisi, forse i tempi che cambiano. A Davos in Svizzera, dove è in corso il World economic Forum (Wef), per la prima volta la leadershhip economica mondiale degli Stati Uniti è stata messa apertamente in discussione. Cina e Russia hanno imputato agli americani le colpe della crisi in atto. Uno dopo l'altro, il premier cinese Wen Jiabao ed il primo ministro russo Vladimir Putin sono saliti sul palco e, davanti a una platea di top manager, hanno impartito un’insolita lezione di capitalismo all’America.

È così toccato proprio a Putin mettere in guardia la platea da una fiducia eccessiva nel ruolo dello Stato. «Un eccessivo intervento nell’attività economica ed una fede cieca nell’onnipotenza dello Stato sarebbe un errore». «Nel 20/mo secolo nell’Unione sovietica il ruolo dello Stato è stato assoluto. E questo ha reso l’economia sovietica totalmente non competitiva. Ci è costato caro. Sono sicuro che nessuno vuole che questo si ripeta», ha detto aprendo i lavori del Forum.

Tutti e due i premier hanno così criticato un modello economico tutto spostato sui consumi e sulla finanza. «Vi ricordo che un anno fa i delegati americani che hanno preso la parola proprio qui sottolineavano la stabilità dei fondamentali dell'economia Usa. Oggi le banche di investimento e l’orgoglio di Wall Street ha praticamente cessato di esistere. In 12 mesi hanno perso quello che avevano guadagnato in 25 anni». Non meno critico, anche se meno esplicito, il premier di Pechino.

«La crisi è da attribuire a diversi fattori, ma i principali sono le politiche macroeconomiche di alcune economie ed al modello insostenibile di sviluppo caratterizzato da un prolungato basso livello di risparmio ed da un alto consumo», ha detto Wen. Sul banco degli accusati anche «l'eccessiva espansione di istituzioni finanziarie in una cieca ricerca del profitto», l'assenza di autodisciplina, supervisone e regole nel sistema finanziario.

Entrambi hanno parlato delle difficoltà create dal ruolo di moneta di riserva svolto dal dollaro Usa. Per Putin «l'eccessiva dipendenza da una singola moneta di riserva è pericoloso per l'economia globale e questo va cambiato». Wen ha identificato tra i passi da compiere per uscire dalla crisi la riforma del sistema finanziario internazionale. «Dobbiamo espandere i controlli sul sistema finanziario internazionale con particolare enfasi sul rafforzamento della supervisione sui paesi con le maggiori riserve monetarie».

Putin ha messo in guardia contro l'isolazionismo e l'egoismo economico. Anche il premier Wen Jiabao ha fatto un appello contro il protezionismo. La crisi, hanno ammesso, non ha risparmiato le loro economie. L'economia cinese è stata colpita duramente dalla crisi finanziaria e si trova ora ad affrontare «sfide difficili» , ma ha reagito in maniera attiva e responsabile. «Abbiamo fatto un intervento di politica macroeconomica e monetaria e introdotto dieci misure per stimolare la domanda».

Il premier cinese si è detto fiducioso che la Cina continuerà a crescere in modo rapido e costante. «La nostra fiducia nasce dal fatto che la tendenza a lungo termine dello sviluppo economico cinese resta invariata», ha detto Wen Jiabao. L’obiettivo della Cina per il 2009 è una crescita dell'8%. È un obiettivo ambizioso ma possiamo farcela», ha detto. Anche la Russia è stata «gravemente colpita» dalla crisi. Ma intende reagire. «Il nostro Paese - ha detto Putin - dovrà emergere dalla crisi rinnovato, più forte e più competitivo».

29 gennaio 2009
Inviato il: 29/1/2009 9:46
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  •  Descartes
      Descartes
Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#935
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C'è stato anche un incontro privato tra Russia e Cina:

Davos: incontro al vertice tra Cina e Russia sulla crisi

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Davos, 28 gen - Summit tra Cina
e Russia sulla crisi economica a Davos. Secondo quanto
riportano fonti diplomatiche citate da Reuters, il primo
ministro russo Vladimir Putin e il suo omologo cinese Wen
Jiabao avranno un incontro nella cittadina svizzera dove si
trovano entrambi per partecipare al World Economic Forum. Il
faccia a faccia si incentrera' su tematiche sia "bilaterali,
sia internazionali" riguardanti la crisi e modi per uscirne.
Il premier cinese fara' un intervento all'assemblea del Forum
nel pomeriggio e sara' seguito in serata da un discorso di
Putin.

(RADIOCOR) 28-01-09

fonte: link
Inviato il: 29/1/2009 9:49
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#936
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Globalismo news...

30 gennaio 2009 - 18.56

WEF Davos: crisi; Angela Merkel propone Consiglio ONU economia

DAVOS - La cancelliera tedesca Angela Merkel ha ribadito oggi a Davos la proposta di istituire un Consiglio economico dell'Onu, sul modello del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite creato alla fine della seconda guerra mondiale. Intervenendo al Forum economico di Davos (WEF), la Merkel ha insistito sull'importanza di ristabilire la fiducia, elemento chiave per uscire la crisi.

La Merkel ha auspicato una Carta sull'ordine economico globale ed osservato che il G8 non basterà e che il G20 è un miglior formato. La cancelliera tedesca, che ha difeso il libero mercato ed ha messo in guardia dal protezionismo, ha criticato i sussidi varati dagli Stati Uniti in favore dell'industria automobilistica. Non devono durare a lungo altrimenti è protezionismo, ha affermato.

fonte: link


30 gennaio 2009 - 16.41

WEF Davos: lanciato progetto per migliorare cooperazione globale

DAVOS - Il Forum economico mondiale (WEF) di Davos (GR) ha lanciato oggi un progetto volto a migliorare la collaborazione globale e il buongoverno mondiale. L'iniziativa, sostenuta da Svizzera, Qatar e Singapore, intende mitigare "il grave deficit nella cooperazione riguardo a sfide quali i cambiamenti climatici, la sicurezza energetica e alimentare, il terrorismo e la proliferazione delle armi nucleari", ha affermato presidente del WEF Klaus Schwab.

Questi si è espresso a fianco della consigliera federale Micheline Calmy-Rey, del ministro dell'ambiente e delle risorse idriche di Singapore, Yaacob Ibrahim, e del premier e ministro degli esteri del Qatar, sceicco Hamad bin Jassim bin Jaber Al Thani. "La Svizzera è fiera di poter participare" al progetto, ha detto la responsabile della diplomazia elvetica.

Si tratta di studiare come gestire le risorse planetarie e a partire da quali istituzioni e come rafforzare il ruolo dell'Onu, ha sintetizzato la Calmy-Rey. Lo scopo è di formulare principi e raccomandazioni precisi.

Per raggiungere l'obiettivo, il WEF intende generare un processo di discussione - attraverso una nuova piattaforma virtuale - tra rappresentanti dell'economia, della politica, del mondo accademico, della società civile, della scienza e dei media. I risultati del progetto saranno presentati l'anno prossimo.

fonte: link
Inviato il: 30/1/2009 19:19
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#937
Sono certo di non sapere
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"Buongoverno mondiale" è fantastico.

Splendido davvero.
_________________
-o- Ama e fa' ciò che vuoi -o-
Inviato il: 30/1/2009 20:42
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#938
Sono certo di non sapere
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Da Atene
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Come da copione.


Iceland to be fast-tracked into the EU
Plan for cash-strapped state to become member by 2011

Iceland will be put on a fast track to joining the European Union to rescue the small Arctic state from financial collapse amid rising expectations that it will apply for membership within months, senior policy-makers in Brussels and Reykjavik have told the Guardian.

The European commission is preparing itself for a membership bid, depending on the outcome of a snap general election expected in May. An application would be viewed very favourably in Brussels and the negotiations, which normally take many years, would be fast-forwarded to make Iceland the EU's 29th member in record time, probably in 2011.
Inviato il: 30/1/2009 21:51
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  •  Descartes
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#939
Dubito ormai di tutto
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Il Times riporta lo scoppio di numerose sommosse popolari in Cina a causa della chiusura massiccia di fabbriche:

February 1, 2009
Violent unrest rocks China as crisis hits
The collapse of the export trade has left millions without work and set off a wave of social instability, writes

by Michael Sheridan

Bankruptcies, unemployment and social unrest are spreading more widely in China than officially reported, according to independent research that paints an ominous picture for the world economy.

The research was conducted for The Sunday Times over the last two months in three provinces vital to Chinese trade – Guangdong, Zhejiang and Jiangsu. It found that the global economic crisis has scythed through exports and set off dozens of protests that are never mentioned by the state media.

While troubling for the Chinese government, this should strengthen the argument of Premier Wen Jiabao, who will say on a visit to London this week that his country faces enormous problems and cannot let its currency rise in response to American demands.

The new US Treasury secretary, Timothy Geithner, has alarmed Beijing and raised fears of a trade war by stating that China manipulates the yuan to promote exports.

However, a growing number of economists say the unrest proves that it is not the exchange rate but years of sweatshop wages and income inequality in China that have distorted global competition and stifled domestic demand. The influential Far Eastern Economic Review headlined its latest issue “The coming crack-up of the China Model”.

Yasheng Huang, a professor at the Massachusetts Institute of Technology, said corruption and a deeply flawed model of economic reform had led to a collapse in personal income growth and a wealth gap that could leave China looking like a Latin American economy.

Richard Duncan, a partner at Blackhorse Asset Management in Singapore, has argued that the only way to create consumers is to raise wages to a legal minimum of $5 (£3.50) a day across Asia – a “trickle up” theory.

The instability may peak when millions of migrant workers flood back from celebrating the Chinese new year to find they no longer have jobs. That spells political trouble and there are already signs that the government’s $585 billion stimulus package will not be enough to achieve its goal of 8% growth this year.

The American economist Nouriel Roubini said growth figures of 6.8% in the fourth quarter of 2008 masked the reality that China was already in recession – a view privately shared by many Chinese financial analysts who dare not say so in public.

Even security guards and teachers have staged protests as disorder sweeps through the industrial zones that were built on cheap manufacturing for multinational companies. Worker dormitory suburbs already resemble ghost towns.

In the southern province of Guangdong, three jobless men detonated a bomb in a business travellers’ hotel in the commercial city of Foshan to extort money from the management.

The Communist party is so concerned to buy off trouble that in one case, confirmed by a local government official in Foshan, armed police forced a factory owner to withdraw cash from the bank to pay his workers.

“Hundreds of workers protested outside the city government so we ordered the boss to settle the back pay and sent police armed with machine-guns to take him to the bank and deliver the money to his workforce that very night,” the official said.

On January 15 there were pitched battles at a textile factory in the nearby city of Dongguan between striking workers and security guards.

On January 16, about 100 auxiliary security officers, known in Chinese as Bao An, staged a street protest after they were sacked by a state-owned firm in Shenzhen, a boom town adjoining Hong Kong.

About 1,000 teachers confronted police on the streets of Yangjiang on January 5, demanding their wages from the local authorities.

In one sample week in late December, 2,000 workers at a Singapore-owned firm in Shanghai held a wage protest and thousands of farmers staged 12 days of mass demonstrations over economic problems outside the city.

All along the coast, angry workers besieged labour offices and government buildings after dozens of factories closed their doors without paying wages and their owners went back to Hong Kong, Taiwan or South Korea.

In southern China, hundreds of workers blocked a highway to protest against pay cuts imposed by managers. At several factories, there were scenes of chaos as police were called to stop creditors breaking in to seize equipment in lieu of debts.

In northern China, television journalists were punished after they prepared a story on the occupation of a textile mill by 6,000 workers. Furious local leaders in the city of Linfen said the news item would “destroy social stability” and banned it.

At textile companies in Suzhou, historic centre of the silk trade, sales managers told of a collapse in export orders. “This time last year our monthly output to Britain and other markets was 60,000 metres of cloth. This month it’s 3,000 metres,” said one.

She said companies dared not accept orders in pounds or euros for fear of wild currency fluctuations. Trade finance has all but ceased. Some 40% of the workforce had been laid off, she added.

Nearby, in the industrial hub of Changshu, all the talk was of Singapore-listed Ferro China, which exported steel products to customers in Britain, Germany, Korea and Japan. Last October its shares were suspended.

The company is reported to have been weighed down by $800m in debts and, according to the specialist business magazine Caijing, has started a court-or-dered restructuring.

A researcher found the gates closed and under tight guard, 2,000 employees out of work and witnesses who told of company vehicles being seized by impatient creditors. Holders of Ferro China debt include Credit Suisse and Citi-group.

Even in the city regarded as the most entrepreneurial in China, Wenzhou, the business community is reeling. “We estimate that foreign companies have defaulted on payments for 20 billion yuan (£20 billion) owed to Wenzhou firms,” said Zhou Dewen, chairman of the city’s association for small and medium-sized businesses.

“British businessmen are better than other customers because even if they owe money they can be contacted and promise to pay their bills if they can raise the cash but many other foreigners just disappear,” he said.

Slumping demand for consumer electronics in Britain has been blamed for the crisis engulfing the southern city of Shunde, in Guangdong, where a cluster of 3,000 electrical firms has grown up around big exporters like Kelon, a white-goods manufacturer.

“The impact on us from the slowdown in the British market will be huge,” said a manager at Kelon, who asked not to be named.

Shunde is one of the amazing one-industry Chinese towns that has come from nothing to generate 20% of China’s export production of domestic electrical appliances, making 60% of its sales to Europe.

Now the whole province is wrestling with sudden, sharp decline. A researcher who watched officials handling complaints at a local labour bureau reported “class hatred” among workers.

“Why did the boss cut your salary? You must be lazy or absent from work,” an official told one group of petitioners.

“What do you mean? Are you an official of the people’s government or a slave of the bosses?” demanded an irate worker.

Their claim dismissed, the group warned onlookers: “We are thinking of taking extreme action.”

A legal advocate for migrant workers, Xiao Qingshan, told a tale of violent intimidation by the state in collusion with unscrupulous businessmen.

On January 9, Xiao said, 14 security officers from the local labour bureau broke into his office, confiscated 600 legal case files, 160 law books, his computer, his photocopier, his television set and 100,000 yuan in cash.

“That evening I was ambushed near the office by five strangers who forced a black bag over my head and then threw me into a shallow polluted canal,” he said. His landlord has since given him notice to quit his rented home.

Xiao said he was defying bribery and threats to speak to the foreign media because he wants international businesses to know what is really happening in “the workshop of the world”.

fonte: TimesOnline
Inviato il: 1/2/2009 9:07
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#940
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If Deflation Is Coming, Sell Your Gold
by Gary North

The debate over inflation versus deflation has been going on in hard money circles since about 1973. The debate has gone on within academic circles for well over a century. The economists are as confused as the general public, but they are confused in a far more sophisticated way. They turn confusion into a science.

I follow the Austrian School of economics on monetary theory. The most important study of the theory of money within the Austrian School camp was published in 1912, The Theory of Money and Credit, written by Ludwig von Mises. You can download it for free here.

More popular and more readable books have been written on this by his disciple, Murray Rothbard. His book, What Has Government Done to Our Money? is the clearest exposition ever written. You can download it here.

I have also written a short book on the topic, Mises on Money. Download it here.

Finally, there is my more detailed book, Honest Money.

Austrian School economists define inflation as follows: "an increase in the money supply." All other schools of thought define inflation as follows: "an increase in our favorite price index."

Austrian School economists define deflation as follows: "a decrease in the money supply." All other schools of thought and define deflation as follows: "a decrease in our favorite price index."

continua
Inviato il: 1/2/2009 13:41
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#941
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Citazione:

Ho letto con interesse la news letter di Gary North e come sempre cerca di indicare tutti gli scenari possibili: chiude l'articolo dicendo che secondo lui avremo 3 anni di forte inflazione.

In questo modo, come fa d'abitudine, qualunque cosa succederà, lui potrà dire di aver detto giusto
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"Tu non ruberai, se non avendo la maggioranza dei voti"
-- Dal Vangelo Secondo Keynes, Capitolo 1, verso 1.
Il portico dipinto
Inviato il: 1/2/2009 15:15
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#942
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02 febbraio 2009
«LONDRA POTREBBE ENTRARE NELL'AREA EURO»

Lo ha detto il commissario Ue agli Affari economici Almunia: «Esiste un'alta probabilità che ciò accada nel lungo periodo»

MADRID - La Gran Bretagna potrebbe entrare nell'area euro nel lungo periodo. Lo ha annunciato il commissario Ue agli Affari economici e monetari Joaquin Almunia, durante il Foro Abc a Madrid. Anche altri paesi, come Svezia e Danimarca - ha aggiunto -, potrebbero entrare in futuro nella moneta unica.

NESSUNO LASCIA EUROZONA - Il responsabile europeo dell'economia ha invece escluso in modo assoluto che alcuni dei paesi membri lascino in futuro l'Eurozona: «Nessuno può pensare che la soluzione dei suoi problemi sia fuori dall'euro. La possibilità che la Spagna o altri paesi lascino la moneta è pari a zero».

fonte: Corriere.it
Inviato il: 2/2/2009 18:02
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#943
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In questo modo, come fa d'abitudine, qualunque cosa succederà, lui potrà dire di aver detto giusto

che si sappia, aveva previsto anche il crollo del prezzo del petrolio?
Inviato il: 2/2/2009 18:30
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#944
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2 febbraio 2009 - 19.10

Krugman, Obama non esiti a nazionalizzare banche

NEW YORK, 2 feb (AWP/ats/ansa) Il presidente Barack Obama non dovrebbe esitare a nazionalizzare le banche che devono essere salvate. Lo afferma, sulle pagine del New York Times, il premio Nobel per l'economia Paul Krugman, secondo il quale "se i contribuenti devono andare in soccorso delle banche perché non potrebbero acquistare quote delle stesse istituzioni, almeno fino a quando acquirenti privati non si facciano avanti?".

Le parole di Krugman sono in linea con quelle del guru economista Nouriel Roubini, che nei giorni scorsi ha precisato che nazionalizzazioni saranno necessarie per far uscire le banche americane dall'insolvenza.

AWP

fonte: link

Siamo alla follia pura... invece di lasciarle fallire se le comprano con i soldi della gente, che non avrà mai neanche voce in capitolo nella loro gestione...
Inviato il: 3/2/2009 3:58
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#945
Ho qualche dubbio
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ma già quando le salvano i governi non usano i soldi dei contribuenti? ne vogliono altri?
Inviato il: 3/2/2009 14:23
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#946
Sono certo di non sapere
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Krugman, Obama non esiti a nazionalizzare banche

Due sacchi di sterco al prezzo di uno, per non parlare dei poveri pirla che gli hanno rifilato un Nobel.
Inviato il: 4/2/2009 13:44
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#947
Dubito ormai di tutto
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Un articolo che spiega il cosiddetto "shadow banking system" (un sistema bancario-finanziario occulto che produceva massa monetaria non misurabile con M3) che si era venuto a creare con i derivati e che è alla base della super bolla che esplodendo ha causato l'attuale crisi deflattiva (nell'articolo cita i CDO, ma i CDS sono quelli che hanno fatto esplodere la cosa ancora di più, ad esempio con 5 miliardi di dollari in CDO si possono ottenere 50 miliardi di dollari di fondi con i CDS, vedi: link).


Massa monetaria parallela e invisibile
03/02/09

Le banche si prestano con grandissima difficoltà denaro tra di loro: il termometro è il tasso interbancario che rimane anomalo rispetto ai tassi guida tradizionali.
La causa della crisi finanziaria: necessario comprenderla per poter porvi rimedio, se si vuole, ed evitare che si ripeta in futuro in maniera ancora più virulenta e devastante.

La causa profonda è stato il massiccio utilizzo dei CDO (collateralized debt obbligations).
In pratica, le banche hanno suddiviso il proprio portafoglio prestiti in pacchetti di crediti nei confronti di varie categorie di debitori con diversi gradi di affidabilità sul piano della capacità di restituzione del prestito.
A fronte di ognuno di questi pacchetti di crediti, è stato emesso un titolo, il CDO, che da diritto a riscuotere gli interessi residui sulla quota dei prestiti che rappresenta.
Ma chi acquista il CDO si accolla anche una percentuale del rischio di insolvenza.

Il CDO quindi permette a una banca di redistribuire in giro per il mondo tra innumerevoli investitori che hanno acquistato questo prodotto, il rischio di credito nei confronti dei clienti debitori.

Questi titoli, i CDO, possono a loro volta essere dati in garanzia per ottenere liquidità.
La circolazione di un CDO quindi può essere teoricamente infinita come una catena di Sant’Antonio, circolare e a spirale. Ad ogni passaggio, infatti, si ottiene nuova liquidità e contemporaneamente si gira rischio di insolvenza.

Per emettere il CDO, la Banca si avvale di una istituzione finanziaria privata indipendente: Agenzia di Rating. In tal modo i CDO non rientrano nel bilancio della Banca e quindi eludono il monitoraggio degli organi di vigilanza e della Banca Centrale (FED).

Si è in tal modo permesso di generare massa monetaria estranea al meccanismo depositi/prestiti controllabile dalla Banca Centrale. Una massa monetaria parallela alla massa monetaria ufficiale monitorata e tenuta costantemente sotto controllo dalla FED.

Il CDO genera quindi liquidità ma trasferisce in giro per il mondo il “virus” dell’insolvenza.

Il valore del CDO non è il risultato dell’incontro tra domanda e offerta, non essendoci un mercato secondario dedicato ai CDO, ma il valore/prezzo è basato sulla valutazione fatta dall’Agenzia di Rating sul grado di affidabilità e qualità di ciascun pacchetto di clienti debitori.

Mentre se si acquista una obbligazione tradizionale si può analizzare il rischio sulla base del prospetto di emissione e del bilancio della società emittente, se si acquista un CDO ci si deve fidare esclusivamente dell’Agenzia di Rating che ha fatto da filtro.

La ricchezza accumulata negli anni ’90, in presenza di tassi di interesse sui mutui molto bassi e convenienti, ha indotto molte famiglie americane ad acquistare la casa. Il valore degli immobili, a seguito di una fortissima ed estesa richiesta, è cresciuto molto permettendo anche l’accensione di un secondo mutuo sul medesimo immobile per ottenere liquidità da dedicare al consumo “indotto” di beni di vario genere.
Sono stati finanziati anche lavoratori con redditi bassi e saltuari e quindi con un grado elevato di rischio di insolvenza, emettendo anche per questo tipo di debitori i relativi CDO e girandone il relativo rischio.
Ma questa è la logica del consumo esasperato e indotto per sostenere il sistema produttivo e commerciale a qualsiasi costo facendo inebitare persone e famiglie ben oltre le proprie possibilità, presenti e future.

Dal 2005 in poi, il rialzo dei tassi d’interesse decisi dalla FED ha reso le rate dei mutui più onerose e di conseguienza ha aumenteto le insolvenze.

La mancanza totale di trasparenza e di un mercato secondario ufficiale dei CDO hanno impedito che il loro valore/prezzo si adeguasse progressivamente alle nuove condizioni del mercato finanziario e quindi di rischio, riducendo lentamente il valore di scambio.
Quando si è manifestata con estrema rapidità e violenza l’insolvenza, il CDO è diventato invendibile, praticamente carta straccia, non più circolabile.

Le conseguenti svalutazioni degli asset dei maggiori operatori finanziari del mondo che detenevano ingenti quantità di CDO in portafoglio hanno bloccato il sistema di circolazione finanziaria nel suo complesso perché nessuno è stato più disponibile ad accollarsi il rischio di insolvenza della controparte bancaria “infettata” dai CDO.

Ogni Banca ha incominciato a trattenere la propria liquidità senza prestarla ad altre Banche, di fatto bloccando la circolazione del danaro.

L’offerta dei CDO in seguito al panico di insolvenze ha azzerato bruscamente il valore dei CDO.
Si è creata così una enorme massa di liquidità fuori da ogni controllo che come un virus telematico ha infettato e bloccato la finanza internazionale perché nessuna istituzione finanziaria si è più fidata di una altra istituzione finanziaria così venendosi a produrre una epidemia virale.

Con il tempo, si creata una massa monetaria parallela, incontrollata e incontrollabile, fantasma per gli organi di vigilanza ma assolutamente concreta e reale per il sistema del credito internazionale, banche commerciali di deposito, banche d’affari (anche se spesso è molto difficile distinguerle), fondi speculativi, fondi comuni di inevestimento, compagnie di assicurazione, fondi pensioni aziendali, enti privati e pubblici (regioni e comuni), i cui manager e responsabili hanno speculato su tutta la gamma di prodotti finanziari più o meno strutturati.

Attualmente in Europa la situazione è la seguente:

TIER 1 = equity -dividendi -azioni proprie -riserve di rivalutazione (se positive, se negative si lasciano) -goodwill -altri intangibili +minoranze -strumenti ibridi (i cosiddetti quasi equity, bond a 30 anni ecc.)
CORE TIER 1 = Tier 1 -strumenti ibridi

IL CORE TIER 1 rappresenta il rapporto tra capitale solido e disponibile della banca e le attività ponderate in base al rischio.
L’indice di riferimento è stato indicato nel 6% ma c’è la volontà di portarlo al 7% : quindi, se ciò accadesse, sarà richiesta una maggiore patrimonializzazione della banca.

Questo indice sta a significare che il patrimonio/capitale proprio della banca in proporzione al rischio ponderato deve essere in grado di assorbire perdite per continuare ad operare.

Le Banche faranno in modo di ricorrere il meno possibile agli aiuti della Banca d’Italia per non “autodenunciare” una propria situazione di fragilità patrimoniale e quindi, in particolare:

cercheranno di trattenere la maggiore liquidità possibile e di ridurre l’esposizione verso i clienti limitando i relativi rischi;
richiederanno ulteriori garanzie ai debitori pena la chiusura dei fidi senza adeguato preavviso

fonte: link
Inviato il: 6/2/2009 11:41
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
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Tranquilli: la situazione e' peggiore di quello che dicono:

Confindustria: nel 2009 Pil italiano in calo oltre il 2,5%

Nel 2009 salgono le probabilità che ci sia un calo del Pil oltre il 2,5%. É la stima del Centro studi di Confindustria contenuta nel rapporto sull'andamento della produzione industriale a gennaio, che ha segnato su base annua un calo del 15,2% e rispetto a dicembre dello 0,5%. La riduzione della produzione dal picco del dicembre 2006 è ora del 17,2% e riporta l`attività ai livelli del febbraio 1994. «La massiccia diminuzione della produzione industriale nel quarto trimestre (-7,5% sul terzo) implica una riduzione marcata del Pil (almeno -1,6%) - secondo le valutazioni del Csc - e una conseguente maggiore eredità negativa del 2008 (-1,6%) che pesa sul bilancio annuale 2009. Salgono le probabilità di una flessione del Pil quest`anno superiore al 2,5%».

Quella di Confindustria è la stima più negativa per quanto riguarda il prodotto interno lordo nel 2009. Nel programma di stabilità italiano destinato a Bruxelles il governo ha indicato che il Pil registrerà un calo del 2% nel 2009, mentre la ripresa, seppur timida, arriverà nel 2010 (+0,3%) e +1% nel 2011. Stessa previsione da parte della Banca d'Italia, che però per il 2010 prevede un più tonico +0,5%, e la Commissione europea. Più pessimista l'Fmi, secondo cui la recessione durerà di più: nel 2009 il calo del Pil sarà del -2,1%, mentre nel 2010 del -0,1%.
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Inviato il: 10/2/2009 21:28
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#949
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Crisi, frena anche la Cina. Export: -17,5%. Ai minimi da 13 anni

Export dalla Cina in forte calo in gennaio: -17.5% su base annuale. Il risultato peggiore da 13 anni. Anche le importazioni cinesi sono fortemente calate in gennaio- -43,1% su base annua. In gennaio l'avanzo commerciale ha raggiunto i 39,11 miliardi di dollari, secondo quanto ha annunciato oggi l'amministrazione doganale di Pechino. Il calo delle esportazioni, che era cominciato in novembre anche se limitato a meno del 3 per cento su novembre e dicembre, è la più forte contrazione da 13 anni a questa parte.
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La Gran Bretagna ammette che la crisi è la peggiore degli ultimi 100 anni, che durerà oltre 10 anni e che si tratta di un "evento sismico che cambierà lo scenario politico del mondo" come fece quella del '29. Il Telegraph riporta che un documento segreto di 17 pagine discusso dai ministri della finanza europei rivela che l'Europa ha un colossale buco di 16.3 Trilioni di sterline (24 Trilioni di dollari), e ci sono seri timori che un eventuale tantativo di bailout per colmare tale buco con aiuti di stato manderebbe in bancarotta Spagna, Grecia, Portogallo, Irlanda, Italia e Gran Bretagna.

Dal blog di Mish:

Worst Recession In 100 Years
Thursday, February 12, 2009

In the UK, Gordon Brown's closest ally says 'This is the worst recession for over 100 years'.

Ed Balls, the PM's closest ally, warns that downturn is ferocious and says impact will last 15 years.

In an extraordinary admission about the severity of the economic downturn, Ed Balls even predicted that its effects would still be felt 15 years from now. The Schools Secretary's comments carry added weight because he is a former chief economic adviser to the Treasury and regarded as one of the Prime Ministers's closest allies.

Mr Balls said yesterday: "The reality is that this is becoming the most serious global recession for, I'm sure, over 100 years, as it will turn out."

He warned that events worldwide were moving at a "speed, pace and ferocity which none of us have seen before" and banks were losing cash on a "scale that nobody believed possible".

The minister stunned his audience at a Labour conference in Yorkshire by forecasting that times could be tougher than in the depression of the 1930s, when male unemployment in some cities reached 70 per cent. He also appeared to hint that the recession could play into the hands of the far right.

"The economy is going to define our politics in this region and in Britain in the next year, the next five years, the next 10 and even the next 15 years," Mr Balls said. "These are seismic events that are going to change the political landscape. I think this is a financial crisis more extreme and more serious than that of the 1930s, and we all remember how the politics of that era were shaped by the economy."

Philip Hammond, the shadow Chief Secretary to the Treasury, said Mr Balls's predictions were "a staggering and very worrying admission from a cabinet minister and Gordon Brown's closest ally in the Treasury over the past 10 years". He added: "We are being told that not only are we facing the worst recession in 100 years, but that it will last for over a decade – far longer than Treasury forecasts predict."
European bank bail-out could push EU into crisis

A Telegraph headline read "European banks may need 16.3 trillion bailout". A bail-out of the toxic assets held by European banks' could plunge the European Union into crisis, according to a confidential Brussels document:



European Banks May Need 16.3 Trillion Pound ($24 Trillion USD) Bailout, EC Document Warns
By Bruno Waterfield in Brussels
Telegraph.co.uk - 11 Feb 2009

A secret 17-page paper discussed by finance ministers, including the Chancellor Alistair Darling on Tuesday, also warned that government attempts to buy up or underwrite such assets could plunge the European Union into a deeper crisis.

National leaders and EU officials share fears that a second bank bail-out in Europe will raise government borrowing at a time when investors - particularly those who lend money to European governments - have growing doubts over the ability of countries such as Spain, Greece, Portugal, Ireland, Italy and Britain to pay it back.

“Estimates of total expected asset write-downs suggest that the budgetary costs – actual and contingent - of asset relief could be very large both in absolute terms and relative to GDP in member states,” the EC document, seen by The Daily Telegraph, cautioned. “

"It is essential that government support through asset relief should not be on a scale that raises concern about over-indebtedness or financing problems.”

fonte: link


Nel frattempo un membro del CFR, William L. Hauser, avanza con decisione la proposta di reintrodurre in USA la leva obbligatoria:

Bring Back the Draft
By William L. Hauser , Jerome Slater
Posted February 2009

Why a return to mass conscription is the only way to win the war on terror.

In the ongoing struggle between radical Islamism and Western democracy, military intervention by the United States may again be judged necessary as a last resort against particularly dangerous states or organizations. Although presidential candidate Barack Obama made drawing down U.S. forces in Iraq the centerpiece of his national security agenda, so as to focus on the “real fight” in Afghanistan, President Obama will find that even with a complete withdrawal from Iraq, the United States’ current all-volunteer forces will be inadequate for accomplishing its worldwide national security goals. Regarding Afghanistan in particular, even the planned reinforcement of 20,000 to 30,000 troops will not begin to match the 1 to 10 troop-to-population ratio generally acknowledged to be necessary for success in counterinsurgency.

Moreover, as a result of the repetitive stresses of Afghanistan and Iraq, the human-resources quality of the U.S. military appears to be declining: recruitment and retention rates (by pre-Iraq standards) are slipping, forcing the armed services to lower their physical, educational, and psychological standards; to soften the rigors of initial training; and even to expand the moral waivers granted to some volunteers with criminal records. Generous inducements have also been needed to retain junior officers beyond the length-of-service payback requirements of their academy or ROTC educations. The economic downturn might help temporarily, but the problem cannot be resolved by continuing the present system. There will have to be a reinstitution, albeit in a significantly modified version, of universal military service -- a “draft.”

Our proposal is to combine a revived military draft with a broader public-service program as already practiced in some European states -- a “domestic Peace Corps.” Indeed, a crucial component of our proposal is that draftees be allowed to choose between military and nonmilitary service. A program structured along those lines would simultaneously increase the political appeal of conscription, defuse the opposition of those who disapprove of the use of military force, and serve such valuable national purposes as public health, public works, and the alleviation of shortages of teachers and social workers in disadvantaged regions of the country.

To be sure, an enlarged military can give rise to its own dangers, particularly an expansion of what some already consider excessive presidential power. It will be essential, therefore, that the creation of larger forces by means of conscription be accompanied by legal safeguards to prevent presidential unilateralism. First, Congress should use its constitutionally mandated role in decisions to go to war. Second, Congress should employ its appropriations powers -- “the power of the purse” -- to prohibit, limit, or end U.S. participation in unwise wars or military interventions by refusing to fund them. Third, to reduce political opposition to a revived draft as well as to provide another constraint against presidential unilateralism, a law establishing conscription should include a provision that draftees cannot be sent into combat without specific congressional authorization.


Of course, reinstating the draft will generate opposition from all parts of the political spectrum, on the left by civil libertarians and opponents of any use of force, in the center by classic libertarians and those who would regard conscription as an unfair “tax on youth,” and even by some on the political right, who (as noted earlier) would correctly perceive that the modified draft proposed here would inherently constrain presidential unilateralism. The professional military, traditionally conservative, might initially resist such fundamental change, though we are confident the professional military will come to value its significant advantages.

The benefits of universal national service, however, far outweigh these resolvable objections. Aside from the strictly military advantages -- larger and better-educated armed forces -- there would be a number of positive social consequences. Conscription will enable the forces to reflect the full spectrum of American pluralism, in terms of both socioeconomic classes and racial/ethnic groups. It is unacceptable that less than 1 percent of the country’s eligible population serves in the armed forces, with almost no war-relevant sacrifice being asked from the rest of society. It ought to be axiomatic that the hardships and dangers of military service be more widely shared.

A draft could also increase responsibility on the part of political decision-makers. There would surely be a greater likelihood of sound foreign and military policies if the sons and daughters of the United States’ political and business elites also served in uniform -- as so many did in the past, but so few do today.

These arguments would constitute a strong case for reinstating the draft at any time. But at the moment, the United States simply has no other option. The U.S. mission in Afghanistan, crucial in the global fight against Islamist terrorism, simply cannot be accomplished with current force levels. Looking beyond Afghanistan toward the long-term struggle with radical Islamism, the United States is going to need larger standing forces of considerable quality, with the educational, cultural, linguistic, and technical skills needed for modern military operations in foreign lands.

In the event of new terrorist attacks on U.S. soil on the scale of 9/11, let alone the unimaginable consequences if American cities were struck by nuclear or biological weapons, the arguments against conscription would vanish overnight, and there would be a crash program to build up the armed forces, similar to the aftermath of attack on Pearl Harbor. The country would be in a far stronger position if it put these forces in place now, rather than waiting until a catastrophe occurred. Moreover, if the United States had such larger standing forces, they would provide a credible deterrent against states that currently support, tolerate, or ineffectively suppress terrorist groups. Indeed, the reinstatement of the draft is not an invitation for more war; it may be the best chance for peace.

William L. Hauser, a retired U.S. Army colonel, is a member of the Council on Foreign Relations and a fellow of the Inter-University Seminar on Armed Forces and Society.
Jerome Slater, a U.S. Navy veteran, is a university research scholar and retired professor of political science at the State University of New York, Buffalo.

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Inviato il: 12/2/2009 17:16
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  •  Descartes
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#951
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13 febbraio 2009 - 22.30
G7: iniziato vertice, i grandi dell'economia a Villa Madama

ROMA, 13 feb (AWP/ats/ansa) Le delegazioni dei sette grandi a Villa Madama per la cena di gala cercano le ricette per fronteggiare la crisi. Il tradizionale appuntamento durante il quale il padrone di casa, Giulio Tremonti, ha avviato la discussione sulle linee guida dell'intera presidenza italiana: no al protezionismo e ricerca di standard legali, regole e risposte comuni alla crisi.

L'informalità della cena, è stato riferito da fonti del vertice, ha permesso di avviare la discussione di un tema ancora non definito in un documento, e sul quale si cerca anche una genesi comune.

In una serata fredda, la splendida dimora rinascimentale alle pendici di Monte Mario ha visto via via arrivare i responsabili economici dei grandi, da Timothy Geithner, alla sua 'prima' internazionale come segretario Usa al Tesoro, e per questo particolarmente sotto i riflettori, al giapponese Shoichi Nakagawa, alla francese Christine Lagarde, prima donna al G7 finanziario.

Accanto ai ministri, i rispettivi governatori delle banche centrali e la 'troika' che governa l'euro: il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Joaquin Almunia.

Via Venti Settembre ha invitato anche molti rappresentanti degli organismi internazionali: il segretario generale dell'Ocse Angel Gurria, il presidente dell'Alleanza per una Rivoluzione Verde in Africa (Agra) Kofi Annan, il direttore generale della Wto Pascal Lamy, il segretario generale della Conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo (Unctad) Supachai Panitchpakdi, e il presidente del fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad) Lennart Bage.

La cena è stata preceduta da una giornata di intense riunioni al ministero del Tesoro, dove i 'deputies' dei Sette continuano a consultarsi mettere a punto la bozza del comunicato finale che ministri e governatori dovranno poi discutere nell'incontro ufficiale di domani. Le conclusioni sembrano ancora tutt'altro che scontate visto che, secondo quanto si è appreso, gli addetti ai lavori non escludono di dover continuare a confrontarsi fino a notte fonda.

Geithner, giunto nella Capitale, ha subito incontrato Tremonti in un pranzo di lavoro nella sede del ministero delle Finanze, per poi avviare nel pomeriggio incontri bilaterali con i diversi Paesi nell'Hotel Westin Excelsior, situato strategicamente a lato dell'ambasciata americana, che ospita le principali delegazioni nonché le conferenze stampa in programma domani al termine dei lavori. Al centro dei colloqui la volontà di evitare 'zone franche' al di fuori dello schema capitalistico classico che tanto danno hanno prodotto alla finanza e all'economia. Su questo, ovvero la revisione delle regole degli hedge fund, ha spiegato il ministro delle Finanze tedesco Peer Steinbruck, la posizione del suo Paese è in linea con quella della Francia e ha oramai il sostegno anche degli Stati Uniti.

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G7 Al via il vertice di Roma
Sabato, 14 Febbraio 2009 - 09:25

E' iniziata poco dopo le 8:30 la riunione dei ministri finanziari e dei governatori delle banche centrali dei paesi del G7, al ministero dell'Economia. Al centro dei lavori la crisi economico-finanziaria globale. Il protezionismo "va evitato a tutti i costi". Lo ha sottolineato il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria, all'apertura dei lavori del G7. "Ci sara' un'ampia discussione sulle prospettive economiche, sulle ultime stime - ha spiegato - ognuno confermera' le proprie proiezioni e dopo entreremo nel merito dei contributi da presentare al G20, come la modifica del sistema finanziario". Gurria ha evidenziato l'importanza del fatto che ministri finanziari e banche centrali lavorino insieme "perche' questo significa che c'e' un coordinamento, un'intesa comune". Alla domanda se il protezionismo sia motivo di preoccupazione, il segretario generale dell'Ocse ha risposto: "Certo che sono preoccupato, e anche molto, dovremmo evitarlo a tutti i costi e questo e' uno dei temi che uscira' qui".

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Inviato il: 14/2/2009 9:29
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#952
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Inviato il: 15/2/2009 0:58
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#953
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Alè e si ritorna sempre sul NWO....a tremonti il b(ruttistronzi)ilderberg gli ha dato alla testa!
Inviato il: 15/2/2009 1:23
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#954
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Citazione:

Cinqui ha scritto:
Tremonti: "Serve un nuovo ordine mondiale"

Stiamo a posto....


L'avevo letto sul blog di Linucs poco fa e stavo per strozzarmi con l'aranciata...

http://xiaodongpeople.blogspot.com/2009/02/g7-tremonti-nuovo-ordine-mondiale.html

Io avevo letto il libro di Tremonti ed era contro il socialismo globale della city... adesso cambia casacca a 180 gradi... ma d'altronde dal commercialista di Berlusconi questo ed altro... oppure questa crisi ha fatto scacco matto a tutti i nazionalismi come prevedeva rockefeller e hanno gettato la spugna.

“We are on the verge of global transformation. All we need is the right major crisis and the nations will accept the new world order.”
- David Rockefeller speech at the US Business Council, 1994
Inviato il: 15/2/2009 2:21
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Re: Dialogo reale tra operatori di borsa svoltosi l'11 Luglio...
#955
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Bella media, no?

Crisi: Usa, chiuse altre 4 banche
Dall'inizio dell'anno sono falliti 13 istituti bancari
(ANSA) - NEW YORK, 14 FEB - Le autorita' americane chiudono altre 4 banche, portando cosi' a 13 il bilancio delle istituzioni fallite dall'inizio dell'anno. La Fdic, l'agenzia federale di assicurazione sui depositi ha chiuso Riverside Bank (Florida), Sherman County Bank (Nebraska), Pinnacle Bank (Oregon) e Corn Belt Bank and Trust Co. (Illinois). Nel solo mese di gennaio la Fdic ha chiuso 6 banche, il massimo dal 1993.


Debito, Trichet: «Nell'area euro nessun Paese a rischio»

La Bce «ha piena fiducia nell'azione dei Governi, nelle misure che sono state prese finora sul debito alle quali seguiranno con certezza azioni appropriate anche in futuro». Lo ha detto il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, al termine del G7 finanziario di Roma, rispondendo alle domande dei giornalisti sui rischi di una crisi di fiducia nell'Eurozona a seguito delle difficoltà di Spagna, Portogallo e Grecia sui livelli di debito. «Non vedo alcun pericolo per i Governi dell'Eurozona», ha concluso Trichet.

Il presidente della Eurotower ha poi indicato che «le aspettative dell'inflazione sono ben ancorate» e la Bce non esclude di adottare nuove misure non convenzionali anche se ancora non c'é alcuna decisione. Sul tema dei titoli tossici il presidente della Banca centrale europea ha affermato che «stiamo considerando tutte le possibili opzioni» aggiungendo che va trovato un sistema equo per trattare tali asset.

Tutte le Banche centrali si stanno muovendo con misure di politica monetaria «non convenzionali» in queste settimane e questo vale anche per la Bce che «non esclude» di poterne prendere altre in futuro. «Abbiamo spiegato - ha detto Trichet - quello che abbiamo già fatto su questo punto e non escludiamo in futuro di prendere altre misure di questo tipo. Vedremo se e quando ce ne sarà bisogno».

Le ultime parole famose....
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La storia inizia e si ferma, va avanti e poi si perde e, in mezzo a ogni parola, quanti silenzi, quante parole sfuggono e svaniscono per non essere mai piu' ritrovate. (P. Auster)
Inviato il: 15/2/2009 16:38
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Re: Dialogo reale tra operatori di borsa svoltosi l'11 Luglio...
#956
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Per quale guerra si preparano?

Washington, 15 feb. - (Adnkronos) - L'esercito americano accettera' immigrati con visti temporanei per gli Stati Uniti, in un tentativo di contrastare la penuria di reclutamenti - sempre necessari con due guerre in corso - e in cambio della concessione della cittadinanza in sei mesi. Lo scrive il "New York Times", secondo cui, per la prima volta dalla guerra in Vietnam, le Forze armate apriranno le proprie porte agli immigrati che risiedono negli Stati Uniti da almeno due anni
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Inviato il: 15/2/2009 17:32
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Re: Dialogo reale tra operatori di borsa svoltosi l'11 Luglio...
#957
Sono certo di non sapere
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Penuria di reclutamenti? Ma dove?

Military Recruiting Numbers Climb in Weak Economy

Neither small nor large organizations seem immune to the economic downturn, with one exception: the federal government. And within the government, the U.S. armed forces, in particular, are enjoying a hiring surge. The most recent year (2008) was the strongest military recruiting year in the past four. With the number of unemployed workers hovering around 11 million, all the services met recruiting goals in the initial weeks of 2009.

Each year, the military brings in more than 300,000 new recruits so it can maintain a 2.2 million force of sailors, soldiers, airmen and Marines. But while the door to the military is always open, military recruiters are fielding more queries and meeting with a new receptivity from potential candidates.

Recruiters report that they are seeing older walk-ins as a result of a battered economy. Changes in recruitment rules — the Army, for example, in 2006 raised its enlistment age limit from 35 to 42 — are also behind interest from older candidates.

With conflicts in Afghanistan and Iraq, the Army brought in more than 80,000 new recruits in 2008, while the Marines filled 38,000 positions. It is a “seller’s market,” according to anecdotal reports from Marine recruiters.

David Chu, who served as Defense Secretary Robert Gates’ senior policy adviser for recruiting during the Bush administration, said the military does benefit “when things look less positive in civil society.” Job losses in 2008 were a record 2.6 million, pushing the unemployment rate to 7.2, the worst since 1993. Thus, interest in military jobs is not surprising. Chu said the difficult economy has created an opening for recruiters to make their pitch.
Inviato il: 15/2/2009 22:42
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Re: Dialogo reale tra operatori di borsa svoltosi l'11 Luglio...
#958
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Un aggiornamento sulla pesante situazione Unicredit, in caduta libera in borsa da alcuni giorni:

UNICREDIT: NUOVO PESANTE CALO (-7,84%)

Milano, 17 feb. (Adnkronos)- Nuovo pesante calo per il titolo Unicredit che dopo un'ora di contrattazionicede il 7,84% a 1,116 euro. Negli ultimi trenta giorni il titolo della banca guidata da Alessandro Profumo ha perso oltre il 30%. A pesare sul titoli anche i timori per la situazione economica dell'Est europeo dove Unicredit e' molto presente.

fonte: link


lunedì 9 febbraio 2009
Unicredit, Crt e i libici più forti
Alessandro Profumo, i veronesi non sono riusciti a rimuoverlo


Con Carimonte sottoscriveranno i 440 milioni di bond rifiutati da CariVerona

FRANCESCO SPINI
MILANO
Saranno libici, Fondazione Crt e Carimonte Holding a sottoscrivere - al posto di CariVerona, che venerdì ha opposto il gran rifiuto - i 440 milioni mancanti ai 3 miliardi di obbligazioni convertibili «cashes» che il 16 febbraio UniCredit emetterà al posto del fallito aumento di capitale. L’emissione, che permetterà a Piazza Cordusio di innalzare il principale ratio patrimoniale, il Core Tier 1, al 6,7%, si conferma dunque dell’importo originale. Ma la diversa suddivisione dei sottoscrittori cambierà la geografia societaria della banca guidata da Alessandro Profumo: nel momento in cui le obbligazioni saranno convertite, la Central Bank of Libya sarà il primo azionista con circa il 7%, mentre Crt diverrà il più rilevante socio italiano, mettendo così in secondo piano l’ente veronese, e soprattutto stringerà un asse più forte con Carimonte. Assieme i due soci italiani si trovano in mano il 9% dei diritti di voto, tutti esercitabili.

A formalizzare la «rete di protezione» messa in campo dai grandi soci, sono intervenuti ieri sera due comunicati incrociati di UniCredit e Mediobanca in cui si assicurava la conferma dei tre miliardi di emissione a fronte degli «impegni di sottoscrizione di cashes» ricevuti da Piazzetta Cuccia da parte di «investitori istituzionali» al posto di CariVerona. Ma niente particolari. Che, a quanto si apprende, dovrebbero essere questi: i libici faranno la parte del leone nel soccorso al pacchetto di 440 milioni di euro (sarebbe questa la somma da recuperare) sottoscrivendo oltre la metà della somma mancante, 250 milioni. Gli altri 190 verrebbero dalla Fondazione Crt (circa 130) e da Carimonte Holding (60). L’opzione più probabile tra quelle che verranno sottoposte oggi all’approvazione del consiglio della fondazione torinese, già convocato per l’approvazione del bilancio, e a quello della fondazione bolognese sarebbe un intervento comune dei due azionisti, ricorrendo in parte al debito.La soluzione, insomma, se da un lato rende più stretti i rapporti tra Crt e Carimonte, dall’altro accresce il potere di Fabrizio Palenzona dentro UniCredit, mette all’angolo Paolo Biasi e apre la strada agli uomini di Gheddafi nella governance del gruppo.

Di tutto questo se ne avrà una prima prova oggi, quando, nel primo pomeriggio, si riunirà il comitato governance e nomine di UniCredit. Una riunione da cui uscirà l’indicazione diretta al consiglio di amministrazione in agenda per giovedì, per la riconferma - in vista dell’assemblea di inizi maggio - di Dieter Rampl e di Profumo rispettivamente come presidente e amministratore delegato. Da giovedì in avanti, invece, comincerà la discussione sui singoli componenti da inserire nella lista di maggioranza e, al pari, delle cariche da distribuire in relazione alla nuova configurazione della compagine dei grandi azionisti. In questo capitolo rientrerà la questione Libia, che potrebbe avere uno o, visto l’ulteriore impegno assunto, due consiglieri. Ancora aperta la questione di una vicepresidenza per Tripoli. Di certo dalla Libia hanno già indicato un loro rappresentante: si tratta del governatore della Central Bank of Libya, Farhat O. Bengdara. Sarà un lavoro lungo, insomma, da cui CariVerona uscirà decisamente ridimensionata: se prima mirava a sfilare addirittura la presidenza a Rampl a favore di un suo candidato, ora sarà probabilmente costretta a presentare una lista di minoranza.



16/02/09
La Libia rinforza il suo investimento in Unicredit con 3.000 milioni in obbligazioni convertibili

La Central Bank of Lybia aumenterà la sua quota attraverso la sottoscrizione di obbligazioni convertibili (contanti) vincolate all’estensione di capitale di 3000 milioni di euro in Unicredit, la principale banca italo-tedesca.

Secondo quanto ha affermato l’ambasciatore libico in Italia, Hafed Gaddur, l’operazione ha l’approvazione del primo ministro italiano Silvio Berlusconi. La banca libica, già azionista di Unicredit, alla fine dell’anno scorso ha incrementato la sua quota fino al 4.9% del capitale. Ora sottoscriverà anche 250 dei 500 milioni di euro del prestito convertibile che l’altro socio della Unicredit, la fondazione Cariverona, ha deciso di non sottoscrivere.

Unicredit e Mediobanca hanno assicurato che altri soci ed investitori si faranno carico dei restanti 250 milioni, tra questi figura la Crt (Cassa di risparmio di Torino), e pertanto “l’esecuzione dell’operazione rimane confermata nella misura originaria di un massimo di 3 milioni di euro”.

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UNICREDIT: La banca di Profumo rischia “una Stalingrado monetaria”
Mauro Bottarelli

martedì 17 febbraio 2009

Normalmente chi si occupa di economia e finanza legge come primi giornali della giornata quelli anglosassoni, ovvero Wall Street Journal e Financial Times. Poi, a cascata, quelli europei: Faz, Suddeutsche Zeitung, Le Monde, El Pais. Difficile, invece, concentrarsi in una rassegna stampa seria e ragionata dei giornali austriaci. Un errore. Grave, in questi giorni. Ma partiamo dal principio.

La scorsa settimana il ministro delle Finanze austriaco, Joseph Pröll, ha infatti messo in atto un disperato tentativo di racimolare 150 miliardi di euro per un piano d’intervento per l'ex blocco sovietico a rischio default: non stupisce, visto che l’Austria ha prestato 230 miliardi di euro a paesi di quella regione, qualcosa come il 70% dell’intero Pil austriaco. La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo valuta il tasso di debiti negativi - ovvero, di fatto inesigibili - al 10% con possibilità di arrivare al 20: peccato che una percentuale del 10 già rappresenta il crollo tecnico del mercato finanziario austriaco, come scriveva il quotidiano viennese Der Standard.

Eccoci, quindi, l’aggancio con il precedente richiamo alla lettura della stampa austriaca. Da alcuni giorni, infatti, oltre le Alpi i quotidiani parlano molto chiaro rispetto al futuro di due banche: Bank of Austria e la sua proprietaria, ovvero Unicredit, rischierebbero infatti «una Stalingrado monetaria» se le istituzioni internazionali non porranno in atto un piano di aiuto e salvataggio per paesi come la Lituania, l'Ucraina e la Repubblica Ceca, debitori e potenziali insolventi.

D’altronde, basta guardare ai dati. Stephen Jen, capo del monetario alla Morgan Stanley, valuta infatti in 1,7 trilioni di dollari la mole di denaro presa a prestito dall’Europa dell’Est, quasi tutta su short-term maturities. Ovvero, da ripagare in fretta. Basti pensare che entro quest’anno dovrebbero essere ripagati agli istituti europei finanziatori, qualcosa come 400 miliardi di euro: buona fortuna, il default è alle porte visto che il mercato del credito è una finestra sbarrata e il Fondo Monetario Internazionale è già corso in soccorso di Islanda, Ucraina, Pakistan, Bielorussia, Lituania e Ungheria (e ora tocca alla Turchia) dissanguandosi.

Non se la passa meglio la Russia che deve ripagare 500 miliardi di dollari di prestiti contratti dagli oligarchi, peccato che il rublo vada a picco, economia e Borsa pure e soprattutto visto che il budget del 2009 è stato elaborato basandosi sul costo del barile di petrolio - il cosiddetto Brent degli Urali - a 95 dollari, quindi un input importante per la casse di Mosca. Solo che oggi il petrolio viaggia sui 33-34 dollari e molti analisti parlano di 25 dollari al barile entro aprile-maggio: un bagno di sangue.

Insomma, o si salva l’Est oppure salta tutto. Ma il fatto che la Germania, attraverso Peer Steinbruck, abbia già detto all'ultimo vertice dell'Ecofin che quello del default dell’ex blocco sovietico è «un problema austriaco e non dell'Ue» aggiunge preoccupazione a preoccupazione. Il perché di questo è presto detto. Si avvicina, infatti, il momento della nazionalizzazione di una banca tedesca. Tutti i nodi non sono ancora stati sciolti ma il governo federale ha confermato che un progetto di legge per permettere la nazionalizzazione di un istituto di credito è in via di definizione e verrà discusso dal consiglio dei ministri di domani: una modifica legislativa è necessaria poiché attualmente in Germania l'acquisizione d'imperio da parte dello Stato non è permessa.

La candidata principale alla prima nazionalizzazione dalla fine della Seconda guerra mondiale è Hypo Real Estate, istituto di credito che ha già beneficiato di aiuti miliardari in questo ultimo anno e mezzo ma che versa ancora in enormi difficoltà: impossibile per Berlino non intervenire, visto che l’istituto è cruciale per il mercato dei Pfandbriefe, le obbligazioni ipotecarie: a tal fine il governo sta ancora trattando con il socio di riferimento, l’investitore J.C. Flowers, per trovare un’eventuale intesa sul prezzo.

Domenica intanto il ministro delle Finanze Peer Steinbrück ha detto che la situazione delle banche tedesche è fonte di «grande preoccupazione». Se a questo uniamo il fatto che i governi europei sono esposti per il 74% dell’intero portafoglio di prestiti dei mercati emergenti (un altro scherzetto da 4,9 trilioni di dollari) e che il Fondo Monetario Internazionale sta finendo le sue riserve di 200 miliardi di dollari, il quadro appare davvero fosco.

Almeno quanto quello prefigurato sull’inserto Business del Sunday Times da Simon Johnson, ex capo economista proprio del Fondo Monetario Internazionale, secondo il quale o il prossimo G7 porrà al centro della sua agenda il salvataggio dell’Irlanda oppure la tigre celtica andrà in default sul debito entro la primavera: si parla di 70 miliardi di euro di debito per un paese di pochi milioni di abitanti con un’economia a pezzi, il mercato immobiliare in fallimento e la delocalizzazione delle major statunitensi che sta distruggendo il sogno della ripresa.

I credit default swaps per assicurarsi sul default del debito irlandese venerdì scorso hanno toccato i 350 punti base, un dato devastante: per assicurare 100 dollari ne servono 3,5 di rischio paese mentre esattamente un anno fa bastavano 10 pence ogni 100 dollari.

La vera crisi sta arrivando, fino ad oggi abbiamo visto soltanto il trailer. Dalle stanze della politica romana, così come dai giornali italiani, registriamo un rumoroso silenzio al riguardo.

fonte: http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=12574

NOTA: quando si legge "Verona" si deve leggere "Opus Dei", che a Verona ha la sua capitale finanziaria.
Inviato il: 17/2/2009 18:32
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#959
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quando si legge "Verona" si deve leggere "Opus Dei", che a Verona ha la sua capitale finanziaria.

Già...e quale ironia, proprio a Verona dove si usa la bestemmia al posto della virgola

Anzi è abbastanza ironico in generale che siamo l'unico popolo dove il vaticano è così radicato e anche l'unico dove la bestemmia è un'istituzione.

EDIT: domanda ai mie amici austriaci. Ma se l'inflazone è l'aumento della massa monetaria e s'è visto che anche stampando 2 trilioni (che stano fermi nelle banche) non gliela si fa, non c'è il rischio di fallimento delle banche e, se viene mantenuto il corso legale, deflazione? A meno certo, di piogge di soldi dal cielo a fottere

EDIT2: o meglio non dovrebbe in caso manifestarsi a breve l'aumento dei prezzi, essendosi liberata la moneta non più usata negli stadi intermedi della produzione? Non è che nelle previsioni di aumento/diminuzione dei prezzi non teniamo conto dell'effetto che hanno i crediti al consumo sulla catena produttiva?

EDIT3: Meglio ancora. Se

a)La deflazione è la diminuzione della massa monetaria e

b)un sacco di moneta sotto forma di credito rischia la distruzione e altra è già stata distrutta

non rischiamo una pesante deflazione a meno che altre condizioni non sopraggiungano?
Inviato il: 17/2/2009 20:26
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Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso
#960
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Finche' la barca va.....lasciala andare, finche' la barca va...tu non remareeee.......

Il 1 marzo si riuniscono i capoccia europei: scommettiamo su BCE prestatore d'ultima istanza?

P.S.: Qua se mette male male (ma questo gia' lo sapevamo).
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Inviato il: 17/2/2009 21:43
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