Re: gli alieni tra noi - Medvedev -

Inviato da  Maksi il 11/12/2012 12:14:58
Un articolo ripreso diversi anni fa dal web sulla Terra cava... da profano lo ritengo interessante.

LA TERRA SECONDO LA SCIENZA E LA TEORIA DELLA TERRA CAVA

Secondo le conclusioni raggiunte dagli scienziati, in particolare dai geologi, la Terra ha una conformazione ben diversa ed incompatibile con la teoria della Terra Cava. Secondo quanto insegnano, tali conclusioni dovrebbero bastare a relegare l’idea del nostro pianeta cavo all’interno, fra le superstizioni del passato ormai definitivamente smentite.

Ma queste sono davvero conclusioni certe e sufficientemente provate? O piuttosto ipotesi in cui si crede fortemente “promovendole” a rango di fatti dimostrati?

Fin da scuola si insegna com’è fatto l’interno del pianeta, ma spesso si dimentica di precisare che quello che si insegna è pur sempre fatto di “ipotesi”, ipotesi a cui si crede, perché non pongono ulteriori domande cui dare risposta sarebbe veramente difficile… Più concretamente, vediamo, servendoci per esempio del volume “Enciclopedia della Geografia” edito da De Agostini, in cosa consiste il modello più accettato dalla scienza, sulla costituzione dell’interno del nostro pianeta, sottolineando tuttavia come le lacune di questa teoria, ovverosia osservazioni inspiegabili se si vuole dare come buono il modello tradizionalmente accettato, troverebbero una logica spiegazione secondo il modello della teoria della Terra Cava. Perciò, dovrebbero essere un invito agli scienziati, se vogliono continuare a sostenere che la Terra è proprio come viene insegnato a scuola, a suffragare con prove maggiormente convincenti e a colmare queste lacune. È grave che tali lacune restino lasciate in sospeso, perché in agguato c’è pur sempre un’altra teoria…

“La rappresentazione della struttura della Terra è stata resa possibile … dai dati derivanti dallo studio dei terremoti e da ipotesi dell’ordine chimico-fisico sulla probabile composizione del materiale terrestre”. Ipotesi? Probabile? Sì, è tipico leggere “secondo le ipotesi più accreditate…”, nei libri più onesti. Non si tratta quindi di verità scientificamente dimostrate, bensì di ipotesi, postulati, modelli…

La Terra avrebbe quindi una crosta fredda spessa da 10 a 40 chilometri, seguita da un mantello, che arriva fino a 2900 km di profondità, e una parte restante composta da un nucleo (esterno ed interno) ad elevata densità, dove è maggiormente concentrato il ferro e il nichel. Dai 40 km in giù, tutto sarebbe bollente ed in stato fluido e semifluido, un oceano bollente da inferno dantesco, con quindi una quantità enorme di calore interno. La crosta sarebbe come la buccia di un’arancia che galleggia su una massa pressoché fluida o semifluida a causa dell’enorme temperatura cui sarebbe sottoposta.

Tutto bene dunque?

Non tanto, se è vero che restano molti interrogativi privi di risposta; proviamo a vederli un po’:

· Ruota rigida come l’acciaio. La Terra si comporta nel suo complesso come un corpo solido rigido come l’acciaio. In particolare, la rotazione terrestre non crea particolari problemi alla sottile crosta terrestre, che non è ancora andata in brandelli… Sembra che sia logico e normale che le cose debbano andare così, eppure a ben vedere non lo è affatto, secondo il modello accettato dalla “scienza ufficiale”. I corpi non solidi che ruotano, come ad esempio il Sole, hanno le zone equatoriali che ruotano più veloci di quelle a latitudini più elevate, così che queste ultime restano sempre “indietro”, e determinano zone a differenti velocità di rotazione.

La solida crosta terrestre, essendo rigida, mantiene in ogni punto la stessa velocità angolare di rotazione. Cambiano solo le velocità tangenziali, ovverosia le velocità di rotazione dei punti sulla superficie perché dipendono dalla distanza dall’asse di rotazione, ma se tracciamo una linea da un punto qualsiasi sulla superficie posto all’equatore, e la congiungiamo ad uno dei Poli, noteremmo come è ovvio, che tale linea resta sostanzialmente immodificata durante le 365 rotazioni che il nostro pianeta compie in un anno. La stessa cosa però non avverrebbe sul Sole: se noi tracciassimo una linea che da un punto dell’Equatore Solare, congiungesse uno dei Poli, vedremmo questa linea allungarsi prima e poi spezzarsi rapidamente, perché i vari strati ruotano a differenti velocità angolari, come una serie di dischi che slittino uno sopra l’altro. Ciò renderebbe impossibile sul Sole l’esistenza di una ipotetica crosta solida che si estenda indenne dall’equatore ai poli: verrebbe molto rapidamente fatta a pezzi.

Siccome si ritiene che l’interno del pianeta sia un fluido perenne, la stessa cosa che avviene sul Sole, dovrebbe avvenire per tali strati fluidi al di sotto della crosta terrestre, le zone vicino all’equatore dovrebbe ruotare più velocemente rispetto a quelle polari, avere cioè differenti velocità angolari, ma che una cosa simile accada anche sulla Terra, non pare risulti da alcuna parte nei testi “ufficiali”. Infatti in un corpo sferico che ruota, a causa delle diverse velocità tangenziali delle zone “equatoriali” rispetto a quelle “polari”, cioè vicine all’asse di rotazione, si determinano delle forze dette forze di Coriolis, che tendono a minare l’integrità del corpo in rotazione. Siccome la crosta terrestre, peraltro “bucherellata” da tutti i vulcani, le faglie, le zone di subduzione eccetera, è solida, tende a mantenere la propria rigidità, ma la parte fluida sottostante, che non è rigida, dovrebbe determinare delle forze terribili sulla crosta a causa del suo cedere alle forze e quindi all’avere gli strati equatoriali più veloci di quelli polari.

Tali forze, in grado di fare a pezzi la crosta terrestre, non troverebbero altra opposizione che la propria rigidità della crosta stessa.

Una rigidità, si badi bene, che non è sufficiente ad impedire lo spostamento e lo scorrimento delle placche continentali per l’azione di forze ben più deboli, cioè i lenti moti convettivi dovuti alla termodinamica del mantello. Se i moti convettivi riescono a formare le montagne, a spostare i continenti, ad essere la causa prima di terribili terremoti, figuriamoci cosa potrebbe fare l’azione sulla crosta degli strati fluidi che ruotassero a velocità differenti.

La Terra quindi, se fosse come dice la scienza ufficiale, dovremmo aspettarcela piena di oceani di magma bollente e di brandelli di crosta che ci galleggiano sopra, perché anche la crosta appena raffreddata verrebbe nuovamente spaccata dalle forze di Coriolis, fino a che il raffreddamento totale e completo non solo della crosta, ma anche del mantello sottostante, non l’abbia resa rigida e le forze del mantello non siano diventate insignificanti.

Se il mantello fosse uno strato sottile, mancante in molti punti così da permettere alla crosta di essere un tutt’uno solidale col resto del pianeta, e rigido come l’acciaio, si spiegherebbe allora perché non vi siano di fatto forze che tendano a spaccare la crosta nella massa fluida sottostante, e perché queste non siano state notate: perché questa massa fluida in realtà è talmente poca da non creare pensieri al resto della crosta estremamente densa, rigida e fredda. Però riesce, grazie ai moti convettivi, a permettere la dinamica conosciuta della tettonica a zolle.

Il gradiente geotermico. Un altro mistero gravemente inspiegato dalla geologia ufficiale, riguarda il cosiddetto “gradiente geotermico”. Quando si scende verso l’interno del pianeta, la temperatura aumenta perché ci si avvicina al mantello bollente. Il quanto aumenta, è un valore detto “gradiente geotermico”, che è stato misurato in circa 1 grado ogni 33 metri di profondità. Un rapido calcolo ci porterebbe a concludere che, se il gradiente geotermico rimanesse inalterato, nel nucleo si avrebbe una temperatura vicino ai 200.000 gradi, mentre invece si ritiene si aggiri sui 2.000-4.000 gradi. Come si spiega? Non si spiega, secondo la scienza, man mano che si scende verso il centro, il gradiente diminuisce e basta, così, senza motivo. Ma secondo la teoria della Terra Cava, questo sarebbe perfettamente spiegato: superato lo strato sottile di mantello reale, la crosta riprenderebbe a raffreddarsi, mantenendo lo stesso gradiente all’inverso.

Un eterno calore interno. La Terra conserverebbe, sempre secondo la scienza ufficiale, un’enorme quantità di calore al suo interno. Tale quantità sarebbe sufficiente a mantenere fluido e a temperature elevate, tutto ciò che è più profondo di 40 km. Da dove viene tutto questo calore? Una spiegazione sostenuta dai geologi, è che sia ancora presente il calore che c’era all’origine, durante il periodo di formazione del pianeta, ben 5 miliardi di anni fa! Perbacco, che thermos! In tutto questo tempo non ha mai disperso questo calore, e sì che di vulcani ne eruttano continuamente, di spaccature dalle quali fuoriesce magma bollente ve ne sono, quindi di perdita di calore ve n’è in continuazione… Ma siccome regge non troppo come spiegazione, si è ipotizzato che del calore sia generato continuamente grazie al decadimento di nuclei radioattivi, e quindi di nuclei pesanti presenti all’interno. Ma di questo materiale radioattivo in decadimento deve essercene una marea sotto il pianeta, dovrebbe essere la composizione base del nostro pianeta, perché qui dobbiamo giustificare la quasi totalità del volume terrestre a temperature bollenti! Il magma che esce da un qualunque vulcano, sarebbe radioattivo come non mai e ogni eruzione vulcanica sarebbe un disastro paragonabile a Chernobyl! Ma così non è.

Oltretutto questo processo dovrebbe andare avanti da miliardi di anni, e questo presunto enorme calore interno, avrebbe dovuto già esaurirsi per decadimento degli elementi radioattivi…

È comunque evidente che c’è uno strato di magma che, pur sottile secondo la Teoria della Terra Cava, si mantiene ad elevata temperatura, ma alla luce della Teoria della Terra Cava, si apre la porta ad altre spiegazioni altrimenti impossibili per la teoria tradizionalmente accettata dalla “Scienza Ufficiale”. Per esempio, reazioni chimiche esotermiche (cioè con sviluppo di calore) che avverrebbero fra numerosi metalli presenti nello strato estremamente denso al centro della crosta terrestre, e dell’acqua infiltrata dalle superfici… una specie di revival delle teorie che, prima dell’avvento della geologia moderna, erano disposte a dare una chance alla possibilità che il nostro mondo fosse cavo, e che non consideravano la radioattività semplicemente perché il fenomeno non era conosciuto.

E il Nucleo? Beh, non si può avere una risposta valida per tutto…, ma se esso pure concentra degli elementi densi e pesanti, e se tale nucleo è di fatto la causa del campo magnetico terrestre o almeno così si ritiene, il decadimento radioattivo potrebbe essere sufficiente a mantenerlo ad una temperatura elevata. Tale nucleo per via dell’elevata densità, ma grazie ad un volume ridotto, potrebbe essersi mantenuto caldo fino ad oggi…

Il campo magnetico terrestre. Si racconta che quando ad Albert Einstein piccolo fu regalata una bussola, lo scienziato chiese al padre, autore del dono, come facesse l’ago a restare sempre allineano con il nord-sud… E la risposta del padre, dopo tante insistenze, fu un deludente “perché è così e basta”.

Secondo la scienza “ufficiale”, il campo magnetico terrestre si origina nel nucleo – il solino interno secondo la TTC. Come fa? Non è possibile ipotizzare l’esistenza di un enorme calamita solida, sempre secondo la teoria scientifica “ufficiale”, perché essendo l’interno del pianeta un inferno di fuoco, a tali temperature nessun metallo può restare magnetizzato. Perciò bisogna postulare la misteriosa presenza di correnti elettriche di origine inspiegabile, presenti all’interno del nucleo, che in concomitanza alla rotazione terrestre, creano un campo magnetico per via del noto Effetto Oersted. Per spiegare un mistero, se ne crea un altro… Da dove vengono queste correnti elettriche e come fanno a prodursi? La scienza non lo sa… Né sa come mai ogni tanto le polarità di questo campo magnetico si invertano, o perché i poli magnetici siano soggetti a variazioni – e si sa anche che sono influenzati anche dalle tempeste magnetiche provocate da un periodo di intensa attività solare.

La Teoria della Terra Cava anche in questo caso rimetterebbe in gioco la spiegazione più semplice: il campo magnetico è dovuto alla magnetizzazione degli strati metallici entro la densa crosta terrestre. Tale magnetizzazione può essere facilmente provocata grazie ad un contributo esterno, cioè di un campo magnetico che agisca dall’esterno, vi può partecipare per esempio il vento solare, la pioggia di particelle cariche elettricamente provenienti dal Sole, per esempio.

Inoltre il campo magnetico terrestre non è allineato con i poli geografici, ma rispetto a questi è inclinato di una decina di gradi. Anche questa “stranezza”, verrebbe spiegata dalla Teoria della Terra Cava: l’asse magnetico non può superare i limiti dei densi strati metallici, che cesserebbero a 600 km dal bordo delle aperture polari. Notiamo che i 1.100/1.200 km di raggio di tali aperture, unito ai 600 km del punto più denso della crosta dove giace il centro di gravità, ci porta un risultato di 1.800 km, una misura paragonabile alla reale distanza che i poli magnetici hanno dai poli geografici. Solo una semplice coincidenza?

Va infine ricordato che secondo la teoria della terra cava, il magma che fuoriesce dai vulcani e che fa parte di un mantello incandescente spesso, secondo la scienza odierna, 2.900 km, in realtà non sarebbe altro che un esile strato superficiale, che in alcuni punti mancherebbe del tutto permettendo quindi l’esistenza di anfratti e gallerie che consentirebbero di accedere dalla superficie al mondo sottostante. Da ciò si può facilmente concludere che per entrare nella superficie interna del pianeta, bisogna percorrere almeno 2.100 km dall’ingresso dell’apertura polare. E che tale viaggio nel deserto delle zone polari, potrebbe far credere in ogni istante di essere ancora sulla superficie. Infatti le due aperture polari, secondo la teoria, avrebbero un diametro di 1200 miglia (all’incirca 2000 km), e di conseguenza un raggio pari ad un migliaio di km. Per cui, per raggiungere il solo orlo dell’apertura, bisognerebbe essere ad un migliaio di km dal polo, e le aperture non sarebbero visibili perché coperte perennemente da una nebbia lattiginosa che si confonde facilmente col manto ghiacciato. E nessuna bussola può essere d’aiuto: il polo nord magnetico, per esempio, quello verso cui tutti gli aghi delle bussole puntano indicandolo come il nord, si trova a ben 2.000 km di distanza dal polo nord geometrico. E a quella distanza inoltre le bussole non funzionano a causa dell’elevato angolo di inclinazione magnetica.

LE AURORE POLARI

Uno dei punti di contrasto più accesi fra la teoria della Terra Cava e la scienza “ufficiale”, riguarda il fenomeno delle Aurore Polari, definizione più corretta di quella più nota ‘Aurore Boreali’, in quanto il fenomeno non è una prerogativa soltanto del nostro emisfero (quello boreale appunto).

Dello stupendo fenomeno delle Aurore Polari si possono trovare facilmente numerose fotografie, per chi non è così fortunato da vivere nelle zone più settentrionali dove il fenomeno si rende spesso e facilmente visibile.

Secondo la scienza che si impara fin da scuola, le Aurore Polari sono un fenomeno esclusivamente elettrico, dovuto alle particelle del vento solare che ionizzano i gas dell’atmosfera terrestre facendoli diventare luminescenti. Le particelle elettricamente cariche provenienti dal Sole, verrebbero deviate dal campo magnetico terrestre e convogliate verso il Poli (magnetici in realtà, non geografici), dove, facendo quello che normalmente avviene all’interno di una comune lampada fluorescente o lampada al neon, rendono luminosi i gas rarefatti dell’alta atmosfera. Ma questo non avviene sempre, le aurore polari sono incostanti, episodiche, sia come frequenza che come estensione visiva del fenomeno: perché?

Un’immagine scattata durante un’Aurora Polare. Si vede un raggio che si staglia dal basso da quella che sembra una fenditura… forse dalla fenditura che sta per richiudersi dell’apertura che dal Polo conduce all’interno della cavità?

Invece, secondo la Teoria della Terra Cava, le aurore polari hanno un’origine completamente diversa, in quanto non sarebbero altro che il riflesso, sull’atmosfera, della luce del Sole Interno che ogni tanto riesce a passare dalla densa lattigine che normalmente riempie le cavità che conducono all’interno. Ciò spiegherebbe il perché le Aurore siano un fenomeno episodico, e non siano presenti costantemente come più logico visto che il vento solare è sempre presente. Per spiegare l’episodicità delle A.P., gli scienziati hanno affermato che le aurore tendono a presentarsi con più frequenza durante gli episodi di massima attività solare, coincidenti con la maggior concentrazione di macchie solari. In realtà secondo altri questo non sarebbe vero, non ci sarebbe tale correlazione, e neppure sarebbe vero che durante la massima intensità dei fenomeni, le bussole impazziscono o si odono crepitii a suffragare la loro natura elettrica.

Resta vero che l’attività solare influenza, con le cosiddette tempeste magnetiche gli apparecchi che funzionano ad energia elettrica ed in particolare creano disturbi alle comunicazioni radio-televisive. E resta anche vero che in concomitanza di tempeste magnetiche, che seguono spesso a breve distanza eccezionali brillamenti solari siano state anche osservate estese Aurore Polari, ma forse sarebbe meglio dire, fenomeni di luminescenza atmosferica associate alle tradizionali Aurore Polari.

Le fotografie scattate dai satelliti, durante un’Aurora Polare, poi, sono ancora più sconcertanti, perché mostrano che il fenomeno si estende in forma circolare,

Fotografie scattate da un satellite durante un’aurora polare. I due fotogrammi fanno parte di una sequenza di immagini, e si nota chiaramente la forma circolare del fenomeno luminoso.

come a voler assecondare la forma dell’apertura polare dal quale fuoriescono i raggi che illuminano l’atmosfera. La spiegazione è senz’altro singolare e affascinante: l’idea che la luminescenza che si osserva di tanto in tanto nelle regioni Polari sia la luce del sole interno che trova uno spiraglio, almeno sarebbe stata più credibile di quelle che furono avanzate prima che si sapesse qualcosa del vento solare e delle particelle elettriche cariche provenienti dal Sole.

Ma l’esistenza comunque di luminescenze atmosferiche associate all’attività solare, non ha permesso ai sostenitori della Teoria della Terra Cava, di portare la prova definitiva che le Aurore Polari fossero veramente dovute al sole interno: ognuno ha avuto il proprio appiglio a cui stare aggrappato, e le sue buone ragioni per continuare a restarci.

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