Re: Razionalismo.

Inviato da  SecondLife il 8/9/2010 17:42:20
Red_Knight
Citazione:
Su questo non c'è alcun dubbio: sapessi quante cazzate ho fatto e detto io, alla faccia del razionalismo! Non di meno rimango convinto che, proprio perché erano cazzate, avrei potuto evitarle se fossi stato "più" razionalista. Attenzione, non sto dicendo che sia possibile: spesso e volentieri è inevitabile non riuscire a ricorrere alla totalità delle proprie risorse mentali (paura, sconforto, periodi post-trauma, influenza di una figura autoritaria o carismatica). È semplicemente la natura.
Ma a mente fredda, cioè laddove ritengo doveroso esserlo ,mi considero una persona estremamente razionale.

E proprio qui si evidenzia il "peccato originale" del razionalismo, conseguente ad un presupposto ontologicamente immaginario: la "mente fredda". La mente umana non è mai "fredda". Mai. Al di sotto dei processi mentali consci sussistono sempre dinamiche irrazionali ed ineludibili che li condizionano. È questo che sto cercando di fare capire. Anche laddove il processo analitico che si mette in campo sia razionalmente impeccabile, perfetto, esso si svolgerà ovviamente a partire da una precedente selezione di dati ritenuti significativi e sufficienti a rappresentare un problema. E alla base della selezione ci sarà, altrettanto ovviamente, la percezione umana, cioè un processo intrinsecamente soggettivo, parziale ed arbitrario, nel quale il substrato inconscio/emozionale/irrazionale la fa da padrone: la psicologia cognitiva a proposito di questo qualcosa ce lo ha insegnato. Perciò la tanto acclamata razionalità è sempre e comunque, come vedi, solo il secondo step di un processo inevitabilmente irrazionale.

Stabilito questo, si comprende bene che il classificarsi "persona estremamente razionale" può essere catalogato solo come un'altra delle innumerevoli espressioni della strutturale irrazionalità umana.

(A parte gli scherzi, comunque, l'osservazione appena fatta è rigorosamente vera, e potrebbe condurre a qualche ulteriore osservazione - di tipo psicologico e sociologico - sul discorso "razionalismo". Ma caso mai più avanti.)


Citazione:
Comincio a intuire, molto vagamente però, la natura del malinteso. Cosa intendi con "soluzione oggettiva"?

Partivo da questa tua affermazione:
"I problemi si considerano risolvibili: se non lo sono non si prova nemmeno a risolverli."
Io presumo che per un razionalista l'unica soluzione accettabile ad un problema sia quella, appunto, razionale.
Ora, facendomi prestare le parole da Wikipedia:
"Razionale si dice di qualcosa che segue un ragionamento logico, che dopo un processo di sequenze non porta ad imprevisti ma ad un risultato ovvio ed univoco."
"Un risultato ovvio ed univoco", cioè la soluzione "oggettiva" che dicevo io: il senso era questo.


Citazione:
Capisco il tuo desiderio di rimanere sul teorico, e forse ti sembrerò pedante, ma ti chiederei con molta veemenza un esempio, così almeno io capisco come potrei spiegare meglio le mie ragioni, o dove avresti effettivamente ragione. Infatti con:
Citazione:
La maggioranza assoluta delle questioni legate all'interazione umana, per esempio; laddove la "logica" che si può applicare è in realtà talmente figlia di presupposti necessariamente soggettivi (dunque arbitrari, dunque irrazionali) che tanto vale toglierle direttamente ogni aura di presunto razionalismo.

mi hai solamente confuso le idee. È chiaro che non esistono strategie di interazione umana in senso stretto, ma nessuno ne vede la necessità né, soprattutto, la possibilità. Ma non credo sia questo che ti "preoccupava" del razionalismo, giusto? Per favore, fammi un maledetto esempio!*

Red, accidenti! Quanto sei pedante!

Il senso organico (pre-spezzettamento) di quello che ho scritto è questo:
1) il razionalista concepisce come "problemi" - e quindi affronta - solo quelli che ritiene di potere risolvere razionalmente (cioè "oggettivamente", come dicevo)
2) i problemi a "soluzione ovvia ed univoca" nell'ambito umano sono davvero ben pochi (per l'elevatissimo numero di punti di vista soggettivi possibili attorno a pressoché qualunque questione)
3) il razionalista dunque non considererà "problemi" - e quindi non affronterà - un'infinità di questioni che - prima fra tutte la metafisica - invece correntemente l'uomo (fottendosene allegramente che le soluzioni che trova non siano "ovvie ed univoche" ) considera tali
4) di tali questioni, da un punto di vista razionalista, se ne può (o forse se ne deve) fare a meno; a parte il piccolo dettaglio che, giudicando da quanto l'uomo se n'è occupato e se ne occupa, parrebbe proprio che si tratti di cose per lui piuttosto importanti e sostanziali, e che non occuparsene gli risulterebbe probabilmente piuttosto castrante

(E in relazione al punto 1, io vedo nella modalità razionalista una reductio ad minimum del campo di analisi e di ricerca di conoscenza che mi fa semplicemente rabbrividire per la sua povertà.)

E per il momento non ti faccio l'esempio pratico che mi chiedevi perché non me ne viene in mente nessuno adeguato. Porta un attimo di pazienza e vediamo se poi riesco a tirare fuori qualcosa dal cappello.


Citazione:
Non si tratta di elaborare una "strategia" (nel senso lato che gli ho attribuito precedentemente) ben dettagliata che sia valida per tutti. Questo è evidentemente impossibile (e meno male, dico io). Bensì di avere un senso dell'orientamento filosofico e comportamentale - un'etica, insomma - che non contrasti con la possibilità di vivere, pensare e agire in maniera "strategicamente" consona al soddisfacimento del proprio "innato desiderio di star meglio" e all'assecondamento della propria empatia.
Se vogliamo farla semplice la solita visione kantiana dell'etica basta e avanza in questo senso. Anzi, è quasi banale: se la seguissero tutti, credo sia lapalissiano che vivremmo davvero nel Paese di Bengodi. Ma proprio perché è scarna e parte da pochissimi presupposti è necessaria una forte e sana dose di razionalismo per abbattere tutte quelle sovrastrutture non necessarie, in quanto dettate dal dogma o da postulati arbitrari, e che ne ostacolano l'accettazione.

Kant postula una capacità di libertà razionale dell'uomo che, per i motivi che dicevo all'inizio di questo post (meccanismi cognitivi dell'uomo), è in realtà del tutto fittizia.


Citazione:
Farò un esempio concreto: se partiamo dal presupposto che ci sia un'anima da salvare, allora logica vuole che l'incolumità personale, la libertà, il piacere, le soddisfazioni, la vita terrena stessa, non dico passino in secondo piano (o forse sì), ma sicuramente perdono parte del proprio valore a favore di un elemento introdotto senza giustificazione razionale. Una visione forse legittima della vita e delle cose, apparentemente innocua o edificante ma che senz'altro distrae dalla visione semplice/pragmatica/utilitaristica/materialista che per il razionalista è tanto importante. Supponendo che egli abbia ragione, capisci anche tu che in tal caso il razionalismo diventa ben più che "utile all'atto pratico": diventa proprio questione di vita o di morte.

Come, a mio parere, il considerarsi "persona estremamente razionale" da parte di qualcuno () dimostra, l'essere umano prima ancora di non avere precisa cognizione della realtà che lo circonda, non ha innanzitutto nemmeno esatta cognizione di sé stesso. Come accidenti, in queste condizioni, possa avere la pretesa di sapere razionalmente che cosa davvero costituisca una scelta per lui utile e vantaggiosa, al momento rappresenta per me un discreto enigma.


Citazione:
Naturalmente potresti obiettare che le aberrazioni dalla razionalità hanno un valore, e che il razionalista perde parte della propria umanità, o anche peggio, nel sopprimerle: qua il discorso si fa più lungo, per quanto in realtà estremamente semplice, per cui rimanderei a un prossimo post (sempre che tu faccia davvero quest'obiezione).

Penso che le obiezioni precedenti possano bastare e avanzare, per il momento.


Citazione:
Il problema è anche qui cosa dovrebbe essere "oggettivo". Dal momento che dai tanto risalto (giustamente, dico io) "all'atto pratico", fammi un esempio ben dettagliato concreto di una situazione o un contesto dove secondo te un atteggiamento razionalista sarebbe fallimentare, concettualmente o materialmente.** Vediamo se riesco a controargomentare: continuo ad avere la sensazione che siano presenti dei malintesi di fondo.

Concettualmente, per fare un esempio, rispetto a tutta la sfera metafisico-religiosa.
Materialmente, invece, è impossibile dirlo (ho finalmente capito perché non riuscivo a farti esempi pratici, perdiana! ), perché rappresentare una specifica situazione concreta di interazione umana in maniera esaustiva è, semplicemente, infattibile. (Tra l'altro non ho proprio idea, non essendolo io, di come un razionalista si comporterebbe a fronte di una certa situazione di relazione umana. E poi, tutti i razionalisti si comporterebbero allo stesso modo? Mi sembra che gli spazi di indeterminazione siano, come al solito, decisamente troppi per consentire una disamina razionale. )

Citazione:
Senza dubbio. Il discriminante è che mentre "il mio Cuore" e tutte le mie sensazioni e suggestioni sono soltanto miei, incomunicabili e incondivisibili quand'anche fossero la risposta alla Grande domanda sulla vita, l'Universo e tutto quanto, la ragione ce l'ha uguale anche il prossimo (anche se di questi tempi non sembrerebbe ). Nulla mi vieta di pensare che in realtà la ragione sia perfettamente inutile o addirittura fallace, e che domani potrei svegliarmi sul Monte Olimpo reduce da un eccesso di Nettare e Ambrosia, totalmente e divinamente onnisciente senza necessità di processare alcun dato. Ma finché sto qua la pretesa di esclusività della ragione non è soltanto fondata, ma addirittura obbligatoria: l'alternativa è la condanna alla contraddizione.

Riguardo a quest'ultima conclusione, scusami ma mi pare molto lontana dal risultare minimamente dimostrata.


Citazione:
La razionalità non è privilegiata né sostituisce o sottomette le altre facoltà; semplicemente si pensa con quella, mentre con le altre si fa altro. Non ho bisogno di ragionare per percepire il mal di pancia, ma auspico che nel mezzo di un'operazione chirurgica non si tiri una monetina per decidere dove effettuare l'incisione.

Per quello che riguarda la mia esperienza sono invece praticamente infinite le occasioni in cui - pur in un contesto di applicazione di cognizioni tecniche - ad un certo momento altre facoltà (l'intuito, per dirne una) che nulla hanno a che vedere con la razionalità concorrono all'esito di una determinata attività. Le situazioni che si possono affrontare adeguatamente in maniera puramente razionale, algoritmica, sono, nella realtà, piuttosto poche ed in genere si tratta di contesti altamente artificiali (tipo, per fare un esempio, una catena di montaggio), depurati alla fonte dalla variabilità tipica di situazioni invece spontanee e non filtrate. Come già detto e ripetuto, la complessità, la multifattorialità e l'indeterminazione - che nella realtà ricorrono costantemente - si oppongono insormontabilmente ad un approccio rigorosamente razionalistico.


Citazione:
Non capisco inoltre (lo so, sono di coccio, ma la pignoleria è d'obbligo in questi argomenti) che significhi "gestire" la propria sfera esperienziale. Le esperienze capitano, che cosa dovrei gestire?

Beh, Red, non è che uno mentre le cose gli accadono stia semplicemente "in finestra" ad osservare il panorama della propria vita. In genere ci sono reazioni, interazioni con sé stessi, con gli altri, con l'ambiente: la propria sfera esperienziale. Sfera che, in genere, in qualche modo si tende a gestire. Almeno mi pare che sia così. Sbaglio?


Citazione:
P.S.: non trovi imbarazzante anche tu che il thread sia rimasto un dialogo fra noi due e basta? Probabilmente è colpa mia, ma speravo che arrivasse qualcuno a darmi man forte...

Per il momento certe assenze le attribuisco principalmente alla benevolenza degli dei.

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