Re: Civiltà Ebraica

Inviato da  benitoche il 24/12/2009 23:22:48
Colloquio con John Ging «i bambini senza speranza nella prigione di gaza»l’80% dei palestinesi dipende dagli aiuti umanitari dell’onuoltre il 90% dell’acqua è fuori dagli standard sanitari

Fonte: L'Unità

a Bruxelles lancia un accorato, e documentato, grido d’allarme: «La vita a Gaza è insostenibile. Non abbiamo più tempo, bisogna intervenire». Se c’è una persona al mondo che oggi può raccontare cosa significhi vivere a Gaza, questa persona è John Ging, irlandese, direttore dell’Unrwa, l’agenzia per gli aiuti umanitari delle Nazioni Unite nella Striscia di Gaza.


L’obiettivo di Ging è di sensibilizzare i leader europei verso una situazione disperante. «Ai miei interlocutori – afferma il responsabile dell’Unrwa nel suo colloquio con l’Unità – ripeto che la Striscia di Gaza si trova in una situazione di assoluta emergenza». Non c’è nulla di ideologico nella denuncia di Ging. A parlare sono i dati di cui è portatore: «Le condizioni di vita della popolazione (un milione e 400mila persone, in maggioranza sotto i 18 anni, ndr) sono divenute insostenibili, con l’80% delle persone che dipende dagli aiuti alimentari delle Nazioni Unite. L’economia non esiste più. Il settore privato è stato disintegrato dall’assedio (il blocco israeliano, ndr) e dalla guerra, mentre fino a due anni e mezzo fa 120mila persone avevano un lavoro nel privato. Le infrastrutture, dall'acqua ai servizi igienico-sanitari, sono al collasso, e le acque reflue, trattate e non, vengono scaricate nel Mediterraneo». Quanto all' acqua potabile, «'secondo l'Oms aggiunge Ging oltre il 90% dell'acqua di Gaza non risponde agli standard minimi sanitari e il 60% della popolazione ha un accesso irregolare. Nell’ultimo anno la povertà nella Striscia è triplicata”.


Quei dati, pur così significativi, da soli non danno ancora una visione complessiva delle condizioni di vita della gente di Gaza. Non si tratta, annota Ging, solo di un «collasso politico» ma anche di «assenza di umanità» che deve essere combattuta e rimossa. Il che significa porre fine all’assedio della Striscia «perché – ribadisce il responsabile dell’Unrwa – è tempo di vedere un cambiamento delle politiche in tutti coloro che hanno determinato una simile povertà e questa indicibile vergogna». Il quadro offerto da John Ging conferma quanto personalità di prestigio mondiale, come l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter e i premi Nobel per la Pace Desmond Tutu e Mairead Corrigan Maguire, avevano denunciati in interviste rilasciate a l’Unità: Gaza è una enorme prigione a cielo aperto, isolata dal mondo, dove è sempre più problematico sopravvivere e impossibile fuggire. La condizione materiale è drammatica ma. Rimarca Ging, «il problema più grave è la devastazione psicologica di cui soffre la popolazione nel suo complesso e, presi individualmente, i 750mila bambini che vivono in quella prigione che è la Striscia di Gaza». I bambini. Questa è la loro quotidianità: «Stiamo perdendo i bambini di Gaza – denuncia Ging I bambini stanno crescendo in questo ambiente. I loro genitori stanno facendo di tutto per non educarli alla violenza, vorrebbero fare di loro dei dottori, degli insegnanti, degli avvocati. Ma la realtà offre altro.


La vita di tutti i minorenni a Gaza è piena di limiti, come quella dei loro genitori. Gli adolescenti sono ribelli ovunque, dunque proviamo a immaginare che considerazione abbiano gli adolescenti di Gaza delle loro famiglie. Le trovano patetiche, incapaci di provvedere alle loro necessità minime, ai desideri. E poi ci sono gli estremisti di Hamas, che dicono, che ripetono a questi ragazzi: la nostra è la strada da seguire. I bambini di Gaza, soprattutto quelli fino a 8-9 anni di età, non sono mai usciti da qui. Non sanno nulla di Israele, degli israeliani hanno visto solo il soldato, la bomba, il carro armato. Stiamo creando questa piccola pentola a pressione, un piccolo mondo disperato e violento, sempre più carico di frustrazione». ̆ Prigione, una immagine che nelle considerazioni di Ging, come in quelle di Jimmy Carter, Desmond Tutu, Maread Maguire, non ha nulla di metaforico: «Quando parliamo di servizi e di condizioni di vita a Gaza, possiamo dire che quelle nelle prigioni del mondo sono migliori che a Gaza», rileva il responsabile Onu, sottolineando come i detenuti in Europa ricevano più cure sanitarie di quelle che ricevono gli abitanti di Gaza. Questa deriva si consuma nel silenzio e nell’inazione della comunità internazionale. Un silenzio che il responsabile dell’Unrwa prova a spezzare. «La distruzione in corso della società civile a Gaza – avverte Ging – non ci lascia margini di tempo, bisogna intervenire». Un intervento sul campo che risulta sempre più proibitivo per la stessa Agenzia Onu. Non ci sono possibilità di ricostruzione «nemmeno per l'Unrwa – spiega Ging che ha presentato al governo israeliano un conto da 11 milioni di dollari di danni alle sue strutture e attende ancora una risposta».


L’Unrwa celebra quest’anno i suoi 60 anni di esistenza, una anniversario amaro per John Ging: «Celebriamo 60 anni di sconfitte. di mancanza di soluzione politica. Questo deve servire a una riflessione sul ruolo della nostra agenzia», poiché «la sfida alla quale dobbiamo far fronte diventa ogni anno più pesante».❖

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