Re: P2P, individuati quasi 4.000 condivisori italiani (e la Privacy?)

Inviato da  Paxtibi il 21/6/2007 18:43:10
Dopotutto se l'artista perde gli introiti non e' perche' la gente non paga, ma e' perche' la gente paga altri (non gli artisti) che permettono di scambiarsi i prodotti p2p: perche' chi non ha soldi dovrebbe o rifiutare la connessione alla rete, o la cultura da comprare?

Il punto è che l'artista ha diritto di essere pagato come tutti per il suo lavoro, altrimenti non si potrà permettere la cultura, che per inciso è per lui fondamentale, mentre ad esempio un idraulico può anche fregarsene. D'altro canto, non si può certo sostenere che la cultura ha un prezzo "troppo alto": sulle bancarelle puoi trovare un racconto di Dostoevsky al prezzo di un cappuccino (senza contare le migliaia di e-book già scaricabili liberamente in rete), cd se ne trovano quanti ne vuoi in offerta a tre/quattro euro, le riproduzioni di quadri famosi hanno prezzi accessibilissimi. Chiaro che se vuoi una monografia di Rembrandt in grande formato, patinata e cartonata ti costa un occhio, ma in quel caso il costo di produzione è elevatissimo.

Il "deve" e' sempre stato inteso come e' conveniente per chi paga, finanziare la cultura... proprio come in passato... non come "ci vuole una legge che forzi" gli sponsor a pagare.

Perche' non dovrebbe garantirlo?


Perché se lo potesse garantire lo farebbe già oggi. Le sponsorizzazioni e le fondazioni esistono già, evidentemente però non sono sufficienti a coprire il costo di arte e cultura per tutti.

Perche' non intraprendere una strada del genere?
I vantaggi sono reciproci, qualora il prodotto culturale-artistico sia degno di lode. L'importante e' poi la diffusione: sia per l'artista che per lo sponsor (qualsiasi esso sia), e soprattutto, appunto, per le popolazioni raggiunte.


Siamo d'accordo, è pure una bella idea per creare un'agenzia che se ne occupi (non mi starai diventando... imprenditore?? Occhio. ), ma finché il sistema non è "a regime" mi sembra giusto che gli artisti possano continuare a guadagnare con il sistema attuale. Del resto, mi porti ad esempio il calcio: ma il calcio, nonostante tutto, costa un fracco di soldi al fruitore! Sono lustri che non vado allo stadio, ma le ultime cifre che ho sentito mi han fatto sobbalzare sulla sedia, per non parlare di chi si abbona a Sky...

Forse di nuovo ci sarebbe che la "cultura diventerebbe un prodotto di massa" (non riferito alla qualita', ma alla diffusione).

Bah, la massa a quanto pare preferisce il circo: con il prezzo di un abbonamento in curva ti compri l'enciclopedia britannica e ti avanza pure qualcosa per un paio di serigrafie di Paladino. Se la cultura non è di massa è perché la massa, purtroppo, preferisce altre cose.

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