Re: Genova. 5 anni dopo. Quale verità per piazza Alimonda?

Inviato da  hi-speed il 17/4/2012 11:15:00
Diaz
di Sandro Moiso

Diaz. Armando Diaz.
E’ il nome di colui che fu definito Duca della Vittoria alla fine della Prima Guerra Mondiale, dopo aver sostituito Raffaele Cadorna nella carica di capo di stato maggiore dell’esercito italiano.
Diaz, gran bel pezzo di macellaio che, negli anni seguenti, consigliò di non intervenire militarmente nei confronti della marcia su Roma, entrò a far parte del primo governo fascista sotto esplicito invito del re Vittorio Emanuele III ed assunse, infine, la carica di Ministro della difesa di quel governo, approvando la costituzione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale sottoposta direttamente al comando di Mussolini.

Diaz. E’ il nome di una scuola dove, nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001, si è consumato uno dei più gravi atti di violenza barbarica e poliziesca nei confronti dei movimenti che si oppongono allo sfruttamento capitalistico delle risorse umane e ambientali del pianeta.
E’ un nome adeguato per ricordare le gesta dell’incredibile macchina repressiva fascista messa in atto per stroncare un movimento internazionale di lotta e solidarietà che si era sviluppato dall’opposizione al G7 di Seattle in avanti e, forse, anche prima.

Armando Diaz, classe 1861. Un nome e una data per ricordare uno stato di cui si è recentemente celebrato, in pompa magna e molta retorica, il centocinquantesimo anno dalla nascita.
Avvenuta nel sangue e nella merda in cui è stato soffocato qualsiasi movimento di reale rinnovamento che ne abbia accompagnato la storia e di cui la notte della Diaz non è che uno dei tanti tasselli. Un’unità nazionale celebrata sempre sulla pelle delle classi oppresse, sia che fossero i braccianti di Bronte e i “briganti” meridionali di ieri, sia che fossero gli operai ed i giovani rivoltosi delle lotte degli anni sessanta e settanta o i giovani arrivati a Genova da tutto il mondo per il G8 del 2001.

Diaz. Ricordo di governi di unità nazionale che dalla fine degli anni settanta all’attuale governo Monti hanno sempre segnato i momenti più bui dello scontro sociale e della sua repressione.
Diaz, nei giorni di Fini nella sala operativa delle forze del disordine istituita a Genova per difendere la “zona rossa” e dei governi di centro-sinistra D’Alema e Amato che quelle forze del disordine avevano preparato ed addestrato nell’organizzare l’evento e nelle giornate di Napoli del marzo del 2001. Quei nuovi manganelli li avevano voluti proprio quei governi con il ministro Bianco e il capo della polizia De Gennaro, nominato proprio dal centro-sinistra.

Diaz, Don’t Clean Up This Blood.
E’ il titolo del bel film di Daniele Vicari, vincitore a Berlino del Premio del Pubblico.
Un film dalla cui proiezione il pubblico, tutto, esce turbato e sconvolto.
Un film che mette a nudo la pura funzione repressiva e terroristica delle forze del disordine.
Un film senza ambiguità che proietta lo spettatore dentro alla violenza premeditata e preordinata dello Stato.

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