Re: Meccanica Quantistica

Inviato da  ivan il 4/4/2008 15:00:54
Approfitto di quest'ultimo flame per seganlare un articolo su Nexus
qui.

I punti più importanti sono i seguenti:

Citazione:


DEBUNKING: FINI, PRESUPPOSTI, METODI

Il debunking non è una cosa a sé, isolata, che si faccia per sport. Va analizzata nel suo contesto, compresa secondo le esigenze che soddisfa, studiata nei suoi metodi.
Il debunking consiste nello smontare e confutare, persuadendo della loro infondatezza e capziosità, teorie e informazioni che vanno contro il pensiero ufficiale o dominante, il mainstream; o semplicemente contro la vulgata della realtà che si vuole preservare. Il debunking è diretto principalmente a demolire e a screditare come bugiarda o paranoica (espressione di delirio di persecuzione) la controinformazione, soprattutto quella tendente a svelare e denunciare “complotti” di gruppi elitari potenti, anche di vertici di istituzioni pubbliche o della grande finanza o industria. Complotti diretti a mettere insieme e impiegare conoscenze, tecnologie, strumenti speciali, spesso segreti, per manipolare il pensiero, le decisioni, i comportamenti della popolazione generale a proprio vantaggio egoistico, economico e/o politico, e a danno della popolazione generale, o perlomeno a limitazione della sua libertà, salute, dignità, possibilità di conoscere la realtà delle cose.
Si constata subito come la suesposta definizione di “complotto” corrisponde semplicemente al marketing e alla propaganda politica, come insegnati e studiati dai testi di marketing e propaganda disponibili nelle librerie, anche se non direttamente insegnati nelle università.

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Resta da vedere come si attua il debunking.
Premettiamo che la formazione dell’opinione pubblica, della percezione, dell’interpretazione, dell’accettazione della realtà e dei valori da parte del pubblico, è prodotta largamente dalla televisione e da pochi altri information media, e in misura trascurabile dalla conoscenza personale o ricevuta da altre persone. Il telespettatore è solo davanti allo schermo, il lettore è solo davanti al tabloid. Il flusso di informazioni è unidirezionale, top-down, senza scambio: dallo schermo e dalla pagina del mass media al cervello del singolo. Il messaggio è trasmesso alla massa, ma raggiunge ciascuno singolarmente e unidirezionalmente.
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Ma anche questa struttura della formazione dell’opinione pubblica non è, evidentemente, sufficiente e completa.
Occorre attivare ulteriori misure, come il debunking.
Per il debunking, gli strumenti abbondano. Si tratta, sostanzialmente, di una selezione mirata dei medesimi strumenti della sofistica, della retorica, della pubblicità, della propaganda, che si trovano descritti nei trattati di queste discipline.
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Vediamone alcune tra le più pertinenti al debunking.
Prima di tutto, la controinformazione sostanzialmente evidenzia i veri scopi (profitto e potere) che stanno dietro a scelte politiche ed economiche, smentendo la giustificazione ufficiale, in chiave etica, di queste medesime scelte. Quindi, per un efficace debunking, preliminarmente e preventivamente occorre far sì che la gente non pensi agli atti politici, legislativi, istituzionali e, se possibili, industriali, come ad atti aventi fini economici egoistici (non dichiarati). La gente non deve pensare che siano moventi economici a guidare le scelte dei governanti e delle grandi corporations. Non deve imparare a interpretarle in quella chiave. Deve essere educata e indotta e sempre richiamata a interpretarli in chiave etica, affettiva, ideologica, religiosa (qualsiasi cosa tranne che il business) – come se fossero ispirati da sentimenti di solidarietà, di doverosità, di onorevolezza, di amicizia, di dignità, di devozione.

Le figure di potere agiscono per il bene di coloro su cui hanno potere, secondo il modello genitori-figli. È ciò che dà loro autorevolezza e legittimazione. Nel farlo, rispettano e fanno rispettare le regole. Esse sono genuinamente interessate al rispetto delle regole e desiderano genuinamente punire chi le viola. Inoltre, i loro atti mirano ad aumentare l’eguaglianza sociale, non mai ad aumentare le diseguaglianze (i vantaggi in termini di potere e di strumenti tecnologici) in favore dei governanti stessi. Soprattutto, non mirano mai a nascondere verità o informazioni né a mentire su di esse alla nazione.
Chi pensasse diversamente, è come se pensasse tali cose dei propri amati genitori, è come se pensasse che il suo babbo volesse derubarlo e che la sua mamma si fosse sposata e stesse con lui solo per denaro; dovrebbe perciostesso vergognarsi e tacere, come farebbe uno che effettivamente avesse tali genitori.
In effetti, spiegare e spiegarsi una policy in termini eroici o etici o ideologici è molto più semplice, discorsivo, bello, emotivamente gratificante, che analizzarla in freddi termini economici, ricercando dati matematici, partecipazioni incrociate, informazioni scientifiche. Anche perché riportabile alle esperienze relazionali umane, familiari, della vita personale. E perché ci consente di “proiettare” meglio le nostre emozioni e motivazioni sugli atti e sulla vita di personaggi che pensano, decidono e agiscono in un contesto che, in fondo, la popolazione generale immagina senza poter conoscere, e che cerca di “tirar giù” nei propri schemi interpretativi.
Questo esempio mostra diversi strumenti all’opera:
• educazione al pensiero acritico e depistaggio dall’indagine di realtà;
• seduzione alla chiave interpretativa più facile, gratificante, espressiva, umanizzante, da applicarsi a processi molto più complessi e impersonali;
• evocazione di conflitti tra il contenuto demistificante della controinformazione e costrutti consolidati, affettivi, rassicuranti, integranti (con sé, con la società, con la famiglia), corroborati dall’agito abituale e collettivo, come quelli pertinenti alla famiglia, ai genitori, alla patria, alla lealtà;
• colpevolizzazione del prestar fede a chi tocca e “sporca” la consacrazione delle figure eroicizzate, santificate: genitori, presidente, pompieri (impegnatisi generosamente ma poco utilmente nelle Torri Gemelle, poi quasi tutti morti), dei militari morti come eroi in Afghanistan e Iraq, etc.;
• suggestione che, prestando fede alla versione divergente, ci si renda diversi e socialmente esposti ed evitati come traditori degli interessi nazionali o addirittura alleati de facto del nemico.
Questi strumenti, che già operano in via preventiva, possono essere facilmente convertiti e usati per il debunking, per far sentire il messaggio controinformante come a) inutilmente complesso, cervellotico, astruso, arido; b) delirante, del tipo “delirio di persecuzione” (che peraltro non può escludersi come possibilità), quindi malato, stupido, perdente; c) sporco, infame, proditorio, antisociale, contagioso, isolante. Forniremo quindi alla popolazione generale una versione che, anziché suscitare i conflitti di cui sopra, si allei e si rinforzi mutuamente con tutte le convinzioni e i valori consolidati, e che inoltre appaghi il bisogno incomprimibile dell’uomo comune di darsi sempre una spiegazione dei fatti, anche quando non è in grado di capirli e spiegarli.
L’uomo comune, non specificamente educato e formato, fa molta fatica a dire “so di non sapere”, “sospendo il giudizio”, “mancano dati”, “forse le cose stanno in questo modo, forse in un altro completamente diverso”. L’uomo comune individua subito il vero e il falso, il giusto e il torto, l’amico e il nemico. Un’informazione culturalmente onesta, al contrario, frequentemente dichiara i propri limiti, i propri dubbi, i propri “non si sa”, la debolezza del proprio pensiero, la provvisorietà delle proprie verità. La mente pubblica vuole invece certezze e definitività. Respinge la sospensione del giudizio e la relatività del giudizio. Più i temi sono importanti ed emotigeni, più preferisce ed esige un’informazione culturalmente disonesta ed è attratta da chi offre certezze con linguaggio categorico e connotazioni morali.

Il debunker, come in generale l’esperto di propaganda e marketing, a differenza dell’uomo comune, è professionalmente al corrente di questa e di molte altre caratteristiche, di molti punti deboli, di molte fallacie tendenziali della mente umana; e adopera consapevolmente queste sue conoscenze per i fini dei suoi committenti: sa dove mettere le dita.
L’uomo si crede, perché così gli si insegna a pensarsi, di essere consapevole dei propri processi e fattori di interpretazione della realtà, di scelta dei valori, di presa delle decisioni. Non è così. Quei processi e quei fattori sono perlopiù inconsci. La manipolazione mentale, di cui il debunking è una forma, e la pubblicità commerciale un’altra, interviene su di essi e lo fa a livello inconscio per produrre i comportamenti desiderati, di adesione a valori, verità ufficiali, etc. L’uomo non sa a causa di che cosa comperi un prodotto di una certa marca o con un certo design, piuttosto che un altro. O perché voti per un certo candidato piuttosto che per un altro. Ma l’esperto di propaganda lo sa. (v. Clotaire Rapaille, Il codice nascosto, Nuovi Mondi Media, 2006): egli stesso ha congegnato quel fattore causale. Ha elaborato il design del PT Cruiser, ad esempio, perché esso corrisponde al codice culturale inconscio degli americani per “automobile”, e la domanda di PT Cruisers è subito balzata oltre la capacità produttiva della fabbrica.
Il debunker sa che tutti hanno emozioni e pensieri, alcuni pensano, pochi ragionano, pochissimi discernono quando stanno pensando razionalmente da quando stanno fantasticando o associando o vivendo stati emotivi; ancora meno ne tengono conto, nel senso di tener presente, agli effetti dell’aderenza alla realtà, che stanno vivendo un’idea come bella, buona, reale, rispondente ai loro bisogni (ad es., l’idea di un amore, o di un messaggio religioso), ma che tutto ciò non costituisce alcuna dimostrazione che quell’idea corrisponda alla realtà oggettiva, e che non è idoneo a supplire alla mancanza della prova oggettiva della verità di quell’idea. Sull’uomo comune quei vissuti soggettivi hanno l’efficacia di prova oggettiva; mentre l’idea di che cosa sia il dimostrare, e quindi il non dimostrare, non è realmente presente alla sua coscienza e attenzione.
Inoltre, quasi nessuno è conscio di come il suo stato di umore ed emotivo modifica la sua penetrabilità alla manipolazione, alla suggestione della propaganda. I venditori, i predicatori televisivi e i gestori dei culti organizzati che fanno proselitismo ne sono molto consci e ne fanno un uso massiccio. Sanno che, se si riesce a indurre un’elevazione del tono dell’umore, a creare un sentimento di giocosità, di rilassatezza, o di aspettative di successo, o di grazie divine, etc., sarà più facile indurre la persona comune a comperare, a firmare un contratto, ad accettare di condividere una fede e una pratica religiosa. Anche la stanchezza, il tedio, la paura attenuano le capacità critiche e le resistenze delle persone al condizionamento.
Insomma, il debunker sa che ciò che fa sì che una tesi faccia presa e sia vissuta come reale non è la sua dimostrabilità, ma la sua forza gratificatrice. La completezza del quadro probatorio, la rigorosità delle deduzioni logiche, la correttezza del loro concatenamento, le basi scientifiche e documentali sono secondarie. Anzi, spingere le persone ad eseguire un consapevole e critico esame di queste cose, comprendente il vaglio delle ipotesi alternative e degli indizi contrari (esame che invece costituisce il metodo professionale dell’operatore scientifico e del giudice) può essere controproducente, perché nella gente comune suscita noia, stanchezza o desta tendenze critiche latenti.
Perciò il debunker attacca la controinformazione con messaggi semplici, discorsivi, prevalentemente diretti al livello emotivo, con “ganci” diretti all’inconscio, piuttosto che con la logica e le dimostrazioni. Componenti, “spezzoni” di logica e di scientificità vengono inseriti, ma non come struttura portante, bensì per evocare una sensazione di razionalità scientifica del messaggio stesso, per dare un’impressione, una vernice di autorevolezza e oggettività – in funzione, ossia, di testimonials (come, nella réclame per un dentifricio, un riferimento ai dentisti del tipo “il più raccomandato dai dentisti”). Ovviamente, anche veri e propri testimonials possono essere impiegati.
Per contro, spesso questi messaggi mirano a screditare la fonte e l’autore della controinformazione sul piano morale o con insinuazioni di immoralità ideologica o di affiliazioni “appestanti” coi terroristi o coi nazisti o coi fascisti o coi comunisti – si pensi al debunking del revisionismo o del negazionismo.
Soprattutto, forse, il debunker tiene presente che, a sua volta, l’adesione popolare alla controinformazione è essa pure dovuta non tanto alla forza probatoria e logica degli argomenti dei controinformatori, ma a fattori emotivi: al gusto per la dietrologia, per il pettegolezzo, per lo smascheramento dei complotti. Il cittadino si sente, complessivamente, ingannato, disinformato, manipolato, sfruttato. Ma non ha gli strumenti per capire come, per uscire da questa situazione. Quindi è risentito, frustrato. Perciò è recettivo, bramoso di rivelazioni, di scandali, di controinformazione, di dietrologia. Di rivalsa. Offriamogli una bella teoria del complotto, più o meno dimostrata, più o meno vera, più o meno fantascientifica o magica, e avremo buone chances di far presa su questo o quel sottogruppo sociale.
Però questo meccanismo può anche essere rivolto dal debunker contro la controinformazione. Il medesimo gusto della controinformazione, dello smascheramento, dello sputtanamento, può essere provato anche a spese del controinformatore, quando si scopre che anch’egli è un mentitore, un manipolatore. Anche questa scoperta è gratificante. Ancor più se essa lo riconcilia col sistema, coi valori e le verità ufficiali, del mainstream, riportandolo “a casa”, “in famiglia”, “in patria”, dopo un’escursione proibita.


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