Re: Anarchia

Inviato da  Pausania il 21/2/2008 22:36:46
Volevo rispondere a Carlo su questo: Citazione:
L'idea che mi sono fatto è che prendersela con "lo Stato" sia un atteggiamento tanto legittimo (e condiviso) sul piano pratico quanto inutile su quello teorico. Mi spiego: abbiamo il diritto, anzi, il dovere di sputtanare e avversare per quanto ci è possibile i soprusi perpetrati dall'istituzione statale per il semplice motivo che siamo noi a subirli, ma affermare, a livello teorico, che eliminandola avremmo risolto i nostri problemi è un asserto non suffragato da alcuna evidenza.

Ovviamente non ti posso che dare ragione su questo. E non credo che ci sia qualcuno che pensa di risolvere i problemi "eliminando lo Stato".

Ma c'è un ma...

Come ho scritto qualche (tanti) post addietro, la situazione attuale ci impone particolarmente di puntare sulla questione statale, per svariati motivi.

Fino – diciamo – alla fine della seconda guerra mondiale non era prerogativa degli anarchici quella di non volere lo Stato. Era un'idea diffusa e condivisa da tutti i socialisti; era opinione di molti liberali (inteso in senso ampio) che lo Stato dovesse ridursi al minimo; la Costituzione americana ha introdotto il secondo emendamento nel caso in cui lo Stato "s'allargasse" troppo. Insomma, lo Stato era un male, per alcuni un male necessario, per altri una necessità da limitare.

Negli anarchici la posizione antistatalista emerse come naturale conseguenza della volontà di liberare gli oppressi. E avvenne in aperta rottura sia con il marxismo (per gli anarchici la dittatura del proletariato era un dittatura e basta) che con tutti i socialisti in generale, dai socialdemocratici ai massimalisti (in quanto, secondo gli anarchici, per arrivare al cambiamento era necessario combattere anche sul piano politico, oltre che economico, per evitare che al vecchio Stato borghese se ne sostituisse un altro, uguale ma di un altro colore). E su questo, visto cosa è accaduto in Russia, bisogna dire che ci avevano visto giusto.

E' da notare comunque come la propaganda antistatalista non fosse rivolta tanto alle masse, che evidentemente identificavano il potere politico, statale, con quello economico, "i signori", quanto ai compagni di strada.

Quindi l'antistatalismo è sempre stato una parte del pensiero anarchico (e ridurlo a questo è infatti fuorviante), ma non l'unica: non era "l'ossessione" degli anarchici, che invece erano contrari all'autoritarismo, fosse anche quello dei dirigenti socialisti.

Però dopo la guerra tutto è cambiato. In questi 60 anni i – pochi – anarchici rimasti sono gli unici, insieme ai – pochi – seguaci della scuola austriaca a ritenere lo Stato una struttura da eliminare. Tutto il resto dei partiti e delle scuole di pensiero, invece, ha fatto una svolta di 180 gradi, identificando lo Stato come il garante della libertà, della giustizia e della solidarietà tra gli uomini. Non solo a livello di partiti, ma anche a livello accademico (non ho stime certe, ma credo che si contino sulle dita di una mano i docenti, i filosofi, gli economisti che non ritengano lo Stato un bene per l'umanità).

Ma soprattutto a livello di massa (intendo, a livello di grandi numeri) questa visione dello Stato è ormai diventata l'unica accettata e accettabile. Ormai non c'è mezzo movimento simil-politico che non invochi lo Stato per qualsiasi cosa, ritendendolo superiore e neutro rispetto alle vicende umane.

E' per questo che si insiste molto su questo punto, perché il grande problema è che – mentre è facilissimo leggere grandi accuse al "capitalismo" e al "libero mercato" – non capita una volta di leggere o sentire mezza critica allo Stato. Il problema è che il libero mercato non esiste, è una chimera: da un lato, come disse Shevek, è il grido belluino di quegli "imprenditori" che vivono di commesse statali, dall'altro è lo spauracchio da agitare di fronte a chi s'inquieta perché capisce che qualcosa, a questo mondo, non va.

Invece viviamo in un mondo in cui lo Stato è fortemente pervasivo, e grazie al quale si perpetrano stragi senza fine. Però questo semplicemente non viene percepito. Pensa al terzo mondo: li stiamo (li stanno) letteralmente uccidendo a milioni per fame, impedendogli – coi dazi – di vendere i loro prodotti e di costruirsi un'economia autonoma, e affamandoli con gli aiuti internazionali.

Eppure non senti mai "gli Stati europei stanno uccidendo il terzo mondo", ma sentirai sempre "il libero mercato sta uccidendo il terzo mondo", anche se è una cosa che non esiste sulla faccia della Terra. E guarda che se davvero il libero mercato stesse affamando l'Africa, sarei il primo a dirlo. Però non è così.

Si sente invocare ogni tre per due che lo Stato intervenga di più, che la scuola sia statale, che il welfare sia statale, che lo Stato pensi ai disoccupati, che lo Stato stampi moneta.

Ma nessuno si accorge che queste continue invocazioni stanno acclamando un regime fascista! Fu il fascimo, variamente declinato, a introdurre l'idea che lo Stato si dovesse occupare di tutto e di tutti, regolare l'economia, la cultura, alleviare la disoccupazione, pensare all'inflazione e via dicendo.

Chi invoca lo Stato, e sono molti, praticamente tutti, non si accorge di invocare un nuovo fascismo. Che non verrà certo con le camice brune e il passo dell'oca, ma che non sarà meno pericoloso.

Già adesso ne vediamo i sintomi. E' vero, come diceva infettato, che non siamo allo Stato totalitario di Hitler. Tuttavia ci siamo pericolosamente vicini. La sola Italia: stiamo occupando militarmente una lunga serie di Stati, dalla ex-Yugoslavia al Libano all'Afghanistan; nel nostro Paese vengono consegnati alla tortura e ai campi di concentramento delle persone che hanno la sola colpa di essere musulmani (a volte sono anche cittadini italiani, ma comunque non fa differenza); la classe politica è intoccabile, anche quando infrange la legge che essa stessa ha stabilito; in gran parte del sud lo Stato si chiama 'ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra (cioè si chiama morte per decine di persone). Non possiamo scegliere chi andrà in Parlamento con questa legge elettorale. Si può parlare, è vero, ma parlare in fondo cosa fa? Non appena si contrasta veramente il potere, sono mazzate che arrivano dallo Stato (vedi Campania, vedi Val di Susa, vedi i ragazzi che si sono suicidati in galera perché non volevano la TAV; vedi Genova 2001). EDIT E considera che questi non predicano la sovversione dello statu quo, ma chiedono semplicemente che il posto dove vivono non venga devastato e reso mortifero. E' molto meno di quello che chiedevano gli operai che scioperavano nel biennio rosso.

Quello che voglio dire è che ci stiamo creando un nuovo fascismo con le nostre mani, lo invochiamo ogni volta che c'è un problema.

Per questo si batte tanto sulla questione Stato. Non perché elimiato quello, tutti felici e contenti. Tutt'altro.

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