Re: Anarchia

Inviato da  florizel il 16/2/2008 16:39:45
carloooooo
Citazione:
non sai quanto spesso ai miei discorsi viene attribuito l'aggettivo 'filosofico' proprio per sminuirli.


No, non era mia intenzione sminuire il tuo commento.
Ma dal momento che astraevi dal “sistema” la possibilità di riscattarsene da parte di chi lo volesse, pur vivendo costoro al suo interno, quella mi sembrava esattamente una formulazione filosofica, alla quale cercavo di aggiungere un dato non considerato: quello, appunto, della coesistenza (permanente ad OGNI meccanismo sociale) di spazi di socialità che vivrebbero anche senza di esso, in quanto costitutivi della specie umana.

In poche parole, mi è sembrato che tu considerassi il sistema quasi come un’entità a se stante, un’architettura nella quale è impossibile intervenire senza astrarsene completamente. Forse perché quello che tu chiami “fuori dal mondo” per me è invece è esattamente attribuibile all’artificiosità del potere statuale, in relazione a qualcosa che ESISTE a prescindere da esso.
D’altronde, concepire il sistema e l’alternativa ad esso come dicotomiche è un inganno, per le ragioni che riportavo prima: il sistema, e più in generale il potere, SI SERVE degli individui per alimentarsi. Se essi decidono di non sostenerlo, in seguito a processi più o meno incisivi, il potere perde gran parte della sua capacità di attecchimento e di consenso sociale.

E mi risulta impossibile non cadere nel politico, quando è evidente che all’interno della statualità, l’ istituzionalizzazione della “politica” sottende all’intero meccanismo di condizionamento e di propaganda, che investe pervasivamente tutti gli aspetti dell’esistenza.

Questa è anche la ragione per cui credo che la critica anarchica alla politica sia coerente con quella al potere statuale.

Ma a questo punto, sarebbe interessante capire, per te, cos’è il sistema, e/o come si esprime.

Citazione:
se si vuole prescindere da esso bisogna effettivamente porsi fuori dal mondo perché il sistema è pervasivo. Questo è il problema, ed eliminarne una manifestazione non significa eliminarlo nella sua interezza.


Tecnicamente ( e qui faccioun po' felice prealbe), non è detto che un processo di liberazione dal sistema debba seguire un iter necessariamente assolutista, o che preveda delle tappe prestabilite, o che avvenga per tutti allo stesso modo e negli stessi tempi, o che ne presupponga lo smantellamento.
Tutto potrebbe partire da un singolo episodio che dà il via ad un processo graduale di “comprensione” del tutto.

Se questo è già accaduto ad un gruppo di persone, o più gruppi, non credo sia impossibile che si possano creare le condizioni per vivere al di fuori del sistema, il che non implica vivere “fuori dal mondo”, ma semmai trasformarlo.

Circa le implicazioni economiche, brevemente (perché nemmeno io sono un ingegnere sociale...)

se si considera che potere politico e potere economico coincidono tanto strettamente, mi pare impossibile che un riscatto dall’uno non implichi anche il riscatto dall’altro.

Citazione:
il ruolo della proprietà privata (…) se la si rifiuta si perviene all'anarco socialismo (…)se la si accetta, non avendo essa briglie, andrà necessariamente a definire una situazione di liberismo estremo à la Rothbard


E’ vero, l’Anarchia ripudia la proprietà privata dei mezzi di produzione per il soddisfacimento dei bisogni collettivi. Ma non preclude certo la possibilità di svolgere una qualsivoglia attività, se essa non prevede sfruttamento e creazione di potere. Questi, in genere, sono presenti laddove esiste una centralizzazione di quei mezzi, e la totale dipendenza da essi. La proprietà privata, come il mercato, non essendo “sostenuta” da un apparato centrale che la tuteli e ne determini il mantenimento e lo sviluppo, smetterebbe di essere appannaggio nelle mani di un’oligarchia che ne detiene il monopolio.

Per dirla con Berneri, che considerava la pratica anarchica non solo come “rifiuto” dell’esistente, ma anche (e necessariamente) ricerca e pratica “dell’altro”: “Nell'Internazionale gli anarchici furono i liberali del socialismo”.

Di Rothbard ne so ancora troppo poco, ma per quello che so, ammetto che alcuni punti mi risultano di difficile condivisione… (tra un po’ arrivano Pax e Linucs, e vedrai le risate…)

Lascio un link, che mi sembra abbastanza attinente.

"Troppo spesso si crede che lo slogan proudhoniano "la proprietà è un furto" corrisponda all’apologia anarchica del comunismo (come mi pare pensi il mio interlocutore Oliva). Di fatto Proudhon chiude il suo libello del 1840 con un violentissimo attacco al comunismo, che accusa di violare "l’autonomia della coscienza e l’eguaglianza".

"Il suo ideale è fondato prima "sull’eguaglianza delle condizioni, cioè dei mezzi, non sull’eguaglianza del benessere, la quale a parità di mezzi dev’essere opera del lavoratore", e poi - sorpresa, sorpresa - sul "possesso individuale", unica "condizione della vita sociale", e infine, sulla "libera associazione, la libertà, che si limita a mantenere l’eguaglianza nei mezzi di produzione e l’equivalenza negli scambi", fondamenti della "sola forma di società possibile".

In un trattato più tardo, giunse a ridefinire il ruolo della proprietà nella società libera come "uno strumento di garanzia, di libertà, di giustizia e di ordine"2 .

Ho citato proprio Proudhon, noto appunto come inventore del sopra citato slogan, per dimostrare che le opinioni anarchiche sulla proprietà sono ben lontane dall’appiattirsi su una sua banale negazione.

Se è vero che buona parte dei libertari del tardo Ottocento ha accettato la logica del comunismo, è altrettanto vero che altre tendenze del movimento - degnamente rappresentate dallo stesso Proudhon, per esempio - hanno colto con perspicacia maggiore il pericolo totalitario insito nell’idea di una società senza proprietari, in cui l’unico vero "proprietario" sia lo stato, la comunità o altro ente adeguato.


PS: lasciamo perdere Shevek, che ci litigo quasi ogni giorno…eppure, senza la sua conoscenza ed il suo "insegnamento" non avrei potuto nemmeno controbatterlo..... per quanto io ci riesca...

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