Re: Scoperta shock sulla chemioterapia!

Inviato da  Al2012 il 6/8/2012 18:52:51
Per il consiglio superiore di sanità (CSS) “La cura di Bella è nociva”, “bocciata senza appello” non perché ne sia dimostrata l’inefficacia o tossicità, ma perché “nega l’accesso a farmaci antineoplastici di provata efficacia”.

I dati scientifici, quelli veri, non del QN e di Sole 24, smentiscono categoricamente i trionfali successi dei “farmaci antineoplastici di provata efficacia” magnificati dal CSS, documentandone la dubbia utilità terapeutica, e un’inaccettabile percentuale di mortalità denunciata da un’agenzia della Reuters Healt [Wesport,CT 2001-05-17]: “Unexspected high mortality rated associated with chemoterapy regimen...” (“Non ci si aspettava un tasso di mortalità così elevato associato ai protocolli chemioterapici...”).

Il dato è confermato dalla pubblicazione di Gerrard M.e AA [Br.J.Cancer 1998 Jun 77(12) 281-5] con l’undici per cento di decessi, non causati dal tumore ma unicamente da chemioterapia.

La sopravvivenza dei malati di tumore, quella vera, delle verifiche scientifiche, non giornalistico-televisive, malgrado statistici funambolismi e mediatici trionfalismi, si riduce ad un 29% di sopravvivenza a 5 anni (M.A. Richards, D .E. Stockson e AA (BMJ 2000;320:895 –898), non ottenuta dalla chemio, ma da chirurgia+radioterapia+chemio.

Di questo 29% solo il 2,5% è dovuto alla che mio, come documentato dalla nota pubblicazione “The contribution of cytotoxic chemotherapy to 5- year survival in adult malignancies” di Morgan G. e AA sulla prestigiosa rivista oncologica internazionale Clin. Oncol [2004 Dec.16(8):549-60].

Questa fondamentale pubblicazione si basa su 14 anni di osservazione, 225.000 pazienti, 22 diverse varietà neoplastiche con l’obiettivo di accertare il reale contributo della chemio al raggiungimento dei 5 anni di sopravvivenza.

L’avvilente risultato: su cento ammalati la chemioterapia consente solo al 2,5% di raggiunge i 5 anni, dopo i quali Lopez e AA nello studio clinico “Long –term results…Experience at the 20 th…” pubblicato su GacMed Mex [1998 mar.Apr,134(2):145-5] ha accertato che la metà dei pazienti sopravvissuti a cinque anni, nel lungo termine muore per recidive tumorali.

“La terapia oncologica sta facendo passi di grandi rilievo, gli anticorpi monoclonali” proclama il CSS .
Basta collegarsi al portale del National Cancer Institute, per accertare la reale efficacia, cioè il deludente fallimento seguito alle grandi aspettative indotte dagli anticorpi monoclonali. (…)


Fonte
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Chemioterapia : le statistiche ufficiali di guarigione e di sopravvivenza

(…) Si può pertanto affermare che è stato già dimostrato in letteratura medica il fallimento sostanziale della Chemioterapia per quasi tutte le forme tumorali:
la Chemioterapia riduce la massa tumorale, sia pure al gravissimo prezzo di arrecare danni estesi a tutti gli organi e ai tessuti del paziente, determinando:
insufficienza midollare (con la conseguenza di infezioni e di caduta di difesa immunitaria contro il tumore stesso),

insufficienza epatica e renale,

possibile evoluzione in fibrosi polmonare con insufficienza respiratoria,
danni cardiaci e ai vasi ematici,

leucemie e cancri secondari in percentuale variabile.

In ogni caso, la ripresa neoplastica avviene quasi sempre, spesso caratterizzata da resistenza crociata delle cellule tumorali ad altri farmaci chemio-terapici, in cicli di Chemioterapia successiva di seconda o terza linea, fino ad essere definita alla fine, in termini del tutto inappropriati, "Chemioterapia di salvataggio": in realtà una Chemioterapia finale e distruttiva, eseguita con farmaci chemioterapici di vario tipo, che non riescono mai a salvare il paziente, né tanto meno a condurlo a guarigione effettiva…."

Nel 1975, il prof. Hardin Jones, dell’Università della California, dimostra per la prima volta, in uno studio su ampia scala durato 23 anni, che per gli ammalati di Cancro che si sono rifiutati di sottoporsi a Chirurgia, Radio-Terapia, e Chemioterapia, (comunque con alimentazione libera, senza diete particolari), la sopravvivenza media è di 3-4 volte più alta, rispetto a quelli che si sono sottoposti a trattamenti medici standard come Chirurgia, Radio-Terapia e Chemioterapia [Walter Last, “The Ecologist, vol. 28, No. 2, marzo/aprile 1998].

Tale constatazione è stata confermata, da allora, più volte nella letteratura medica, ad esempio per cancro della mammella dove la sopravvivenza media è di 12 anni e mezzo [The natural history of breast carcinoma in the elderly: implications for screening and treatment, Cancer 2004; 100(9), pp.:1807-1813,], mentre quelli che si sono sottoposti a trattamenti medici standard (Chirurgia, Radio-Terapia e Chemioterapia), sono morti in media entro 3 anni.

Ancora, nel 1990, il prof. Ulrich Abel, dell'’Università di Heidelberg affermava:”…sebbene i farmaci chemioterapici portino ad una “risposta”, cioè ad una diminuzione di massa del tumore, questa riduzione non produce un prolungamento della sopravvivenza del paziente; anzi, il cancro ritorna più aggressivo di prima, poiché la Chemio favorisce la crescita di ceppi tumorali resistenti. Inoltre la Chemio danneggia gravemente le difese dell’organismo, tra cui il sistema immunitario, spesso i reni e il fegato….”. Secondo i dati presentati dal dott. Abel, i pazienti trattati con Chemioterapia hanno risultati significativamente minori, in termini di sopravvivenza, rispetto a pazienti trattati con la medicina convenzionale, raggruppati e confrontati per tipo e stadio di tumore.
Abel afferma:“…Un’analisi bilanciata e imparziale della letteratura medica mostra un indice di successi terapeutici quasi nullo nei trattamenti impiegati convenzionalmente per la cura delle forme avanzate dei tumori solidi”…[Chemothrapy of advanced epithelial cancer: a critical survey. HippokratesVerlag, Stuttgart, 1990; Healing Journal, No.1-2, Vol.7, 1990];
[U. Abel, Lancet, 10 agosto 1991]

Nel 1991, l’oncologo Albert Braverman scrive: “…nessun tipo di tumore solido che era considerato incurabile nel 1975 è curabile oggi. Molti oncologi raccomandano la Chemioterapia per praticamente qualsiasi forma di tumore, con aspettative che il sistematico fallimento non scoraggia…” [A. Braverman: Medical Oncology in the 90s, Lancet, 1991, vol. 337, pp. 901].

Nel 1996, così scriveva Edward G. Griffin su “World Without Cancer, dell’American Media Publication: ”….i nostri protocolli chemio più efficaci sono in realtà gravidi di rischi, di effetti collaterali e di problemi. Dopo che tutti i pazienti che abbiamo curato ne hanno pagato le conseguenze, solo un’esigua percentuale di essi viene ricompensata da un effimero periodo di regressione tumorale, generalmente parziale…”. (…)

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