Re: Blondet ha il cancro

Inviato da  baciccio il 10/4/2011 10:51:27
Citazione:

Tuttle ha scritto:
Grazie per il link.

Beh, anche se Blondet non rientra nelle mie letture né nelle mie simpatie, gli auguro di rimettersi nel più breve tempo possibile. Per quel che può valere..

Per il titolo del thread, ripeto, lo trovo osceno. Il fatto che Blondet abbia deciso di parlarne in pubblico non autorizza nessuno a generare tag così violenti e poco rispettosi della persona. Fra l'altro il link portato in apertura del thread non mi pare sia incentrato su tale argomento.

Ancora tanti auguri a Blondet...




Nei commenti liberi in Home pagine del 24/3/2011, segnatamente alla data del 31/3/2011 puoi leggere l'articolo in cui Blondet annuncia ai suoi lettori di EFFEDIEFFE di essere stato operato di una neoplasia al polmone e di aver altresì avuta una operazione chirurgica provvisoria per sopperire ad un infarto accorso pochi giorni dopo la prima operazione.
Vado a postare, -parzialmemte-, l'ultimo articolo nel quale ritorna sulla sua personale vicenda.

Blondet
Il fondo monetario come oncologo.
"Come si sa, quando un Paese è in grave difficoltà economica, non riesce più a pagare i suoi creditori esteri, nè a trovare altro credito, interviene a salvarlo il Fondo Monetario Internazionale. Questo concede un altro prestito dalle proprie casse, ma lo lega a precondizioni (conditionalities) che il Paese deve accettare. Nella neo-lingua del Fondo, tali condizioni sono benefiche in quanto impongono «livelli più alti di performances economica» a quel Paese; ma ciò che il FMI intende con «miglioramento economico» è che quel Paese deve fare più soldi in valuta pregiata (dollari), con cui pagare i banchieri esteri creditori. Di fatto, il FMI si sostituisce al governo del Paese debitore nella gestione della sua economia.

Il Paese entra in amministrazione controllata dal FMI, il quale applica ciò che nella neo-lingua chiama i suoi Programmi di Risanamento Strutturale, elaborati dai suoi grandi esperti di economia e finanza, i migliori del mondo. Il Paese debitore è rigorosamente richiesto di instaurare quelle che il FMI chiama «riforme» volte a vivacizzare la sua economia: essenzialmente, l’abolizione di ogni protezionismo con l’apertura totale alla libera concorrenza delle merci e servizi esteri (così, ragiona il FMI, i produttori interni delle stesse merci e servizi «saranno obbligati a diventare più competitivi»), massima apertura ai capitali stranieri che vogliano entrare nel Paese per comprare qualunque cosa; attrazione di detti capitali esteri con il lancio di un vasto e generoso programma di «privatizzazioni» di imprese pubbliche di ogni genere (ferrovie, centrali elettriche, strade, acquedotti, miniere...); riduzione dei salari (pardon, «liberalizzazione del mercato del lavoro») onde invogliare imprenditori dall’estero ad impiantare fabbriche.

Contemporaneamente, lo Stato indebitato dovrà sottoporsi a un severo ma giusto programma di « austerità»: rigore di bilancio, taglio alle spese pubbliche che sono in via di principio superflue – istruzione, sanità (che sia il mercato ad offrire tali servizi) – mentre in compenso aumenterà la pressione fiscale, onde far fronte meglio, col ricavato dei tributi e i risparmi effettuati, ai suoi debiti esteri.

E’ questa la terapia invariabilmente applicata dal Fondo Monetario da un trentennio. Fatto singolare, anzichè ravvivare la ripresa economica nei Paesi così risanati, ha distrutto le loro fragili economie interne; ha provocato disoccupazione di massa delle povere imprese locali e dell’agricoltura in grado di reggere la concorrenza estera, con creazione di immani bidonvilles nelle città senza più servizi pubblici, fogne o autobus, o emigrazioni epocali; ha dato luogo a rincari dei generi alimentari, insostenibili per la maggioranza della popolazione; e spesso, a disordini e rivolte politiche o etniche, che non fanno bene all’economia. Non è nemmeno il caso di menzionare le devastazioni ambientali provocate dal sovra-sfruttamento di petrolio, carbone e minerali (o foreste tropicali) onde generare cassa per pagare i debiti (o aumentare i profitti degli investitori privati).

Così in Indonesia nel 1997, dove l’intervento risanatore del FMI, concretatosi in un programma di austerità monetaria e rigore di bilancio, ha provocato l’instabilità sociale su sfondo etnico. In Senegal, la privatizzazione delle ferrovie ha condotto alla loro soppressione (per i capitalisti privati, erano anti-economiche), mentre la privatizzazione dell’Ufficio Veterinario Nazionale imposta dagli esperti del Fondo Monetario ha prodotto il rincaro dei farmaci veterinari, e per conseguenza l’esplosione di epidemia e parassiti nel bestiame, decimato e divenuto di così bassa qualità sanitaria, da azzerare di fatto l’export di carni e animali.

E’ andata peggio ai Paesi dell’Est europeo: là, l’assistenza terapeutica del Fondo Monetario alle loro economie in transizione dal socialismo al mercato, consistente nel dare priorità alla stabilità dei prezzi (niente inflazione, i creditori piangono) e bassi deficit pubblici, ha prodotto lo smantellamento delle strutture sanitarie statali, col questo risultato: l’aumento esponenziale dei morti per tubercolosi. In generale, nei 21 Paesi che il FMI ha curato, i morti per tbc sono saliti del 16,6%. (International Monetary Fund Programs and Tuberculosis Outcomes in Post-Communist Countries)

L’Argentina, additata come allievo modello del FMI per averne seguito alla lettera i programmi di risanamento, ha avuto nel 2001 la crisi che sappiamo, da cui s’è risollevata solo disobbendendo al FMI ripudiando i suoi debiti verso i creditori esteri, il che ha consentito una imprevista (dal FMI) ripresa economica. Di fatto, i Paesi che si sono salvati sono quelli che hanno disobbedito alle imposizioni del FMI: come la Malaysia, il cui governo, durante la crisi asiatica del ‘97 che travolse Indonesia, Thailandia e Corea del Sud, impose un draconiano controllo sui movimenti dei capitali (speculativi): fatto per cui fu aspramente denunciato dai grandi economisti del FMI.

Quanto allo Stato africano del Niger (noto per il suo minerale uranifero) apprendo che è sotto tutela del Fondo Monetario dal 1981, ossia da 30 anni: grazie alle cure del FMI, « gli aggiustamenti strutturali l’hanno indebitato per sempre, ed hanno devastato il tessuto sociale. Le privatizzazioni improvvisate, i tagli all’istruzione e alla sanità hanno fatto del Niger un luogo dove l’analfabetismo raggiunge l’83%, la speranza di vita è tra le più basse al mondo e i due terzi della popolazione vivono sotto la soglie di povertà... il penultimo Paese per lo sviluppo umano, subito prima della Sierra Leone» (Serge Michel e Michel Beuret, Cinafrica, Il Saggiatore, pagina 116).

Dirà subito il lettore: ah, ma questa è un’astuzia dei capitalisti occidentali, che usano il Fondo Monetario come loro strumento e agente pignoratore; hanno ridotto il Niger in questo stato apposta, per accaparrarsi per un boccone di pane le ricchezze minerarie del Paese.

Invece non è nemmeno così. Di fatto, il Niger è oggi in mano meno degli occidentali che dei cinesi, perchè il Fondo e la Banca Mondiale – in nome dell’ortodossia liberista globale – impongono al governicchio del Niger « di bandire una gara d’appalto internazionale per qualsiasi progetto di infrastrutture, in modo da far abbassare i prezzi e lottare contro la corruzione». E ovviamente, nelle gare d’appalto internazionali, laddove imprese americane ed europee, per fare i lavori, chiedono 40 o 50, le imprese cinesi si offrono di farli per 25. E vincono.

Allora ci si deve chiedere come mai. Come mai il Fondo Monetario impone da oltre trent’anni ricette di risanamento che, anzichè risanare il Paese coinvolto, lo uccidono; e in ogni caso, lo rendono non più capace, ma meno capace di far fronte ai suoi debiti verso la finanza internazionale, che è il vero scopo per cui il Fondo Monetario interviene. Le ricette e le cure del FMI sono controproducenti persino per gli interessi che pretendono di difendere (quelli dei creditori occidentali). Ma allora perchè continua ad applicarle imperturbabilmente, anno dopo anno, disastro dopo disastro?

Non aspettatevi una risposta. Vi basti che il vostro cronista – colpito, come sapete, da neoplasia polmonare – s’è posto la stessa domanda davanti agli oncologhi che gli ingiungono di sottoporsi a chemioterapia. Perchè continuano ad imporre terapie che «mettono l’inferno nel corpo dei malati» (professor Staudacher) e la cui inefficacia, anzi dannosità controproducente è ormai ben documentata?

La stessa imperturbabilità di fronte all’evidenza dei suoi effetti disastrosi – ben documentati, e che costoro non possono ignorare – la stessa indifferenza alle sofferenze umane che infliggono. E con lo stesso cipiglio d’autorità, lo stesso tono non discutete, gli esperti siamo noi, che devono avere i funzionari di fronte a poveri capi di governi del Terzo Mondo.

L’analogia, anzi identità di atteggiamento, è impressionante. Avrei voluto avere una telecamera per riprendere il colloquio – o meglio il soliloquio – con cui l’oncologa dell’ospedale S. C. mi comunicava, freddamente, la «ricetta di risanamento chemioterapico» che mi avrebbe inflitto. Premetto che il chirurgo che m’aveva resecato la lingula neoplastica m’aveva annunciato una chemio leggera, dato il buon esito dell’ìntervento; amici e conoscenti m’assicuravano che «oggi, le chemio sono molto più mirate», che «molti non perdono più nemmeno i capelli», e che «i più non vomitano».

Macché: l’oncologa mi annuncia, se voglio avere una possibilità di sopravvivere ad un tumore che definisce « molto aggressivo», una chemio pesantissima: cisplatino e ciclofosfamide (o qualcosa del genere), più «irradiazione della testa», e tutte le medicine di corredo contro l’anemia, la debilitazione estrema, la nausea e tutto il calvario che la chemio produce.

« Naturalmente perderà i capelli. Lei ha delle belle vene?... ». Perchè, chiedo ingenuamente. Lei glissa: «Noi abbiamo infermiere abili». Il perchè è che, nelle vene, mica ti mettono soluzione fisiologica. Ti iniettano sostanze come (poniamo) la Doxorubricina, sul cui foglio illustrativo è scritto questo caveat: «La Doxorubicina è altamente irritante e lo stravaso nella sede dell’infusione può provocare dolore locale, irritazione, infiammazione, tromboflebiti, che possono causare un’ulcera grave e necrosi della cute» nella zona dell’iniezione. Oppure come l’anticancro della GlaxoSmithKline, denominato Alkeran® (50 mg/10 ml: polvere e solvente per soluzione iniettabile che contiene come eccipiente: «acido cloridrico») definito dal fabbricante «un alchilante analogo alla mostarda azotata» (1).

Le mostarde azotate sono divenute famose nel 1915-18 come armi chimiche, più subdole dell’iprite (detto anche gas mostarda) perchè quasi inodori.

«Fortemente irritanti per pelle, occhi e apparato respiratorio, sono in grado di penetrare nelle cellule in modo molto rapido e di causare danni al sistema immunitario e al midollo osseo (…) causano anche anemia, emorragie e un maggiore rischio di infezioni. Quando questi effetti si presentano in forma grave, possono condurre alla morte». Dal sito del ministero della Salute.

Oggi, le ipriti azotate ricompaiono come medicine (miracoli della Glaxo) che vengono iniettate nelle vene di malati gravi. Anche se il personale sanitario che inietta (le abili infermiere) viene avvertito ufficialmente, dal ministero della Sanità (Linee Guida per gli operatori sanitari) di operare le iniezioni con occhiali e guanti protettivi monouso, perchè si tratta di sostanze altamente tossiche, anche solo per contatto cutaneo e... cancerogene. Sicchè il competente ministero, raccomanda i professionisti di aver cura particolare nello smaltimento:

«Tutti i materiali residui dalle operazioni di manipolazione dei chemioterapici antiblastici (mezzi protettivi, telini assorbenti, bacinelle, garze, cotone, fiale, flaconi, siringhe, deflussori, raccordi) devono essere considerati rifiuti speciali ospedalieri. Quasi tutti i chemioterapici antiblastici sono sensibili al processo di termossidazione (incenerimento), per temperature intorno ai 1000 °c La termossidazione, pur distruggendo la molecola principale della sostanza, può comunque dare origine a derivati di combustione che conservano attività mutagena. È pertanto preferibile effettuare un trattamento di inattivazione chimica (ipoclorito di sodio) prima di inviare il prodotto ad incenerimento. Le urine dei pazienti sottoposti ad instillazioni endovescicali dovrebbero essere inattivate prima dello smaltimento, in quanto contengono elevate concentrazioni di principio attivo» (2).

Inceneriti a mille gradi, i chemioterapici conservano attività mutagena. E anche le urine dei malati iniettati sono pericolose. Anche la Glaxo consiglia ai sanitari (non ai pazienti) di prendere attente precauzioni: «L’eliminazione di oggetti taglienti, quali aghi, siringhe, set di somministrazione e flaconi deve avvenire in contenitori rigidi etichettati con sigilli appropriati per il rischio. Il personale coinvolto nell’eliminazione (dell’Alkeran) deve adottare le precauzioni necessarie ed il materiale deve essere distrutto, se necessario, mediante incenerimento».

Anche per il chemioterapico che vogliono iniettare a me, il Cisplatino (coi metalli pesanti come il platino si creano classici e potenti veleni) le avvertenze ai sanitari precsrivono:

«La diluizione deve avvenire in condizioni di asepsi, da parte di personale esperto e in un’area specificamente dedicata a tale procedura. Devono essere indossati guanti protettivi. È necessario adottare precauzioni adeguate per evitare il contatto con la pelle e le membrane mucose». E attenti a non respirare la sostanza, perchè «Dopo l’inalazione sono stati osservati dispnea, dolore al torace, irritazione della gola e nausea».

La casa produttrice (Teva) segnala fra i danni collaterali:

«Gravi effetti tossici su reni, midollo osseo e orecchie sono stati segnalati fino in un terzo dei pazienti a cui è stata somministrata un’unica dose di cisplatino... Gli effetti indesiderati del cisplatino riferiti con maggiore frequenza (>10%) sono disturbi di tipo ematologico (leucopenia, trombocitopenia e anemia), gastrointestinale (anoressia, nausea, vomito e diarrea), uditivo (compromissione dell’udito), renale (insufficienza renale, nefrotossicità, iperuricemia) e febbre».

Inoltre sono possibili «Infezioni... Il cisplatino aumenta il rischio di leucemia secondaria. ... È stata documentata immunosoppressione. ... Una compromissione uditiva è stata documentata approssimativamente nel 31% dei pazienti trattati con 50 mg/m²di cisplatino. Il difetto è cumulativo, può essere irreversibile». E naturalmente, «Si può manifestare flebite nell’area di iniezione dopo la somministrazione per via endovenosa... ulcere cutanee nell’area di iniezione dopo la somministrazione per via endovenosa».

Bontà sua, il foglio illustrativo della ditta elenca come rari i seguenti: «Disturbi cerebrali (inclusi complicazioni cerebrovascolari acute, arterite cerebrale, occlusione dell’arteria carotide ed encefalopatia)... Cecità durante una terapia di associazione con cisplatino».

Il vostro cronista ha avuto, dopo la resezione polmonare, un infarto. Il cisplatino è cardiotossico, secondo la ditta produttrice «segni di ischemia del miocardio sono state osservate in particolare in associazione con altri citotossici. Possono verificarsi ipertensione e infarto del miocardio anche alcuni anni dopo la chemioterapia. Grave coronaropatia».

Sono un po’ preoccupato che la chemio mi porti un altro infarto, confesso all’oncologa. Lei mi tranquillizza: «Il cisplatino è cardiotossico, ma è molto più nefrotossico». Dice anche qualcosa su forti dosi di cortisone durante le sedute di chemio. Il più potente degli immunosoppressori, proprio mentre avrei bisogno di tutte le difese del mio sistema immunitario?, provo ad osservare. E perchè il cortisone? «Come anti-emetico».

Confesso che è questa la risposta che mi agghiaccia di più: so che questo potente anti-infiammatorio, necessario nelle crisi asmatiche acute ed in altri casi d’emergenza, viene di solito maneggiato con cautela per gli effetti collaterali (riduzione dell’attività surrenale, ulcera gastrica, eccetera). Qui viene usato con noncuranza per alleviare il vomito da chemio; evidentemente i suoi effetti collaterali sono nulla, in confronto a quelli del chemio-farmaco. Più precisamente, sento che per l’oncologia sono ormai comunque condannato (le statistiche di sopravvivenza sono ben note), e dunque giù terapie eroiche, senza guardare per il sottile. Ma se sono condannato, perchè non lasciarmi morire per il mio tumore, senza nausea, vomito, diarrea, alopecia, prostrazione, stomatiti, flebiti nella zona d’iniezione e tutti gli altri mali devastanti relativi?

E’ lo stesso approccio che ha il Fondo Monetario. Come questo applica una sola ricetta e gli stessi piani di risanamento strutturale a taglia unica a qualunque Paese gli chieda aiuto, senza analizzarne in profondità la struttura economica e sociale e adattare le misure alle caratteristiche specifiche, così l’oncologo non mi ha visitato ed auscultato; mai mi ha interrogato, cercato di indagare le cause della mia malattia, nè considerato le mie specificità fisiologiche, debolezze e punti di forza: anche qui una ricetta uguale per tutti, mai su misura.

Le ricette del Fondo Monetario sottraggono al Paese che ne è vittima le basi della vitalità economica e i mezzi d’intervento pubblico, rendendo impossibile la ripresa che suppone di rilanciare. La chemioterapia avvelena e priva di difese immunitarie, e dunque della forza risanatrice naturale, gli organismi che tratta.

Anche il Fondo Monetario applica protocolli; che in questo caso si chiamano Washington Consensus, ossia l’ideologia liberista elaborata dagli anni ‘80 da economisti ufficiali di prestigiose università americane, politici di cui i suddetti economisti erano suggeritori, e le stesse istituzioni sovrannazionali come il Fondo Monetario; la convinzione che l’autoregolamentazione di mercati basti a risolvere tutti i problemi di finanza pubblica, e che dunque occorra lasciar fare alla mano invisibile del mercato per risanare le economie, il tutto applicato con alta presunzione dottrinaria.

Ci sono certo interessi grossi che sostengono e perpetuano il Washington Consensus, interessi delle grandi banche creditrici, interessi neo-coloniali di saccheggio delle risorse dei Paesi poveri. Ma per i funzionari del Fondo Monetario (che sono economisti-burocrati) l’applicazione del Washington Consensus adempie all’assillo primario di ogni burocrazia: pararsi il didietro, farsi scudo dei precedenti, non rischiare il prestigio e la fama che sperimentazioni di cui non ci sono precedenti. Nessuno può criticare i tuoi risultati se hai applicato le procedure accertate, anche se hai fatto aumentare i morti per TBC nei Paesi dell’Est, e hai distrutto l’allevamento nel Senegal; puoi sempre mostrare che tali procedure sono approvate ad Harvard da luminari di chiara fama.

Allo stesso modo, credo, l’oncologia applica i suoi protocolli tossici (3), anche se si aggrava il sospetto che uccidano più pazienti che il cancro, ed è raggiunta la certezza che ne uccidano più di quanti ne guariscano. Dietro, certo, ci sono gli interessi della grandi farmaceutiche (un paziente in cura chemioterapica costa 60-120 mila euro l’anno); ma c’è soprattutto una concezione delle neoplasie imposta con inflessibilità dottrinale dai livelli intermedi dei medici specialisti, come degli economisti che l’FMI invia sul campo. Una dottrina probabilmente sbagliata – com’è sbagliato il liberismo assoluto e lo smantellamento dello Stato per rilanciare economie in crisi – ma su cui si sono costruite notorietà, cattedre prestigiose, fama scientifica e giornalistica.

Pensate dove finirebbero i prestigi, le notorietà e le luminosità scientifiche il giorno che si scoprisse che il cancro si cura col bicarbonato, o – più radicalmente – il giorno in cui si affermerà la concezione del cancro non come malattia locale da tagliare e avvelenare, ma come malattia centrale, sistemica, del sistema neuro-immunitario: quanti cattedratici si troverebbero nella condizione di docenti di Alchimia dopo il trionfo della chimica di Mendeleyef, e professori di Geocentrismo e Astrologia dopo Copernico e Newton. I depositari di una scienza arretrata e depassée; non più docenze, cattedre, cliniche di prestigio, nè responsi e consulti profumatamente pagati.

Pensate ai poveri medici che si sono specializzati in oncologia, che hanno investito il loro futuro su questo, che sono magari diventati primari a forza di prescrizioni di cisplatino e iprite azotata. Credete che accetterebbero di buon grado il fatto – poniamo – che aveva ragione Di Bella, o peggio, che l’idea giusta l’ha avuta il dottor Hamer? E che si devono rimettere a studiare queste concezioni che negano tutto quel che hanno minuziosamente imparato a livello cellulare, infra-cellulare o virale, in cui hanno cercato (invano) da decenni la causa dei tumori?

No: la categoria fa muro contro le novità (4), come lo fanno gli economisti ufficiali. La loro scienza è in pericolo: trattasi della scienza-burocratica, quella che amministra l’uomo, lo sfrutta e lo spoglia, lo tormenta e lo depreda.[...].
Maurizio Blondet
( L'articolo è tratto dal sito "EFFEDIEFFE ").

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