Re: La critica del diavolo: tu sai di essere Dio

Inviato da  SoleLuce il 16/11/2006 14:35:21
Ecco il brano della mistica Maria Valtorta che ha avuto 'visioni' e 'dettati' da Gesù, dal Padre, dallo Spirito Santo, da Maria...

Per riassumere molto, ha prodotto qualcosa come 15 volumi di circa 500 pagg. senza immagini.
Era paralizzata a letto a Viareggio e scriveva di getto su dei quaderni senza mai correggere nulla. Nel periodo dal 1943 al 1950.
L'opera maggiore è in 10 volumi e riguarda tutta la vita di Gesù. 'Vedeva' luoghi e persone come se fosse presente alla scena, come immersa in un filmato.

Altre info sul sito ufficiale:
http://www.mariavaltorta.com/

Questo brano riguarda l'agonia del Getsemani. Poi ce ne sono anche altri.
Le [...] sono piccoli tagli che ho fatto per abbreviare un po'.
Vi consiglio di leggerlo anche col cuore, non solo con la testa.

Citazione:
Riflessioni sull'agonia nel Getsemani e premessa agli altri dolori della Passione.

15 febbraio 1944.
Dice Gesù:
«[…]
Io ero, sono, il Figlio del Dio altissimo. Ma ero anche il Figlio dell'uomo. Da queste pagine voglio che sgorghi nitida questa mia duplice natura, ugualmente totale e perfetta.

Della mia Divinità vi fa fede la mia parola, la quale ha accenti che solo un Dio può avere. Della mia Umanità i bisogni, le passioni, le sofferenze che vi presento e che patii nella mia carne di vero Uomo, proposta a modello della vostra umanità, così come vi istruisco lo spirito con la mia dottrina di vero Dio.
[…]

Vi fa pena la madre di un figlio destinato alla morte per morbo insanabile, la madre di un condannato al supplizio dal rigore dell'umana giustizia. Ma pensate a questa Madre mia, che dal momento in cui mi ha concepito ha tremato pensando che ero il Condannato, a questa Madre che quando m'ha dato il primo bacio sulle carni morbide e rosee di neonato ha sentito le future piaghe della sua Creatura, a questa Madre che avrebbe dato dieci, cento, mille volte la sua vita per impedirmi di divenire Uomo e di giungere al momento dell'Immolazione, a questa Madre che sapeva e che doveva desiderare quell'ora tremenda per accettare la volontà del Signore, per la gloria del Signore, per bontà verso l'Umanità.
No, non vi è stata agonia più lunga, e finita in un dolore più grande, di quella della Madre mia.

E non vi è stato un dolore più grande, più completo del mio. Ero Uno col Padre. Egli mi aveva dall'eternità amato come solo Dio può amare. Si era compiaciuto di Me ed aveva trovato in Me la sua divina gioia. Ed Io l'avevo amato come solo un Dio può amare, e trovato nell'unione con Lui la mia gioia divina. Gli ineffabili rapporti che legano ab eterno il Padre col Figlio non possono esservi spiegati neppure dalla mia parola, perché, se essa è perfetta, la vostra intelligenza non lo è, e non potete comprendere e conoscere ciò che è Dio finché non siete seco Lui nel Cielo. Ebbene, Io sentivo, come acqua che monta e preme contro una diga, crescere, ora per ora, il rigore del Padre verso di Me.
[…]

Più l'ora dell'espiazione si avvicinava e più Io sentivo allontanarsi il Padre. Sempre più separato dal Padre, la mia Umanità si sentiva sempre meno sorretta dalla Divinità di Dio. E ne soffrivo in tutte le maniere. La separazione da Dio porta seco paura, porta seco attaccamento alla vita, porta seco languore, stanchezza, tedio. Più è profonda e più sono forti queste sue conseguenze. Quando è totale, porta disperazione. E quanto più chi, per un decreto di Dio, la prova senza averla meritata, più ne soffre, perché lo spirito vivo sente la recisione da Dio così come una carne viva sente la recisione di un arto. È uno stupore doloroso, accasciante, che chi non l'ha provato non intende.

Io l'ho provato. Tutto ho dovuto conoscere per potere di tutto perorare presso il Padre in vostro favore. Anche le vostre disperazioni. Oh, Io l'ho provato cosa vuol dire: "Sono solo. Tutti mi hanno tradito, abbandonato. Anche il Padre, anche Dio non m'aiuta più". Ed è per questo che opero misteriosi prodigi di grazia presso i poveri cuori che la disperazione soverchia, e che chiedo ai miei prediletti di bere il mio calice così amaro di esperienza, perché essi, coloro che naufragano nel mare della disperazione, non ricusino la croce che offro per àncora e per salvezza, ma vi si afferrino ed lo li possa portare alla beata riva dove non vive che pace.
Nella sera del Giovedì, Io solo so se avrei avuto bisogno del Padre! Ero uno spirito già agonizzante per lo sforzo di aver dovuto superare i due più grandi dolori di un uomo: l'addio ad una madre amatissima, la vicinanza dell'amico infedele. Erano due piaghe che mi bruciavano il cuore. Una col suo pianto, l'altra col suo odio.
[…]

Sarebbero bastate quelle due piaghe a fare di Me un agonizzante nel mio Io. Ma ero l'Espiatore, la Vittima, l'Agnello. L'agnello, prima d'esser immolato, conosce il marchio rovente, conosce le percosse, conosce lo spogliamento, conosce la vendita al beccaio. Solo per ultimo conosce il gelo del coltello che penetra nella gola e svena e uccide. Prima deve lasciare tutto: il pascolo dove è cresciuto, la madre al cui petto si è nutrito e scaldato, i compagni con cui ha vissuto. Tutto. Io ho conosciuto tutto: Io, Agnello di Dio.

Perciò è venuto Satana, mentre il Padre si ritirava nei Cieli. Era già venuto all'inizio della mia missione, a tentarmi per sviarmi da essa. Ora tornava. Era la sua ora. L'ora della tregenda satanica.

Torme e torme di demoni erano quella notte sulla Terra, per portare a termine la seduzione nei cuori e farli pronti a volere il domani l'uccisione del Cristo. Ogni sinedrista aveva il suo, e il suo Erode, e il suo Pilato, e il suo ogni singolo giudeo che avrebbe invocato su lui il mio Sangue. Anche gli apostoli avevano il loro tentatore al fianco, che li assopiva mentre Io languivo, che li preparava alla viltà. Osserva il potere della purezza. Giovanni, il puro, si liberò primo fra tutti della grinfia demoniaca e tornò subito presso il suo Gesù e lo comprese nel suo inespresso desiderio, e mi condusse Maria.

Ma Giuda aveva Lucifero, ed Io avevo Lucifero. Egli nel cuore, Io al fianco. Eravamo i due principali personaggi della tragedia, e Satana si occupava personalmente di noi. Dopo aver condotto Giuda al punto di non potere più retrocedere, si volse a Me.

Con la sua astuzia perfetta, mi presentò le torture della carne con un verismo insuperabile. Anche nel deserto aveva cominciato dalla carne. Lo vinsi pregando. Lo spirito signoreggiò le paure della carne.

Mi presentò allora l'inutilità del mio morire, l'utilità di vivere per Me stesso senza occuparmi degli uomini ingrati. Vivere ricco, felice, amato. Vivere per la Madre mia, per non farla soffrire. Vivere per portare a Dio con un lungo apostolato tanti uomini, i quali, una volta Io morto, m'avrebbero dimenticato, mentre se fossi stato Maestro non per tre anni ma per lustri e lustri avrebbero finito ad immedesimarsi della mia dottrina. I suoi angeli mi avrebbero aiutato a sedurre gli uomini. Non vedevo che gli angeli di Dio non intervenivano nell'aiutarmi? Dopo, Dio mi avrebbe perdonato vedendo la messe di credenti che gli avrei portato. Anche nel deserto m'aveva indotto a tentare Iddio con l'imprudenza. Lo vinsi con la preghiera. Lo spirito signoreggiò la tentazione morale.
Mi presentò l'abbandono di Dio. Egli, il Padre, non mi amava più. Ero carico dei peccati del mondo. Gli facevo ribrezzo.

Era assente, mi lasciava solo. Mi abbandonava al ludibrio di una folla feroce. E non mi concedeva neppure il suo divino conforto. Solo, solo, solo. In quell'ora non c'era che Satana presso il Cristo. Dio e gli uomini erano assenti, perché non mi amavano. Mi odiavano o erano indifferenti. Io pregavo per coprire col mio orare le parole sataniche. Ma la preghiera non saliva più a Dio. Ricadeva su Me come le pietre della lapidazione e mi schiacciava sotto la sua macia. La preghiera, che per Me era sempre carezza data al Padre, voce che saliva, ed alla quale rispondeva carezza e parola paterna, ora era morta, pesante, invano lanciata contro i Cieli chiusi.

Allora sentii l'amaro del fondo del calice. Il sapore della disperazione. Era questo che voleva Satana. Portarmi a disperare per fare di Me un suo schiavo. Ho vinto la disperazione e l'ho vinta con le sole mie forze, perché ho voluto vincerla. Con le sole mie forze di Uomo. Non ero più che l'Uomo. E non ero più che un uomo non più aiutato da Dio. Quando Dio aiuta è facile sollevare anche il mondo e sostenerlo come giocattolo di bimbo. Ma quando Dio non aiuta più, anche il peso di un fiore ci è faticoso.

Ho vinto la disperazione, e Satana suo creatore, per servire Dio e voi dandovi la Vita. Ma ho conosciuto la Morte. Non la morte fisica del crocifisso ﷓ quella fu meno atroce ﷓ ma la Morte totale, cosciente, del lottatore che cade, dopo aver trionfato, col cuore spezzato e il sangue che si stravasa nel trauma di uno sforzo superiore al possibile. Ed ho sudato sangue. Ho sudato sangue per essere fedele alla volontà di Dio.
Ecco perché l'angelo del mio dolore mi ha prospettato la speranza di tutti i salvati per il mio sacrificio come medicina al mio morire.

I vostri nomi! Ognuno m'è stato una stilla di farmaco infuso nelle vene per ridare loro tono e funzione, ognuno m'è stato vita che torna, luce che torna, forza che torna. Nelle inumane torture, per non urlare il mio dolore di Uomo, e per non disperare di Dio e dire che Egli era troppo severo e ingiusto verso la sua Vittima, Io mi sono ripetuto i vostri nomi. Io vi ho visti. Io vi ho benedetti da allora. Da allora vi ho portati nel cuore. E quando è per voi venuta la vostra ora di essere sulla Terra, Io mi sono proteso dai Cieli ad accompagnare la vostra venuta, giubilando al pensiero che un nuovo fiore di amore era nato nel mondo e che avrebbe vissuto per Me.

Oh! miei benedetti! Conforto del Cristo morente! La Madre, il Discepolo, le Donne pietose erano intorno al mio morire, ma voi pure c'eravate. I miei occhi morenti vedevano, insieme al volto straziato della Mamma mia, i vostri visi amorosi, e si sono chiusi così, beati di chiudersi perché vi avevano salvati, o voi che meritate il Sacrificio di un Dio».

da "L'Evangelo come mi è stato rivelato Vol.9"

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