Il diluvio

Inviato da  sitchinite il 20/10/2008 0:57:43
Uno dei ‘misteri mitologici’ più controversi a livello globale è il racconto di un diluvio che spazzò via la civiltà, al quale però l’ uomo sopravvisse per volere dello stesso dio che aveva mandato questa ‘punizione’. In alcuni racconti il diluvio è un evento locale, in altri un evento a livello planetario; in alcuni racconti si afferma addirittura che gli dei stessi (o il dio stesso) aiutarono l’ uomo a ricreare la civiltà dopo il diluvio. Quasi tutti i racconti però sono basati su alcuni concetti chiave:

· Il diluvio ha una funzione ‘punitiva’;
· Un uomo e una donna benedetti da un dio o dagli dei riescono a salvarsi;
· Questa coppia ‘benedetta’ si salva grazie ad una imbarcazione costruita
secondo indicazioni divine;
· Il diluvio segna la fine di una era o di un percorso storico e al diluvio segue una nuova fase evolutiva.

Nei suoi libri Zecharia Sitchin affronta l’ argomento del diluvio più e più volte, alcune volte in modo marginale, in altre, come del libro “L’ Altra Genesi”, in modo molto approfondito. La sua teoria in merito è che il diluvio fu un evento catastrofico dovuto allo sciogliersi dei ghiacci del polo sud, facilitato dal passaggio di Nibiru in prossimità della terra che con la sua spinta gravitazionale diede il ‘colpo di grazia’ al già compromesso equilibrio climatico del pianeta. Tutto ciò avvenne secondo Sitchin a cavallo del 11/10.000 a.C. cioè alla fine della ultima era glaciale; il crescere del livello marino, l’ insorgere di bufere e uragani, lo scioglimento del ghiaccio che riversò acqua dolce sul mare, causarono un mutamento climatico che, oltre a questi fenomeni già citati, portò una serie di piogge abbondanti e durature che sono rimaste nella memoria storica collettiva di tutti i popoli della Terra.

1. Il diluvio nella Bibbia
Il racconto del diluvio universale presente nella Bibbia presenta degli elementi estremamente controversi. Si ha l’ impressione, leggendolo, che il racconto sia incompleto o quantomeno confusionario. Come se fosse un riassunto poco coerente di una storia più complessa.
Il particolare che più di ogni altro ha colpito e lasciato perplessi gli esegeti e studiosi (non necessariamente cristiani) è l’ improvvisa decisione di Dio, dopo aver dichiarato la volontà di eliminare il genere umano, di salvare 8 persone: Noè, la moglie, e i suoi 3 figli con le rispettive mogli.
Se l’ umanità era corrotta, e Noè era garanzia di rettitudine, così non lo era però per la moglie, per i 3 figli e le 3 nuore di Noè (come vedremo tra poco). Eppure Dio permette che queste persone siano i nuovi ‘capostipiti’ di
tutta l’ umanità.
Altresì non si capisce come, dopo il diluvio, alla seconda generazione si sarebbe ripopolato il mondo.
I matrimoni e le generazioni sarebbero avvenuti tra consanguinei, una eventualità che, se nel IV e III millennio a.C. era ben testimoniata in ambito
reale e sacerdotale, il culto di Dio aborriva e condannava salvo in casi eccezionali.
Un altro particolare è la cronologia del diluvio… in alcuni passi (Genesi 7:17) si dice che il diluvio imperversò per 40 giorni e 40 notti, in altri versi “il diluvio spazzò la terra per 150 giorni” (Genesi 7:24), come se il racconto biblico fosse un condensato di almeno 2 versioni. Inoltre, se si dà ragione alla frase riguardante i 150 giorni, c’ è un altro punto da chiarire: in Genesi 8:4 si afferma che “Alla fine dei 150 giorni le acque si erano ritirate, e nel 17° giorno del 7° mese l’ Arca si posò sul monte Ararat”. Ma 150 giorni sono 5 mesi, non 7 mesi. Nonostante questo Noè rimane ancora nell’ Arca, perché in Genesi 8:5 si afferma che “le acque continuarono a ritirarsi fino al 10° mese, e il primo giorno del 10° mese le cime delle montagne divennero visibili”.
Accenniamo ora a un particolare che ritroveremo anche in altri miti del diluvio nelle varie culture, e che funge da ‘punto di contatto tra le varie versioni’. E’ quello degli uccelli mandati fuori dall’ Arca per capire se le acque si fossero ritirate.
Noè nel racconto biblico manda prima un corvo che torna indietro. Dopo sette giorni manda una colomba che ritorna indietro. Così la stessa colomba dopo altri sette giorni, e dopo la terza settimana torna con un ramoscello di ulivo in bocca, il chè è per Noè segno che le acque si stavano ritirando. Dopo altri sette giorni egli manda di nuovo la colomba che non fa ritorno.
Dopo che Noè ‘sbarca’ sull’ Ararat e offre un sacrificio a base di carne a
Dio, questo stabilisce un patto con Noè, dichiarando che non distruggerà più l’ umanità, né le piogge diventeranno mai più un diluvio che distrugga ogni forma di vita. Mise nel cielo un arcobaleno dicendo che “questo è il simbolo del mio patto con te”. Noè successivamente pianta una vigna, produce del vino col quale si ubriaca e giace nudo addormentato. Suo figlio Cam entrando nella tenda del padre lo vede nudo e chiama i suoi due fratelli i quali però, per non vedere le nudità del padre (sarebbe stato un peccato gravissimo), entrano camminando a ritroso e coprono il padre con un indumento. Quando Noè si sveglia e scopre che Cam lo ha visto nudo lo maledice (Genesi 9:25):

“Maledetto sia Cam!
L’ ultimo degli schiavi
Sarà lui per i suoi fratelli."


Dunque che Dio è che reputa Cam degno di rimanere in vita se compie poi un atto così disonorevole e manca a una legge divina? O che Dio è che salva Noè che maledice il suo stesso figlio?
Le discendenze dai 3 figli di Noè ci vengono specificate in Genesi 10:

I figli di Sem: Elam, Asshur, Arphaxad, Lud e Aram
I figli di Jafet: Gomer, Magog, Madai, Javan, Tubal, Meshech e Tiras
I figli di Cam: Cush, Mizraim, Put e Canaan

Sono tutte discendenze maschili, niente viene detto della parte femminile quindi resta il mistero su come l’ umanità si ripopolò. Indubbiamente sono contemplate anche sorelle non nominate dalle quali, tramite matrimoni misti consanguinei, questi 16 nipoti maschi di Noè generarono.

2. Il diluvio in Mesopotamia
Quando alla fine del XIX secolo importanti scavi in mesopotamia portarono alla luce la vastissima biblioteca di Assurbanipal a Ninive, la comunità archeologica e la comunità religiosa vennero scosse dalla scoperta di alcune tavole che riportavano parole completamente diverse dall’ assiro che era in corso di studio. Esistevano intere tavolette che fungevano da dizionario con un' altra lingua che veniva attribuita alla grande civiltà di Akkad. Esistevano intere tavolette ricopiate nella lingua originale accadica, che contenevano riferimenti a una lingua precedente, la ‘lingua degli dei di Sumer’. Una tavola
dello stesso Assurbanipal dichiarava:

“Il dio degli scribi mi ha concesso in dono
la conoscenza della sua arte.
Sono stato iniziato ai segreti della scrittura.
So anche leggere le complicate tavole nella lingua di Sumer.
Comprendo le enigmatiche parole scritte nella pietra
sin dai giorni prima del diluvio.”


Queste frasi enigmatiche suggerirono a studiosi come H. Rawlinson e J. Oppert che esisteva una civiltà precedente a quella accadica, e che questa civiltà avesse una lingua propria, tracce della quale si trovavano nelle tavolette dissepolte a Ninive. Sumer fu identificata nella piana centro meridionale della Mesopotamia, la Shin’ar di cui si parla nella Bibbia in Genesi 11:2 “muovendosi verso est trovarono una piana a Shin’ar e vi si stabilirono”.

Tra le migliaia e migliaia di tavolette se ne trovarono alcune che, sin dalle prime letture, si rivelarono particolarmente interessanti per capire qualcosa di queste antiche civiltà. Vi si raccontava la storia di un re, Gilgamesh, che ritenendosi di origine semidivina, ingaggiò un viaggio lunghissimo e faticosissimo per raggiungere la terra degli dei, il Tilmun, dove avrebbe chiesto al dio del sole Shamash di aiutarlo ad accedere al cielo.
Nella seconda parte del viaggio, essendo fallito questo obiettivo, Gilgamesh va alla ricerca di Ziusudra, un eroe che era sopravvissuto al diluvio che aveva distrutto l’ umanità e al quale il dio Enlil aveva concesso la vita eterna.
Era il secondo riferimento che si trovava a un ‘diluvio’. Come interpretare questi riferimenti?
Non solo: successivamente in altri scavi vennero trovate altre versioni della stessa storia, anche se più frammentarie, scritte in lingua sumerica, nelle quali i nomi cambiavano leggermente. Al posto di Shamash compariva Utu, e al posto di Ziusudra compariva Utnapistim. Ciò permise di stabilire che effettivamente la storia di Gilgamesh era un poema molto antico che ogni popolo si tramandava di generazione in generazione ma rimanendo sempre fedeli, a parte le traduzioni dei nomi, alla storia originale.
Tutti questi particolari aiutarono gli studiosi a capire che molti racconti del libro della Genesi in realtà non sono che echi di racconti assiri, babilonesi, e ancora prima accadici e sumeri.
Una volta trovata la chiave di lettura fu facile identificare altri passaggi della Genesi nelle tavole mesopotamiche. Ma quale era il racconto del diluvio secondo i sumeri?
Quando Gilgamesh riesce finalmente a trovarsi di fronte Ziusudra, egli gli racconta: “vieni Gilgamesh, un segreto io ti svelerò… un segreto degli dei”.

La vicenda del diluvio ha inizio a Shuruppak. In un non precisato periodo (Ziusudra non dà nessun riferimento temporale) vi si trovarono riuniti tutti ‘i vecchi dei’. Il fatto che tutti questi ‘vecchi dei’ fossero riuniti in un unico posto indica secondo Sitchin che l’ evento si verificò in un arco temporale in cui Nibiru si trovava vicino alla terra. Particolarmente indicativa in questo senso è la presenza anche di Anu, dio supremo del pantheon sumero ma che risiedeva nei cieli e solo raramente faceva la sua comparsa a Sumer.

In quei giorni il mondo pullulava, la gente si moltiplicava,
il mondo mugghiava come toro selvaggio e il grande dio
venne destato dal clamore. Enlil udì il clamore e disse:
“Lo strepitio dell’ umanità non è più tollerabile
e il sonno non è più possibile”. Così gli dei
si accordarono per sterminare l’ umanità.
Lo fece Enlil ma Ea, per il suo giuramento,
mi avvertì in sogno del tremendo piano.


Secondo la versione mesopotamica che è stata inserita nel racconto di Gilgamesh quindi, il diluvio sembra un atto volontariamente causato da un dio iracondo, Enlil. Questa del racconto di Gilgamesh è una versione che riassume molto l’ inizio della storia, quella della decisione di Enlil. Nel poema ‘Atra Hasis e il diluvio invece’, ci si ferma di più su questa fase iniziale raccontando che all’ inizio Enlil pretendeva che fosse Ea a porre fine al genere umano, ma questi si rifiutò.

“questo non è mio potere, non è una azione per me...
è una azione per te, Enlil, e tuo figlio Ninurta.
Se vuoi un diluvio dì a Ninurta di aprire le porte del cielo”


Quando Ea per far si che Ziusudra si salvasse gli dà le indicazioni per costruire una barca, usa queste parole:
“Che la sua altezza sia uguale alla sua larghezza,
che il suo ponte abbia un tetto come la volta che
ricopre l’ abisso; conduci quindi nella nave
il seme di tutte le creature viventi”


Il termine utilizzato nel poema per descrivere la barca è Ma.Gur.Gur che significa ‘che può rotolare e capovolgersi’. Dalla descrizione più che una barca o nave sembra si tratti di una specie di ‘sottomarino’ o ‘sommergibile’. La frase ‘il seme di tutte le creature viventi’ ha destato non poco imbarazzo tra i sumerologi perché è una di quelle espressioni di chiara traduzione ma con un significato che, nel contesto dell’ epoca, è assolutamente fuori luogo. Se è lecito pensare a un vero e proprio seme per le piante e i frutti, come si dovrebbe interpretare questa espressione nel caso di animali e uomini?
Più avanti nel testo Ziusudra ricorda che:

Poi sorsero gli dei dell’ abisso: Nergal divelse le dighe delle
Acque dell’ Absu, Ninurta abbattè gli argini e i sette giudici,
gli Anunnaki, innalzarono le loro torce, illuminando la terra
con le loro livide fiamme.


L’ espressione ‘acque dell Absu’ è un riferimento geografico. Indica che le acque si riversaroo da Sud. L’ Absu era la regione di dominio di Nergal e sua moglie Ereshkigal, e precedentemente sotto dominio di Enki.
Corrispondeva grossomodo al sudafrica fino alla Tanzania.
Una conferma di questo riferimento si trova qualche riga più avanti nel testo:

I venti soffiarono per sei giorni e sei notti,
fiumana buffera e piena sopraffecero il mondo.
All’ alba del settimo giorno la tempesta del sud
diminuì, divenne calmo il mare.


Dal racconto si legge che:

‘la nave sul monte Nisir si arenò,
lì rimase incagliata la nave’

Il monte Nisir, che ricorre in alcune tavolette di re Assurbanipal in cui egli scrive di aver trovato la nave di Ziusudra, attualmente viene generalmente identificato con il Pir Magrun, ed è localizzato al confine tra il Kurdistan iraqeno e la Turchia dell’ est, l’ antica Anatolia. Approssimativamente nel tratto in cui è collocato l’ Ararat della bibbia (data la non definitiva identificazione di entrambe le montagne ci si può permettere una certa tolleranza). Ziusudra allora manda fuori dalla nave una colomba che torna indietro non trovando dove poggiarsi. Libera poi una rondine, ma anche lei torna indietro. E’ poi la volta del corvo che, trovando le acque diminuite e la
vegetazione libera, mangia, effettua dei giri intorno alla nave, e poi vola via.
Val la pena notare come sia nel mito mesopotamico che in quello biblico sono menzionati il corvo e la colomba.
C’ è un punto del racconto la cui traduzione viene resa in due modi differenti a seconda dell’ interprete.
Il passaggio sumero è:

gish má.gur.gur a.gal.la tu.ul.bul.bul.a.ta
utu im.ma.ra.è an.ki.a u.gá.gá

Che viene tradotto in due modi diversi:
“aprì una finestra della grande nave (ma.gur.gur) e si prostrò davanti a Utu (il dio del sole)”

oppure, in una versione meno ‘devozionale’:
“aprì una finestra della nave (ma.gur.gur) e vedendo il sole (utu) cadde in ginocchio e pianse”.

Nelle righe conclusive della storia, Ziusudra racconta che, una volta che gli dei furono ridiscesi sulla terra e trovarono Ziusudra vivo, Ishtar festeggiò
e richiamò gli dei dicendo:

“Che tutti gli dei si riuniscano intorno al sacrificio.
Tutti fuorchè Enlil. Lui non si accosterà a questa offerta
perché senza riflettere ha portato il diluvio”.


[...]

4. Il diluvio in Oceania
A Tahiti viene ancora raccontata una leggenda secondo la quale l’ isola fu anticamente sommersa dal mare, nell' isola sopravvissero solamente un uomo e una donna e gli animali che essi salvarono; il disastro iniziò con grandi piogge e una tempesta furiosa che fini per travolgere l'intera isola. Per salvarsi assieme agli animali i due esseri umani si rifugiarono sul monte più alto PITOHITI.
Finalmente dopo 10 notti cessò di piovere e il mare calò, così la vita, grazie alla coppia, tornò a fiorire nell' isola. Dal testo si può leggere:

Venne un forte vento di settentrione, con piogge e piene,
e con una tempesta esiziale e turbini. Grandi alberi furono sradicati,
con massi di ogni genere e trasportati in aria. Soltanto una coppia
fu risparmiata, un uomo con sua moglie.
[…]
Tutta la terra di Tahiti e Tai-arapu fu allagata dal mare
e dalle acque dolci. Il monte Orena rimase sommerso;
solo il monte Pito-hiti si mantenne sopra il livello delle acque.
Sopra Tahiti piccola (Mo'orea) pareva mare aperto:
Nessuna montagna emergeva dalle onde.
[…]
Allora dissero: "L' ira di Ta'aroa, l' unico fondamento del mondo,
è placata! Il mare è calmo, si è abbassato e il tempo è asciutto,
ma noi rimaniamo tra cielo e terra.


Questi tre passaggi del racconto Tahitiano contengono elementi che devono far pensare: innanzitutto nel primo estratto si dice che la tempesta proveniva da settentrione, esattamente come nel mito di Gilgamesh. Questo fatto è molto importante a causa della posizione geografica dell’ arcipelago della Polinesia Francese in cui si trovano le isole tahitiane. Situato a 6000 km a est dell’ Australia, è uno dei punti più a sud di tutto il globo. Una tempesta che provenga da Sud dell’ Oceania può venire solo da uno specifico luogo geografico: il polo sud, esattamente come sostenuto da Sitchin.

Il secondo passaggio del brano fa riferimento al riversarsi di “acque dolci”, un chiaro riferimento a ghiaccio disciolto, un altro punto a favore della teoria del diluvio come sciogliemnto dei ghiacci del polo sud.
Nel terzo estratto del brano troviamo, come nei miti visti in precedenza, la figura di un dio iracondo: Ta’aroa. La mitologia tahitiana non si può descrivere come esattamente politeista. Nei testi rinvenutici e nelle leggende raccontate, solo Ta’aroa figura come ‘grande dio eterno’ mentre le altre figure risultano come degli dei creati ‘su commissione’ di Ta’aroa dagli ‘artisti della creazione’. Questi avevano dei cesti ripieni di To’i, una sorta di materiale non identificabile. Da questo materiale crearono 4 personaggi: Tane, Ru, Hina, Maui.
Dopo che Tane creò il cielo con le stelle, Ta’aora creò sette livelli nel mondo e nell’ ultimo, il più basso, creò l’ uomo.
Nella sua accezione di ‘dio creatore’ Ta’aroa ricorda molto la figura di Enki nella sua connotazione di ‘Nudimmud’, ossia ‘abile creatore’, che Sitchin identifica in quel dio successivamente adorato dagli egizi come Ptah, il ‘creatore delle cose’.

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Qui ho riassunto un pò un mio articolo , ma mi é parso opportuno parlare anche del mito tahitiano, sconosciuto ai più. In genere si parla solo della Bibbia e dell' epopea di Gilgamesh, ma il mito del Diluvio é presente in quasi tutte le culture.

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