Questo lo so, ma della proprietà privata del mio semplice corpo non ne traggo granché, se non, come giustamente dici, il mio diritto a non essere schiavo.
Ripropongo l'esempio di prima: se per me è un diritto girare armato, ma non posseggo nessuna proprietà privata in cui esercitare tale diritto, e mi ritrovo invece a vivere in un luogo dove ciò è proibito (ossia in altre proprietà private di gente che lo pribisce), cosa succede?
Se io voglio fondare una comunità di luddisti, in cui si lavora la terra coi buoi e non esiste industria ma solo artigianato, a meno che questa comunità non sia completamente autosufficiente, essa sarà destinata al fallimento economico, schiacciata dalla concorrenza di realtà tecnologicamente più avanzate.
Seppur nolente, mi ritroverò dunque a dover abbracciare un modo di produzione "capitalistico" (passami il termine) e arrendermi alla tecnologia, se non voglio morire di stenti. Ripeto, è vero che non esiste coercizione fisica, ma mi chiedo: è libera questa scelta?
Questo intendevo con "pervasività del capitalismo" (non c'è nessuna connotazione morale in questa espressione).
Oppure molto piu' semplicememte, garantire al figlio dell' operaio un istruzione di livello paragonabile a quello dell'industriale.
In questo discorso pero' non viene preso minimamente in conto il danno collaterale provocato quando queste attivita' vengono svolte in grande scala, ad esempio il danno sul territorio provocato dalle concerie.
Aspetto invece ben presente nelle teorie socialiste moderne.
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