Re: la7 banna Luttazzi, motivo?

Inviato da  LeoStoch il 20/12/2007 10:36:23
Un bell'articolo:

ll gusto di nominare le cose

Cancellato dalla tv, l'attore torna in teatro e lancia le sue battute al vetriolo

Il gusto di nominare le cose
Lo showman ha portato all'Ambra Jovinelli l'intera trasmissione sospesa. Fuori, un megaschermo per chi non è potuto entrare. Da Benedetto XVI al matrimonio, va in scena l'Italia del sacro integralismo

di Gianfranco Capitta ( il manifesto, 18/12/07 )

Daniele Luttazzi si è visto chiudere il suo Decameron su La7, ufficialmente perché aveva fatto bersaglio di uno dei collaboratori principali dell'emittente Telecom, Giuliano Ferrara. Ma tutti hanno pensato che in realtà la decisione fosse scaturita dalla puntata che l'artista aveva appena registrato, dedicata alla religione (che è una delle parole chiave della testata chiusa) e in particolare al cattolicesimo targato Ratzinger.

Domenica, all'Ambra Jovinelli, è stata la serata della verità. Luttazzi ha portato nel teatro dell'Esquilino, impresa titanica, l'intera sua trasmissione (mancava solo la pubblicità, annunciata ogni volta ma senza che si vedessero gli spot). L'ingresso era gratuito, il pubblico straboccava, in fila per ore nonostante il freddo di questi giorni, e quelli che non sono riusciti a entrare hanno seguito lo show su un grande schermo davanti al teatro. In compenso, dentro la sala erano quasi del tutto assenti i soliti noti: una sola parlamentare (Tana de Zulueta) e Sabina e Corrado Guzzanti. Nessun altro si è sentito coinvolto o in dovere di partecipare almeno per pura testimonianza. Lo show business e la politica continuano evidentemente ad avere un potere inibitorio molto forte.

L'attore (già, ma come sarebbe meglio definirlo, lo showman, il «satiro», o semplicemente l'intellettuale, o il cittadino Luttazzi?), non si è risparmiato. Per quasi due ore ha mitragliato gli spettatori con i suoi ragionamenti ineluttabili, le considerazioni e le notizie prese dai giornali e tutte documentate, le deduzioni da detective. Ha una cultura straordinaria, acuta e variegata, che non risparmia nessun campo, e tanto meno nessun bersaglio. E rispetto a Papa Razzy (dato l'argomento al centro della puntata oscurata), sarebbe stato facile aspettarsi delle tirate facili, notazioni e ironie che il personaggio semina e attira come una calamita, con molto senso dell'autopromozione e poco pudore rispetto a quello che ci si aspetterebbe dal suo ruolo.

E invece Luttazzi, per denunciare l'invadenza e l'ignoranza vaticana (e la simmetrica soggezione del Palazzo) cita i vangeli e l'antico testamento, la scienza e l'antropologia, la storia della chiesa e la letteratura, la patristica e la tomistica. E se le usanze dei Cananei e le tesi di Tommaso d'Aquino impongono un minimo coefficiente di attenzione, si alleggerisce presto con il canone curiale dell'abito cardinalizio. Senza nemmeno un'allusione velata agli eccessi modaioli di sua vanità, pur non risparmiando mezzi, l'artista colpisce più crudelmente. Citando sciocchezze affettuose della memoria collettiva (le rubriche della Settimana enigmistica) che danno solo la misura della banalità della politica e delle imprese nazionali di oggi.

Non rinuncia certo Luttazzi, a tutto quel patrimonio di sessualità ingorda e di scatologia ributtante in cui pure navigano informazione e intrattenimento, purché la «materia» non sia esplicita. Lui invece ha un gusto sadico nel chiamare le cose per nome. Merda e pompini per lui tali sono, in senso letterale come in quello figurato. Poi, ogni tanto, con delle frenate improvvise, con lo stesso sorriso vispo e soave, trae delle conseguenze o delle conclusioni del discorso, e sono dolori per tutti, tanto è forte la sua critica sociale e puntuto il suo ragionamento. E può citare Muraro o gli psicanalisti francesi, a pieno titolo, anzi dispiegando nella satira una umanità insperata e perfino rassicurante.

A commento della sua condizione attuale, di censura al quadrato dopo l'editto bulgaro e quello «illuminato» de La7, ripete la visione di Ferrara nella vasca da bagno con quel che segue. Applica la cristologia a buon mercato che il papa cerca di riportare in auge, alla fede oscena dei consumatori di hamburger. Sulla negazione dei diritti civili alle coppie, lancia l'interrogativo inquietante e ovviamente retorico se «si debba considerare sacro tutto quello che si fa davanti a un prete». Sottolinea il «femminismo» strumentale del papa, «che di donne non ne avrà mai conosciute». Insomma è davvero inarrestabile, un vulcano di risate amare, che porta sulla scena in una forma nuova e non più solitaria. Attorno a lui allinea infatti un gruppo di giovani attori (qualcuno di alta scuola ronconiana, come Gianluigi Fogacci), divertiti e sorpresi anche loro della reattività del pubblico, inusuale in teatro.
È che difficilmente uno spettacolo (e tanto meno la nostra televisione) divengono uno specchio tanto fedele e stringente della nostra vita e dei nostri rapporti. E mai vi si dice, con le cose chiamate con il loro nome, quello che spesso è inconfessabile in società. Il dottor Luttazzi invece lo dice, e ci fa pure ridere sopra. Di una risata così acida da procurare qualche scompenso. Dev'essere per quello che quei filantropi dei censori lo vogliono togliere di mezzo, in tutti i modi.

Messaggio orinale: https://old.luogocomune.net/site/newbb/viewtopic.php?forum=45&topic_id=4010&post_id=106803