Re: Le pietre di Ica

Inviato da  ahmbar il 14/8/2009 13:25:45
Tiwanaku (Bolivia)


La citta costruita in cima alle Ande resta dei piu’ grandi misteri dell’antichita’, a tutt’oggi pare ne sia stata portata alla luce solo una frazione (2%)


Una possibile conferma dell'enorme antichità di questo sito giunge dal lago Titicaca, dove il ritrovamento di estese strutture portuali e di una spesso strato di sedimento alluvionale conferma che Tiwanaku sorgesse originariamente sulle rive del lago, le quali si trovano oggi a quasi 28 Km di distanza dal sito.

Poichè il livello del lago è rimasto sostanzialmente costante dall'epoca Inca ad oggi (come confermato dai templi incaici rinvenuti sulle isole del sole e della luna, nel lago Titicaca), e tuttora presenta fluttuazioni minime di anno in anno, pare confermata la notevole antichità dei resti di Tiwanaku.


Il grande archeologo Julio Tello scoprì nel 1920 alcuni vasi con raffigurati lama aventi zampe a cinque dita, animali vissuti per la scienza zoologica in una remota preistoria.

Su quella che fu chiamata “Porta del Sole” sono raffigurati un “toxodonte” ed un proboscidato che ricorda il “cuvieronius”, estinti entrambi da almeno 12.000 anni.


Recentemente hanno destato scalpore le dichiarazioni di Oswaldo Rivera, già direttore dell’INAR, l’istituto nazionale di archeologia boliviano, secondo il quale i resti di almeno cinque diverse metropoli si troverebbero sepolti al di sotto dell’odierna Tiwanaku, ad una profondità superiore ai 21 metri.

Se queste scoperte fossero confermate, aggiungerebbero ulteriori elementi in favore delle discusse tesi formulate da A. Posnansky nel corso degli scavi dei primi anni ‘30 e ‘40, e secondo il quale Tiwanaku insisterebbe sui resti di una metropoli molto più antica di almeno 17,000 anni.

… In particolare, Posnansky, che dedico 40 anni di studi sul sito, fu il primo ad osservare come i pilastri e il portale del Kalasasaya costituissero un elaborato orologio solare progettato per essere precisamente allineato alla posizione del sole ai solstizi e agli equinozi in un periodo compreso tra 17,000 e 10,450 anni prima di Cristo [9].

I calcoli precessionali sviluppati da Posnansky e Rolf Muller presso l’osservatorio di Potsdam, seppure successivamente corretti verso la più recente delle due date, costituiscono un’evidenza solo recentemente riconsiderata dagli archeologi boliviani. Si tratta di una data ripetutamente confermata da più recenti e accurati studi relativi al sistema degli allineamenti archeoastronomici.


Una recente conferma a queste scoperte

Recenti indagini compiute su un campione di 18 scheletri rinvenuti sul sito hanno offerto un quadro assolutamente sconcertante dell’origine etnica dei Tiwanaku [10]. Sui 18 campioni analizzati, 13 risultarono possedere marcatori compatibili con quelli di gruppi etnici di tipo amerindio, mentre 5 risultarono possedere marcatori non attestati tra i gruppi etnici originari del Nuovo Mondo.

Come infatti era gia noto a chi avesse potuto osservare i le incisioni che delimitano l’area chiamata Kalasasaya, dato che compaiono raffigurate popolazioni negroidi, caucasiche , asiatiche e semitiche
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La piramide di Akapana


L’intera piramide risulta attraversata da un dedalo di passaggi, tubazioni e condutture, a loro volta intersecate da pozzi verticali e collettori più piccoli. Si tratta di un’opera ingegneristica con pochi eguali nel mondo antico, al punto da suggerire ardite analogie con gli identici condotti all’interno della grande piramide di Giza


One of the construction blocks from which the pier was fashioned weighs an estimated 440 tons (equal to nearly 600 full-size cars) and several other blocks laying about are between 100 and 150 tons.
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Il tempio

Il tempio consisteva di quattro immense piattaforme fatte di massicci lastroni di arenaria, alcuni del peso di 130 tonnellate, tenuti insieme con una speciale malta e morsetti metallici, questi morsetti furono realizzati gettando metallo fuso nei solchi, negli incavi scavati allo scopo nei blocchi di pietra adiacenti

Il Puma Punku, la piramide a gradini che misura 60 metri per 50, è formata di blocchi monolitici, uno dei quali è stato stimato del peso di 447 t, e molti altri di 100 o 200 t. Le cave di andesite distavano 60 chilometri, quelle di arenaria 15.

I blocchi sono uniti mediante morse metalliche, in forma di T o di I e le rilevazioni al microscopio elettronico hanno determinato che il metallo è stato versato fuso negli alloggiamenti, precedentemente scolpiti nelle pietre.



A ciò si aggiunge che un’analisi spettrografica del materiale ha rivelato una composizione alquanto insolita di:
2,05 arsenico
95,15 rame
0,26 ferro
0,84 silice
1,70 nickel

(non sono riuscito a trovare conferme di questi esami)

In Bolivia non si è mai trovato nickel, e, oltre a ciò, pare si trattasse di una lega ottenibile solo in forni a temperature elevatissime.


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Marcel Homet scrisse in merito all’uso di questi morsetti metallici: "Gli immensi lastroni di pietra dei templi di Tiahuanaco sono connessi, gli uni agli altri, a mezzo di arpioni metallici di cui si è trovato l’uguale in un unico posto: in Mesopotamia, nell’architettura dei palazzi Assiri". Homet fece rilevare, inoltre, che anche gli dèi della pesca erano gli stessi adorati in Mesopotamia dal 500 al 300 a.C.

Graham Hancock scrive, nel suo "Lo Specchio del Cielo", che un esame condotto con un microscopio a scansione elettronica ha dimostrato come, in effetti, il metallo venisse versato fuso nei canaletti predisposti allo scopo. Ciò rendeva necessario l’uso di un forno portatile e quindi un livello tecnologico di gran lunga superiore a quello immaginato.


L’uso dei morsetti si riscontra nelle pietre di Puma Punku, di Ollantytambo, di Angkor Vat e di Dendera; provando che era l’uso comune di un’antica civiltà anteriore a quelle conosciute.



Ma la cosa certamente piu' incredibile ( e come tale saltata a pie' pari da chi preferisce restare nelle sue "certezze" ) e' la lavorazione dei blocchi da 100/200 T , composti da granito e/o diorite, in parti per costruzioni modulari, impiegati cosi' come ora si fa' con il cartongesso


Tiwanaku (Bolivia) Source: Jean-Pierre Protzen & Stella E.Nair, “On Reconstructing Tiwanaku Architecture”,
Journal of the Society of Architectural Historians, Vol. 59, Nr.3, 2000, pp. 358-371




@Pispax

Come il tuo amico, anche io ho avuto la possibilita' di camminare ai piedi delle immense mura di Sacsayhuaman e di Tiwanaku, di apprezzarne la incredibile finitura (appro', grazie per la stupenda foto che illustra benissimo il grado di lavorazione necessario per costruire certe meraviglie) e di rimanere basito osservando la qualita' della lavorazione.

La spiegazione offerta di acidi usati per poter modellare a piacimento le pietre e' certamente interessante, ma non dovrebbero rimanere tracce chimiche di questi interventi?
Da cio' che so, mai nessuno ha trovato nulla del genere, ne' qui ne altrove

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