Re: Ma gli aerei e le persone?

Inviato da  Orwell84 il 4/10/2006 13:52:39
Scrivo qui, se c'è una discussione più specifica avvertitemi che sposto (la prima parte del discorso l'ho comodamente presa dalla sezione 9/11 di luogocomune). Il dirottamento dell'aereo turco di ieri mi ha fornito uno spunto di riflessione, in riferimento al funzionamento delle difese aeree statunitensi il giorno 9/11.

Le regole della FAA (Federal Aviation Authority) statunitense prevedono che non appena un volo civile finisca di un solo metro fuori rotta scatti un allarme che si estende automaticamente anche a tutti i quadranti contigui. Nello stesso momento viene allertato il corrispondente settore di controllo aereo militare, il NORAD, che dispone a sua volta di un sistema completo ed indipendente di monitoraggio. Questo, sommato all'uso dei satelliti, permette di non lasciare una sola striscia di cielo americano fuori controllo per un solo secondo, anche perchè NORAD e FAA sono perennemente in contatto incrociato, scambiandosi di continuo informazioni di ogni tipo. Appena scattato l'allarme, i controllori civili cercano di contattare il pilota fuori rotta, e se la sua posizione si rivela un semplice errore, il tutto rientra. Ma se per caso il problema perdura (un'avaria strumentale, ad esempio), NORAD fa immediatamente alzare due caccia dalla base più vicina. Entro pochi minuti i caccia, che viaggiano a quasi tre volte la velocità dell'aereo commerciale, lo raggiungono, e se questo nel frattempo non ha ripreso i contatti, gli si affiancano e cercano di fargli capire che sta creando dei problemi. Se a quel punto venissero ignorati, o se per un qualunque motivo non riuscissero a farsi capire, gli si mettono davanti e ondeggiano le ali, il che vuol dire "seguimi senza fare discussioni". Pare che siano talmente bravi nel fare questo, che riescono ad obbligare un pilota civile a seguirli dovunque vogliano, a meno che questi non preferisca scontrarsi e disintegrarsi in cielo a 800 KM all'ora. La FAA ha fatto sapere che questa procedura, relativamente comune, era già stata implementata per 64 volte nel corso dell'anno, e sempre con pieno successo. Ma quel giorno le cose andarono diversamente. Non solo il secondo aereo, che ha colpito la Torre Sud dopo oltre mezz'ora dal dirottamento, avrebbe potuto essere intercettato con comodità, ma addirittura il terzo ha scorrazzato per oltre 30 minuti in quello che è considerato lo spazio aereo meglio difeso del mondo. Il quarto aereo infine, prima di schiantarsi al suolo, aveva a sua volta viaggiato per oltre mezz'ora nelle stesse identiche condizioni. Come documentato dalla cronologia dei 4 voli, queste tre "mezze ore" circa di libertà ciascuno sono arrivate l'una dopo l'altra, e non contemporaneamente, il che porta il tempo totale di cieli sguarniti ad un'ora e mezza in tutto. A tutt'oggi, mentre nessuno fra FAA e NORAD è mai stato nè punito nè licenziato per questa totale negligenza, l'unica spiegazione che Cheney ha saputo dare all'impasse collettivo è che "anche se si fossero alzati al momento giusto, non avrebbero fatto in tempo a raggiungerlo".

Alla luce di questo breve resoconto, tratto da questo sito, ma che è confermato da qualsiasi fonte ufficiale, riporto l'articolo di oggi del corriere relativo alla manovra di emergenza eseguita dalla aeronautica del 37˚stormo di Trapani per intercettare il 737 turco:

Citazione:
(fonte: corriere.it - Marco Nese - 04 ottobre 2006 - link)

«L’ho intercettato e mi sono incollato al 737»

ROMA—Erano le 17 quando la sirena si è messa a suonare. Era un ordine di decollo immediato. Alla base aeronautica del 37˚stormo, a Trapani, sono scattate le procedure di emergenza. Il capitano Francesco Miranda, 28 anni, di Ercolano, in provincia di Napoli, era in quel momento il «pilota d’allarme », quello destinato a tenersi pronto, per levarsi in volo rapidamente e fronteggiare un eventuale pericolo: dall’inizio dell’anno già 28 volte i caccia dell’Aeronautica si sono alzati in volo per colpa di velivoli sospetti. Tutti falsi allarmi. Tranne ieri.

Il capitano si è precipitato verso il suo F16. Contemporaneamente si è messa in moto un’intera squadra di specialisti. Gli armieri sono accorsi a dare un ultimo rapido controllo all’armamento dell’aereo. Altri tecnici si sono affannati attorno alla strumentazione di bordo per assicurarsi che tutto era a posto. Nel frattempo il pilota si era già allacciata la cintura di sicurezza e stava avviando il motore.

«Nel giro di 5 minuti—racconta il capitano Miranda — ero in volo. Ho cominciato a ricevere via radio i dati dello scramble, come noi chiamiamo la situazione di allarme ». Le informazioni che arrivavano in cuffia parlavano di un aereo civile non identificato che si stava dirigendo verso le coste pugliesi. Bisognava intercettarlo. Il pilota ha spinto al massimo i motori del caccia, fino a una velocità di 2 mila chilometri orari. In un tempo compreso fra 10 e 15 minuti sorvolava la costa pugliese.
In lontananza ha avvistato l’aereo turco. Si è tenuto nello spazio aereo nazionale che, come quello marino, arriva fino a 12 miglia dalla costa. Con una virata rapidissima sulla destra ha superato l’aereo turco e gli si è messo in coda. «Gli stavo dietro vicinissimo. Era un 737. Puntava verso la costa. Era ancora alto. Io mi tenevo in contatto con i controllori della Difesa, i quali a loro volta riferivano ai responsabili politici. Mi hanno chiesto di identificare il velivolo. Allora ho comunicato i numeri della matricola che ogni aereo porta scritti sulle ali e sulla parte posteriore».
Il pilota civile non si è accorto di nulla. Soltanto in alcuni casi è necessario affiancare il velivolo intercettato e convincere il pilota a compiere alcune manovre, come per esempio abbandonare lo spazio aereo nazionale oppure dirigersi verso un aeroporto. Un’operazione di emergenza alla quale si ricorre solo se è impossibile comunicare col pilota perché la sua radio è in avaria. In quel caso il caccia affianca il velivolo e comunica al pilota con segnali convenzionali. Stavolta al capitano Miranda è stato chiesto solo di scortare il 737 turco, stargli dietro e seguire le sue mosse. «Stava scendendo e aveva chiaramente intenzione di atterrare a Brindisi. L’ho seguito a vista e quando si è fermato sulla pista, ho orbitato per alcuni minuti sull’aeroporto. Non c’era alcun problema».

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