Re: Instabilità da carico di punta

Inviato da  manalive il 21/9/2006 18:23:33
Ok, ragazzi: ho capito che qui devo darmi una mossa perché altrimenti scoppia il finimondo!

Dunque dove eravamo arrivati... ah sì, la temperatura delle colonne portanti di acciaio.

Allora, visto che qui c’è ancora qualcuno che crede che le colonne di acciaio siano state scaldate fino a diventare molli, vi ricordo che basta un conticino da nulla per rendersi conto che non è così. Io l’ho esposto qualche giorno addietro nel thread sull’effetto pancake (vedi 17/9/2006 19:22), ed ho evidentemente sbagliato perché quello è un oceano e forse si è perso. A buon conto lo cito qui per comodità, così non ve lo dovete andare a cercare.
Citazione:

Mito # 3
A causa della fireball l’acciaio delle colonne del core nelle torri gemelle ha raggiunto temperature tali da alterarne le caratteristiche, se non di provocarne la fusione parziale.

Anche qui mi limito ad un veloce calcolo energetico, che a mio avviso dovrebbe essere sufficiente a convncere chiunque del contrario.

Dunque, stando ai disegni ed alle fotografie disponibili, la sezione di una colonna portante scatolata di acciaio può essere valutata nell’ordine di una ventina di dm2, e quindi il suo volume di acciaio in 5 metri lineari non si discosta troppo da 1 m3, e pesa quindi circa 8 Ton, vale a dire 8000 kg. Se invece consideriamo tutte le colonne (diciamo una cinquantina), allora la massa complessiva dei 5 metri lineari è di 400 Ton.

Usando il valore spannometrico di 0.5 kJ/kgK per il calore specifico dell’acciaio, e sotto le ipotesi massimizzatrici che
1) tutte le colonne siano state scaldate nello stesso modo
2) la conducibilità termica dell’acciaio in questione sia assimilabile a zero (come se fosse acciaio inox)
3) tutti i 10 GJ (circa) della fireball siano andati a scaldare le colonne di acciaio,
è facile ricavare che, nei 5 metri di torre che soli sono stati scaldati, l’aumento di temperatura sarebbe stato di circa 50 K. Cioè appena spento il fuoco non ci si sarebbe scottati appoggiando la mano sulle colonne.

La situazione “migliora” nel caso si siano scaldate soltanto diciamo dieci colonne, perché allora l’aumento di temperatura, a condizioni immutate per gli altri due punti, sarebbe di 250 K.

Va però detto che che mi sento di escludere che le colonne fossero in acciaio inox, e che probabilmente erano invece realizzate con un materiale di conducibilità termica abbastanza elevata. Allora in questo caso l’aumento di temperatura va diviso per il rapporto a 5 metri della lunghezza totale interessata dal riscaldamento.

Per esempio, se solo 5 colonne fossero interessate, e la lunghezza equivalente del tratto lineare scaldato (considerando che l’aumento di temperatura ha il profilo di un esponenziale decrescente quando ci si allontana dal fuoco) fosse di una cinquantina di metri (25 per parte), allora si prevederebbe un aumento di 250 x 2 / 10 = 50 K.

Ma questo solo nel caso in cui tutti i 10 GJ della fireball andassero a riscaldare le colonne, perché se invece assumiamo (arbitrariamente) che solo un quinto, cioè 2 GJ, siano trasferiti all’acciaio, allora nell’ultimo esempio siamo a soli 10 K di aumento di temperatura.

Come si vede, è difficile giustificare un riscaldamento dell’acciaio di oltre un centinaio di gradi.


Mi si potrà obiettare: “ma allora perché il NIST parla di indebolimento delle colonne per temperatura?”
Per ora rispondo che bisognerebbe chiederlo a loro, ma quando avrò finito vi formulerò le mie ipotesi anche su questo.

Adesso, tornando a noi, visto che gli impatti né in un caso né nell’altro hanno danneggiato la struttura in modo tale da disassare il carico di quel che ci voleva per innescare il collasso, anche se pare che almeno per la torre sud il danno sia stato piuttosto grave, mi stavo preparando a descrivervi come il carico si sia poi potuto disassare dopo, pian piano, fino ad arrivare alla soglia del collasso per instabilità da carico di punta.

E vi stavo dicendo che proprio il ritardo fa sospettare subito che ci sia sotto un meccanismo di propagazione termica.

Notate che questo è un punto cruciale, perché proprio quel ritardo è a buon motivo il pilastro principale delle ipotesi che chiamano in causa la demolizione controllata.

Attenzione ora, abbiate pazienza perché questo è un ragionamento un po’ tecnico.

Dunque sicuramente saprete che più o meno tutti i materiali si deformano quando cambia la loro temperatura. Per descrivere in modo quantitativo tale fenomeno è sufficiente, per i materiali isotropi, il cd “coefficiente di espansione termica lineare”, che per l’acciaio vale tipicamente 16 parti per milione al grado. Ciò significa che se si aumente di un grado un’asta di acciaio lunga un metro essa si allunga di 16 micrometri.

Allora, se pensiamo che i diciamo 10 metri di una delle colonne di acciaio che sono state esposte alla fiamma si sia scaldate di 100 gradi, ci possiamo aspettare che si sia allungata di 16 millimetri. In realtà probabilmente ciò non è veramente successo, perché l’impatto dell’aereo ha di certo deformato la colonna e questo allungamento ci si può aspettare che si sia sfogato anche nella curvatura locale del bozzo.

Questo è quello che è successo subito all’impatto e nei minuti successivi. Con il passare del tempo, però, la conduzione termica delle colonne di acciaio ha lentamente diluito la quantità di calore immagazzinata dalla colonna su una lunghezza man mano crescente, sia verso l’alto che verso il basso, e l’allungamento per espansione termiche è andato ad interessare zone della colonna che erano rimaste intatte e quindi erano diritte. Così non è più riuscito a “camuffarsi” ed è comparso come vero effettivo allungamento della colonna.

Poco male, direte voi: “cosa sono 16 mm di allungamento su un centinaio di metri di colonna?”

Calma, ragazzi, perché adesso viene il bello!
Ma prima devo fare una digressione. Anzi, sapete cosa faccio? Mi prendo una pausa e vi racconto la conclusione più tardi!

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