In questi stessi anni, il Dottor
Ivan Pavlov svolge degli esperimenti che dimostrano in maniera
scientifica i processi psicologici cognitivi degli individui e la loro possibile influenza dall'esterno.
Pavlov osserva come la salivazione di un cane aumenti alla vista del cibo, come normalmente ci si può aspettare. Il cibo, in questo caso, prende il nome di
stimolo incondizionato, mentre la salivazione del cane rappresenta il suo
riflesso incondizionato. Nel proseguire con l'esperimento, Pavlov inizia a suonare un campanellino ogni volta che porta del cibo al suo cane, finché l'animale non arriva ad associare la presenza del cibo con il suono. In seguito, Pavlov scopre che il suono del campanellino, da solo, è sufficiente per innestare la salivazione del cane, anche senza la presenza del cibo. Il suono del campanello diviene, quindi, lo
stimolo condizionato, mentre la salivazione indotta da questo suono, e non dal cibo, viene detta
riflesso condizionato.
Gli scritti di Freud e Pavlov, unitamente alla lettura dell'Opera
"Psicologia delle folle", pubblicata da
Gustav Le Bon, spingono
Edward L. Bernays, da molti considerato il "padre della persuasione", verso lo studio scientifico dei processi cognitivi di un singolo individuo e di una massa, con lo scopo di riuscire ad influenzarne le decisioni.
Nel suo scritto di maggior successo,
"Propaganda", Bernays, rivoluzionando completamente i meccanismi persuasivi fino ad allora conosciuti, smette di fare riferimento alla parte razionale, cosciente, della mente del consumatore, comprendendo che un prodotto avrebbe potuto essere maggiormente venduto se si fosse reso appetibile al consumatore rivolgendosi alla sua parte
inconscia.
Il prodotto, quindi, non deve essere presentato per le sue intrinseche qualità ma deve essere proposto in associazione con un sentimento positivo, con una promessa di felicità, con uno stile di vita agognato. Bernays, in altre parole, non fa altro che unire gli studi di Freud e di Le Bon con le scoperte di Pavlov a proposito dei riflessi condizionati. Così come il cane del Professore sbavava all'udire il suono del campanellino, associato inconsciamente al cibo, il nuovo consumatore viene abituato ad associare ai prodotti reclamizzati un determinato sentimento.
Per il consumatore, tale condizione è l'equivalente di quello che per il cane di Pavlov era il cibo, lo stimolo incondizionato, ovvero il suo bisogno primario. Quando il consumatore, al momento di fare la spesa, si troverà di fronte a quel particolare oggetto, entrerà in funzione il meccanismo di associazione, inconsciamente, e sarà portato a scegliere quel prodotto - riflesso condizionato - nello stesso modo in cui la salivazione del cane aumentava al suono del campanellino, il tutto in maniera inconscia, acquisita.
Tutto questo, però, non sarebbe possibile senza la presenza di un altro fattore, egualmente importante e necessario: la
ripetizione.
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"Pearl Harbor", USA 2001 |
Nella pubblicità, come nella propaganda, il messaggio va ripetuto più e più volte perché, e anche questo è ormai provato, la mente umana tende a considerare veritiere le informazioni ricevute più volte in diverse condizioni, essendo il cervello, da un punto di vista strettamente biologico, indifeso di fronte alla ripetizione.
All'ennesima ripetizione di un concetto, quest'ultimo sarà considerato vero in maniera automatica e ciò è valido sia sul piano cosciente che a livello inconscio [7].
A questo punto è bene chiedersi: se l'impulso inconscio che spinge una persona ad acquistare un determinato prodotto o un particolare marchio, non per le sue intrinseche qualità ma per l'associazione con un sentimento positivo, con una promessa di felicità, con uno stile di vita agognato, si trasformasse, invece, in un impulso inconscio associato ad un sentimento negativo?
E se, a questa serie continua di impulsi, seguisse uno
shock tale da causare un aumento dei livelli di ansietà su scala planetaria, sarebbe possibile produrre una condizione similare in ampi gruppi di persone, il cui comportamento si presterebbe così al controllo manipolatorio delle forze oligarchiche al potere, come sostenuto da Walter Lippmann?
La prospettiva che caratterizza l'inizio della ricerca sociologica empirica sulle comunicazioni di massa, riguarda globalmente tutti i media dal punto di vista della loro capacità di influenza sul pubblico: all'interno di questo interrogativo generale è, però, già presente l'attenzione per la capacità differenziata di ogni singolo mezzo ad esercitare influenze specifiche. Il problema fondamentale è ancora quello degli effetti dei media ma non più negli stessi termini delle teorie precedenti.
L'etichetta di "effetti limitati", non indica solo una diversa valutazione sulla quantità di effetto ma anche una sua configurazione qualitativamente differente. Se la teoria ipodermica parla di manipolazione o
propaganda e se la teoria psicologica-sperimentale si occupa di
persuasione, questa teoria parla di
influenza e non solo di quella esercitata dai media ma di quella più generale che "scorre" nei rapporti comunitari, della quale l'influenza delle comunicazioni di massa è solo una componente, una parte [8].
In anni recenti, gran parte della ricerca mediologica, ha spostato la propria attenzione dal campo degli effetti intenzionali a breve termine in un particolare contesto comunicativo limitato nel tempo, al campo (smisurato) degli effetti a lungo termine, in una certa misura latenti e cumulativi che la costante esposizione ai media può provocare, concorrendo a plasmare una certa immagine del reale; in particolar modo in quell'enorme porzione di reale che è sottratta all'esperienza diretta ed all'interazione interpersonale dei destinatari.
In questo contesto, che si presenta enormemente variegato, un'ipotesi che merita di essere menzionata è quella chiamata dell'
agenda setting.
Nonostante l'omogeneità di una simile prospettiva, come spesso accade, sia più attribuita a posteriori che concretamente vissuta dalle ricerche empiriche che la compongono, l'ipotesi dell'
agenda setting presenta degli spunti importanti e soprattutto si presta agilmente ad ulteriori integrazioni ed articolazioni che contribuiscono a raggiungere quel modello multidisciplinare di approccio ai mass media che è ormai assodato essere l'unico con qualche possibilità di avere ragione di un fenomeno così complesso ed omnipervasivo.
In linea di massima, questa ipotesi afferma che, in conseguenza dell'azione dei media, il pubblico viene a conoscenza, ignora o viceversa concentra la propria attenzione, su determinati elementi degli scenari pubblici. Non solo cioè la gente tenderebbe ad includere od escludere dalle proprie conoscenze ciò che i media rispettivamente includono od escludono dal proprio contenuto, ma tende anche ad attribuire la stessa importanza che i media attribuiscono a fatti, eventi e persone. In questo processo non c'è un intento persuasivo da parte dei media; essi, "semplicemente", nella loro descrizione della realtà esterna, polarizzano l'attenzione del pubblico, la cui comprensione ed interpretazione della realtà sociale è quindi in gran parte mutuata dai media.
Al di fuori della piccola sfera di reale che l'individuo può esperire personalmente, egli non è in grado di controllare la veridicità o l'accuratezza della rappresentazione della realtà sociale fornitagli dai media, e l'immagine che egli ne trae si presta dunque ad essere stereotipata o manipolata. Il divario esistente fra il patrimonio d'informazioni, conoscenze e rappresentazione della realtà sociale che l'individuo apprende da uno o più media di comunicazione, e la porzione di realtà che egli esperisce personalmente, si è enormemente allargato nelle società contemporanee. La complessità, la differenziazione di queste ultime, il ruolo centrale che i mass media vi svolgono, fanno sì che ci siano sempre fasce, sezioni della realtà, cui gli individui accedono anche a livello quotidiano, solo attraverso la mediazione (simbolica ancor prima che concreta) dei mezzi di comunicazione di massa.
Un altro fattore di mediazione da prendere in considerazione, è la presenza di pubblici differenziati sia dal punto di vista qualitativo che istituzionale; infatti mentre in molti casi l'analisi di pubblici generici, manifesta chiari esempi di
agenda setting, rispetto ai pubblici "specifici", l'influenza spesso non appare omogenea [9].
Particolare rilievo meritano, a mio avviso, quelli che, in gergo tecnico, sono definiti
think thanks; altrettanta importanza va riservata ai cosiddetti
gatekeepers, coloro che hanno il potere e la capacità di incanalare l'interesse di un pubblico "non generico" solamente verso alcuni specifici eventi, omettendone altri.