ivan ha scritto:
Ettore, senti questa:
http://www.cittadellascienza.it/news_dal_mondo/index.cfm?sw=1&id_cat=13&ID_LANCI=4512
Citazione:
06-02-2006
Peggiore del previsto il rischio radiazione cosmica per gli astronauti
Una ricerca condotta dai Brookhaven National Laboratory all'interno dei NASA Space Radiation Laboratory, ha dimostrato che sono maggiori del previsto i rischi per gli astronauti legati al bombardamento di raggi cosmici che avviene quando viaggiano nello spazio.
I protoni della radiazione cosmica sarebbero infatti molto più dannosi per il Dna di quanto si pensasse fino ad ora.
Lo studio è stato pubblicato nel numero di febbraio della rivista Radiation Research.
"Finora gli scienziati hanno presupposto che il danno provocato alle cellule dai protoni fosse in qualche modo simile a quello dei raggi X, ma i nostri risultati indicano che questa convinzione è sbagliata", ha spiegato la biologa Betsy Sutherland, che ha guidato la ricerca, "I nuovi dati ci dicono che i protoni provocano modificazioni chimiche delle basi del Dna e rotture a singolo o doppio filamento (double strand breaks, dsb), quindi danni gravi al Dna".
Secondo la ricercatrice "questo significa che i ricercatori finora non hanno realmente capito come il Dna umano sia davvero colpito dalle particelle più abbondanti nello spazio e non abbiano di conseguenza provveduto a progettare un'adeguata protezione per gli astronauti".
I protoni, così come i raggi X e i raggi gamma, sono qualificati come "a basso trasferimento di energia" (low energy transfer, LET), supponendo che non rilascino molta energia quando passano attraverso la materia. La nuova ricerca del Brookhaven dimostra però che i protoni non sono a effetto "LET", ma provocano invece danni simili a quelli degli ioni di ferro ad alta energia e di altre particelle cariche. In particolare, verrebbero prodotti dei danni "a grappolo", i cosiddetti "damage clusters" che sono mutageni, possono portare al cancro o convertirsi in rotture a singolo o doppio filamento.
Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori del Brookhaven National Laboratory hanno utilizzato fasci di particelle cariche ad alta energia (protoni, ferro, carbonio, titanio e ioni di silicio) esponendo poi il Dna in soluzione a questo tipo di radiazioni. Quindi hanno misurato il livello di tra diversi tipi di "damage clusters" e di rotture a singolo o doppio filamento.
Per Betsy Sutherland però occorre rivalutare anche alcune terapie antitumorali che utilizzano routinariamente protoni a bassa energia ma sulle quali non esistono praticamente studi ceh indichino quale è il loro reale effetto sulle cellule tumorali, "perché si supponeva fosse simile a quello dei raggi X".
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